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Il partito del Vescovo

Una cosa è certa: il Vescovo non si è iscritto al partito dei lamentoni, così di moda in questi tempi, magri per tutti. Lo ha fatto capire in termini espliciti nel suo discorso alle autorità in occasione della festa del patrono San Gaudenzo. Certo non ignora i problemi e le difficoltà di una Città e di un territorio che sembra aver perso la sua identità e che vaga parecchio a tastoni… “ma non possiamo sottrarci alla fatica di sognare e disegnare il futuro di una Città umana, vivibile e accogliente”.
Evviva! Almeno qualcuno che appoggia il partito di chi si vuol tira su le maniche e non fa sua la logica del tanto peggio tanto meglio. Forse per questo ha voluto intitolare il suo intervento “appunti per un’agenda di speranza per il futuro di Rimini”. E il suo è, appunto, un messaggio di grande speranza.
Dimostra di amare Rimini più di tanti riminesi. Lui che l’Italia per sei anni l’ha girata in lungo e in largo, senza nascondersi i problemi, giudica il nostro territorio “un laboratorio di molteplici e promettenti risorse, che opportunamente liberate, sostenute e valorizzate, possono costituire una riserva di energie spendibili per sciogliere nodi, raccogliere sfide, immaginare soluzioni nuove”.
E riprendendo la dottrina della Chiesa (e non certo il programma di un partito) detta i principi e gli orientamenti di fondo: bene comune, solidarietà e sussidiarietà, chiavi di lettura e di prospettiva “che ci possano servire di orientamento per la costruzione dell’agenda dei prossimi anni”.
Difende il Piano Strategico come metodo per “la chiamata a corresponsabilità di tanti e la capacità di sinergia e convergenza di soggetti diversi, in nome del bene comune”. Un soggetto di partecipazione ben lontano da un certo modo di intendere la politica, che pare oggi così distante dalla vita quotidiana della gente.
E proprio ai politici il Vescovo chiede uno stile diverso, che rifugga dalla rissa e che cerchi di dare piuttosto contributi costruttivi. E non credo proprio che intendesse il consociativismo, cioè la spartizione della torta, quanto piuttosto il cercare dai banchi del governo e dell’opposizione, quindi con funzioni e ruoli diverse, sempre il bene della città e della sua gente. Questo è il suo partito.

Giovanni Tonelli