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Un’agenda di speranza per il futuro

Il partito del Vescovo… Il Vescovo rilancia il partito della città… I giornali quando devono in poche righe semplificare un discorso di mezz’ora, magari complesso, si sbizzarriscono nelle interpretazioni. Il fatto è che su quelle loro poche righe poi aprono dibattiti e confronti… Non poteva accadere diversamente (perchè questo è il mondo) anche per il discorso che mons. Lambiasi ha rivolto, com’è tradizione, alle autorità in occasione della festa di San Gaudenzo. Per aiutarne un po’ la comprensione ne presentiamo un’ampia sintesi.

“Se dovessi dare un titolo a questo mio intervento, non esiterei a formularlo come una serie di “appunti per un’agenda di speranza per il futuro di Rimini”. Mi rendo ben conto che il termine “appunti” è insieme modesto e impegnativo. (…) D’altra parte non possiamo sottrarci alla fatica di sognare e disegnare il futuro di una Città umana, vivibile e accogliente. (…) La qualità civile di una società dipende non da ultimo dalla qualità del confronto che si sviluppa tra tutte le persone, gruppi sociali e istituzioni interessate e coinvolte a costruire il futuro di Rimini. Partecipare a questo confronto al meglio delle possibilità è per noi cattolici un dovere ed allo stesso tempo un segno dell’amore grande che portiamo per la nostra Città. Questa è anche una via per la quale cerchiamo di correggere mancanze ed errori, dai quali pure non siamo stati esenti.

(…) mi permetto di partire da una impressione assai favorevole, che provai fin dai miei primi contatti con la Città negli anni precedenti la mia venuta tra voi come Vescovo, e poi ampiamente confermata in questi anni. L’impressione che Rimini è una città dal grande passato, e anche se il presente appare in chiaroscuro – con tratti positivi ma anche problematici – gode però di una notevole capacità di lavoro e di impresa che la può far tornare a crescere. Infatti, senza indulgere all’enfasi, possiamo riconoscere che Rimini – città e provincia – rappresenta un laboratorio di molteplici e promettenti risorse che, opportunamente liberate, sostenute e valorizzate, possono costituire una riserva di energie spendibili per sciogliere nodi, raccogliere sfide, immaginare soluzioni nuove, promuovere la qualità umana e civile della nostra società. Rimini è ancora capace di aprirsi al suo futuro con fiducia e coraggio, riprendendo a camminare verso e secondo un maggior bene comune.
(…) L’auspicio sincero è che vengano superate le tante difficoltà che da tempo ci affliggono e quelle che sono insorte in questi mesi in vari settori della nostra vita sociale, amministrativa ed economica: non per rassegnazione, ma per giungere a soluzioni effettive e adeguate, che portino serenità a tutti i cittadini.
L’atteggiamento del Vescovo e dell’intera Diocesi non può che essere di fiducia e di incoraggiamento in questa direzione. (…)

Dopo questa veloce panoramica (…) vorrei richiamare una costellazione di ideali, principi e criteri che ci possano servire di orientamento per la costruzione dell’agenda dei prossimi anni.
La nostra stella polare è senz’altro il principio e fondamento del bene comune. Ogni altro criterio risulterebbe inefficace e dannoso. Il bene comune – bene integrale di tutta la persona e di tutte le persone – non è compatibile con una teoria della società “al singolare”. La famiglia, le associazioni a scopi economici, politici, religiosi o ricreativi, e così via, hanno un’originalità che non può essere eliminata senza danno per il bene comune. (…)
Le altre due stelle che appartengono alla costellazione del bene comune sono il principio di solidarietà e quello di sussidiarietà. Una matura coscienza del valore rappresentato dalla pluralità dei legami sociali comporta una esaltazione del principio della solidarietà. Tanto maggiore è la valorizzazione delle differenze e delle specificità, tanto più grande è il contributo specifico del condividere, del farsi amici, del sostenersi reciprocamente. (…) La solidarietà cristiana non nasce né tramonta nell’omogeneità, ma trae forza e allo stesso tempo alimenta la varietà e la libertà attraverso l’amore. L’altro principio fondamentale è il principio di sussidiarietà, nella sua portata – per così dire – “verticale” e “orizzontale”. Oggi comprendiamo meglio che se nessuna delle manifestazioni di quel pluralismo sociale di cui s’è detto può vantare il monopolio di competenza sul bene comune – non la politica, non altre -, ciascuna ha un contributo specifico da recare, e che, insieme a tutte le altre, ciascuna partecipa all’incessante opera di composizione nella quale un certo grado di competizione e persino di conflitto svolge un ruolo positivo e permanente.

E qui il vescovo fa “una piccola applicazione di questi principi fondamentali alla famiglia”. (…)

Appena alcuni mesi or sono il Consiglio Comunale ha approvato all’unanimità, come atto di indirizzo, il “Piano Strategico”. (…) Proprio il metodo con cui si è giunti alla stesura del documento conclusivo è già un fatto molto apprezzabile e un motivo di grande incoraggiamento: la chiamata a corresponsabilità di tanti e la capacità di sinergia e di convergenza di soggetti ed esperienze diverse, in nome del bene comune. Anche il mondo ecclesiale e cattolico ha accolto con entusiasmo l’invito a dare il proprio significativo e stimato contributo.
Ora il “piano strategico” non può e non deve andare in archivio, ma merita di essere sostenuto perché sviluppi al meglio tutte le sue potenzialità. Per questo è di fondamentale importanza tenerne in vita la sua anima profonda che si identifica con quella “svolta (antropologica)”, che permetta alla Città di transitare dal fare all’essere, dalla Rimini ossessionata dalla ricostruzione materiale della sua veste esteriore – in ambito turistico, edilizio, spettacolare ecc. – ad una Rimini più attenta alla costruzione della sua identità e memoria, più attenta alla cultura, alla bellezza, all’educazione, all’accoglienza. Su questi ambiti vitali occorrerebbe investire molte più risorse, non solo in senso economico, ma progettuale, e investire creativamente, politicamente, spiritualmente…

A questo punto il Vescovo abbozza “alcuni capitoli che dovrebbero andare a costruire l’agenda per la Rimini del futuro e che sintetizzo in tre verbi: intraprendere, educare accogliere”.

Intraprendere
A Rimini c’è ancora una riserva di capacità di lavoro e di impresa che non teme il mercato. È certo questa una delle condizioni che ci consente di guardare realisticamente alla ripresa della crescita secondo e verso il bene comune, e in particolare di quella sua componente che è la crescita economica.
Vorrei qui rivolgermi innanzitutto agli imprenditori. Non dimentichiamo che «mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, “diventa più uomo”» (Laborem exercens 9). (…)
D’altro canto si è fatto indilazionabile il ripristino di normali condizioni di credito alle imprese, soprattutto a quelle piccole e medie, così come urge evitare la morte per crisi di liquidità di quelle sane. Teniamo presente che il nostro territorio possiede un discreto numero di banche a carattere locale, che da sempre hanno sostenuto la nostra economia. Al riguardo vorrei esprimere fondata fiducia che esse continueranno a svolgere un ruolo tanto positivo e prezioso. Oltre all’apporto per il superamento della congiuntura negativa, ci si attende che le banche svolgano un compito anche nei processi di sviluppo di più lungo periodo. Ciò sarà possibile solo nella misura in cui gli attori della finanza e del credito non si sottrarranno al compito di partecipare al rischio che la Città e la Provincia dovranno affrontare per crescere, non emergendo del resto da questa fase motivi sufficienti a rinnegare il processo di apertura e di maggiore concorrenza anche nel settore bancario. Anche oggi le banche si trovano oggettivamente di fronte alla possibilità di scegliere tra indirizzare la liquidità di cui dispongono verso attività speculative, oppure programmare una ripresa prudente ma decisa e significativa del credito.

Educare
(…) non si possono chiudere gli occhi ad un gravissimo fenomeno: in questo momento sono i giovani a pagare, più di tutti, i costi della crisi. L’azione per il bene comune, oltre la sua efficacia immediata, ha un altissimo valore educativo. (…)
(…) vorrei ricordare la grande risorsa rappresentata dall’Università Bolognese con sede in Rimini. Abbiamo bisogno di stringere il rapporto tra la Città e l’Università, in senso bidirezionale: da parte della Città, perché senza l’ossigeno della cultura una città rischia solo di sopravvivere; d’altra parte anche l’Università può trovare nella Città un laboratorio di ricerca e di costruzione del futuro. (…)

Accogliere
In questi ultimi anni è cresciuto enormemente il fenomeno delle immigrazioni nella nostra Città e nel circondario. (…) La tensione è quella di combinare strategie di inclusione che mettano in circolo le nuove presenze, che a esse offrano le opportunità ricercate e che propongano riferimenti istituzionali chiari, in grado di guidare un percorso di responsabilizzazione. L’inclusione non è un processo privo di regole e di sanzioni, rapido o meramente cumulativo: è l’incontro tra atteggiamenti responsabili e avveduti, essi stessi aspetto di carità matura e intelligente.
Il riconoscimento della cittadinanza da parte dello Stato italiano è solo una condizione, certo necessaria ma non sufficiente, per una piena interazione/integrazione delle seconde generazioni nella società italiana. (…) Un esempio: è senz’altro essenziale per un ragazzo di seconda generazione vedersi riconosciuto il diritto di frequentare l’università senza dover richiedere e rinnovare periodicamente il permesso di soggiorno per motivi di studio. (…) Tale lavoro può e deve cominciare subito, mostrando una attiva solidarietà nei confronti di quelle cittadine straniere, anche “clandestine”, che, trovandosi in stato di gravidanza, sono esposte al rischio di scegliere come soluzione l’aborto volontario.
In sintesi occorre far crescere la sensibilità all’accoglienza anche nel confronto delle ”badanti” – donne che prestano un servizio preziosissimo presso gli anziani e gli ammalati delle nostre famiglie – anche incentivando agevolazioni economiche e fiscali per la loro regolarizzazione.

Il Vescovo ha concluso il suo lungo intervento riflettendo sul tema della “cittadinanza”, e citando la sua recente lettera pastorale.
(…) Emerge un atteggiamento di fondo ed uno stile che rifuggono dalla rissa e cercano piuttosto di dare contributi costruttivi, pur nella necessaria dialettica delle opinioni.
Mi sembrano indicazioni decisive per delineare le caratteristiche dell’impegno civile, sociale e politico nella Città; un invito a reagire allo scoraggiamento, a rifiutare una litigiosità sterile e steccati preconcetti, a smentire lo slogan amaro che “a Rimini non si combina niente”, per cui “la nostra Città si va marginalizzando”. “Beati i miti”, “beati gli operatori di pace”: più che un auspicio, è un impegno per tutti. È lo stile di vita giusto per chi intende impegnarsi a reggere le sorti della Città. Ho scritto nella Lettera pastorale: “Chi ha responsabilità politiche e amministrative non può non avere a cuore il disinteresse personale, il rifiuto della menzogna e della calunnia come strumento di lotta contro gli avversari, la fortezza per non cedere al ricatto del potente, la carità per assumere come proprie le necessità del prossimo, con chiara predilezione per gli ultimi, la preparazione tecnico-professionale richiesta dall’ufficio a cui si dedica”.