Home Osservatorio Musicale Variazioni sui toni del grigio

Variazioni sui toni del grigio

Una scena dello spettacolo - PH Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Al Teatro alla Scala è andata in scena L’opera seria di Florian Gassmann su libretto di Ranieri de’ Calzabigi 

MILANO, 6 aprile 2025 – Sul piano visivo domina il grigio, in tutte le possibili sfumature. Nell’allestire L’opera seria, ‘commedia per musica in tre atti’ dove si riflette su quei retroscena operistici celati dietro una superficie spesso patinata, il regista Laurent Pelly ha scelto una cornice neutra, quasi algida: sia per quanto riguarda il colore della scena ultraminimalista di Massimo Troncanetti sia per gli spiritosi costumi, firmati dallo stesso Pelly.

Pietro Spagnoli (l’impresario Fallito) – PH Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Così, nella nuova produzione del Teatro alla Scala ci si può interamente concentrare sugli interpreti della musica di Florian Leopold Gassmann e, soprattutto, sui versi di un autorevolissimo letterato come Ranieri de’ Calzabigi, più che mai immerso – il debutto fu a Vienna nel 1769 – nell’agone teorico scatenato dalla sua riforma del melodramma. Il pretesto teatrale, in questo caso, è fornito dalla messinscena di una nuova opera seria, L’Oranzebe – inequivocabile parodia metastasiana – che va ad innestarsi in un contesto comico: insomma, il classico metamelodramma. E si tratta di un filone cui nel tempo arriderà grande fortuna, fino agli strepitosi esiti delle Convenienze e inconvenienze teatrali di Donizetti. Sebbene Gassmann non possa competere con i vertici della comicità donizettiana, si possono apprezzare le raffinate sottigliezze letterarie di Calzabigi – dalla scelta dei nomi per i personaggi alla configurazione dei loro cliché caratteriali – che la musica asseconda molto bene, valorizzandole con garbo e senso del teatro.
Motore dell’azione è un impresario che nutre non poche perplessità sulla riuscita dell’imminente nuova opera, L’Oranzebe appunto. A innescare la macchina comica sono naturalmente le discussioni tra librettista e compositore, che s’intrecciano con le bizze delle interpreti (alla fine verranno coinvolte pure le rispettive mamme) e con le pretese di tenore e maestro di ballo ad essere valorizzati pure loro. Inevitabile la conclusione, scandita da un clamoroso fiasco e dalla conseguente fuga dell’impresario.

L’esecuzione musicale riesce a intercettare questa atmosfera: a concertare, infatti, è uno specialista del melodramma barocco – parodistica stella polare della partitura – come Christophe Rousset, che ha diretto il suo ensemble Les Talens Lyriques integrandolo con elementi dell’orchestra scaligera, impegnati a loro volta con strumenti antichi. Ne è scaturita una lettura sempre fluida, scorrevole e, soprattutto, stilisticamente condivisibile. Rousset, inoltre, si è concesso uno spiritoso innesto musicale: la Toccata di Paradisi (quella che un tempo scandiva il televisivo Intervallo) eseguita al cembalo, durante la fallimentare messinscena dell’Oranzebe, quando il sipario viene precipitosamente chiuso perché è crollata la scenografia.

A questa esecuzione musicale così levigata, corrispondeva un lavoro registico altrettanto accurato sulla gestualità degli interpreti, dove nulla viene lasciato al caso: anzi, posture e atteggiamenti contribuiscono a definire con maggior precisione quell’umanità che ruota attorno al mondo dell’opera. Il vero protagonista è l’impresario Fallito (nomen omen): lo interpreta Pietro Spagnoli con dizione nitida e chiarissima, in virtù di un fraseggio molto ben articolato. Il baritono romano disegna così un personaggio ricco di sfaccettature, ora conciliante e disposto al compromesso, ora timoroso e alla fine rassegnato ad abbandonare il campo. Meno caratterizzato lo scontro tra il musicista Sospiro e il librettista Delirio, perché il tenore Giovanni Sala e il baritono Mattia Olivieri finiscono per essere talvolta quasi sovrapponibili vocalmente. Sul fronte femminile, alla primadonna Stonatrilla spetta una scrittura virtuosistica in cui Julie Fuchs si è trovata a suo agio, dando prova di eclettismo quando nell’Oranzebe canta anche il ruolo di Rossanara. Il secondo soprano Andrea Carroll sa rendere plausibili le continue lamentele e i ridicoli tormenti di Smorfiosa, mentre alla rampante Porporina dà voce una briosa Serena Gamberoni. Il giovane tenore Josh Lovell era perfetto come Ritornello, cantante che non esita ad aggiustarsi le parole dei versi («Scilla» che diventa «Sicilia») per assecondare le proprie esigenze canore; mentre nel ruolo di Passagallo, compositore dei balli, assai apprezzabile il baritono Alessio Arduini sul piano scenico e vocale. Irresistibile infine il terzetto di mamme – rigorosamente en travesti – formato dal tenore Alberto Allegrezza (Bragherona) e dai controtenori Lawrence Zazzo (Befana) e Filippo Mineccia (Caverna): un divertito sguardo al passato da parte di un promulgatore del nuovo come Calzabigi, che si diverte a mettere in ridicolo la consuetudine seicentesca di affidare i ruoli di vecchie a voci maschili.

Giulia  Vannoni

Giulia Vannoni