Silenziosi, rispettosi del dolore, mai giudici della sofferenza altrui, ma non neutrali. No, eravamo schierati, “perché – diceva don Oreste – non è solo un dovere di carità, non è solo vedere e servire Cristo in loro, ma è anche lavorare per un società migliore. Se c’è rispetto per l’ultimo, allora c’è rispetto per tutti, allora l’odio, la violenza, la guerra… sono vinti alla radice”.
La morte di Eluana Englaro è una sconfitta per tutti. Dura, violenta. Per la sua famiglia, per le suore che in questi anni l’hanno amata e servita come una figlia, per le migliaia di persone che vivono lo stesso dramma, per la nostra società, incapace, in nome di non si sa quale libertà, di garantire la vita ai più deboli e senza voce.
Ora però che Eluana è morta occorre fermarsi e riflettere. Sulle parole, i gesti di ieri e di domani.
Strattonato da tutte le parti, quel corpo immobile e apparentemente assente, era come dilaniato per la seconda volta. Una bandiera, una causa, un simbolo più che una persona. Addirittura motivo di scontro politico e costituzionale.
Scusaci Eluana, se a volte anche noi sembravamo partecipare a questo crudele gioco, ma, se involontariamente l’abbiamo fatto, è perché abbiamo cercato di volerti bene.
Lunedì sera, Gesù, che per tanto tempo ti è stato accanto su quella croce bianca sulla quale eri distesa, ha avuto compassione di te e ha detto “Adesso basta, vieni con me”. Molti hanno pianto, quasi fossi una di famiglia. Qualcuno ha pregato anche per quel babbo intristitosi negli anni e ormai incapace di vedere il Mistero della Vita in quel corpo che pur tanto amava.
Poi abbiamo pensato che non doveva accadere più. Che la vita è il dono più grande. Ed è corso un fremito: quante mamme e papà oggi sono stati lasciati soli sul letto del figlio in coma; quanti giovani hanno perso la vita per la droga, quanti per incidenti dovuti all’alcol; quanti bambini sono morti oggi in tanti villaggi del mondo per malattie conseguenti la fame; quanti ragazzini sono stati uccisi perchè invece della cartella di scuola imbracciavano un mitra… Se per nessuno di loro oggi abbiamo pregato, pianto, fatto dibattiti o lanciato proclami… laici o cattolici, dobbiamo interrogarci se la vita l’amiamo davvero.
Giovanni Tonelli