Home Vita della chiesa “Seminario, il cuore della Diocesi”

“Seminario, il cuore della Diocesi”

Per mons. Biancheri il seminario era il cuore della Diocesi, era la vita, la fecondità pastorale, il futuro della Chiesa diocesana. “Se questo fiorisce, si aprono prospettive di un domani più sereno per la cristianità riminese”, scriveva nella Lettera pastorale della Quaresima 1961.
Quando mons. Biancheri giunse in Diocesi nell’ottobre del 1953, si trovò di fronte a due grandi problemi: un vecchio seminario cadente e inadeguato (“una topaia”, come soleva definirlo) e la scarsità delle vocazioni.
«Dobbiamo realisticamente dire che il numero dei sacerdoti è sproporzionato alle imperiose esigenze dell’accresciuta popolazione: gli ultimi sette anni sono caratterizzati da una accentuata diminuzione di braccia valide nel campo del lavoro pastorale». Iniziò un lavoro di sensibilizzazione fra i sacerdoti, perché scoprissero e coltivassero vocazioni.
All’opera di sensibilizzazione seguì la costruzione del nuovo seminario sul colle di Covignano, per il quale fece un grande gesto: rinunciò alla ricostruzione dell’Episcopio e passò i danni di guerra al Seminario.
Quando nel 1962 i seminaristi abbandonarono il vecchio seminario per entrare nel nuovo, grande fu la sua gioia.
La sua attenzione non si limitò all’ambiente di vita dei seminaristi, ma volle una gestione educativa qualificata e moderna, in modo da rispondere a tutte le esigenze formative dei ragazzi. Sostituì i prefetti, ginnasiali o liceali, con dei sacerdoti, animatori ed educatori nei singoli gruppi, in cui era divisa la grande famiglia del seminario.
Iniziò un’opera di inserimento del seminario nella società e nella Diocesi: non più formazione isolata dal mondo, ma nel contesto culturale e sociale della Diocesi, per una apertura e una solidità maggiore di coloro che si preparano al sacerdozio. Durante questi anni i seminaristi cominciarono a frequentare la scuola pubblica e non più soltanto il liceo classico, ma anche lo scientifico e le magistrali; in seminario si costituì una sezione distaccata della scuola media statale.
Fu un’innovazione coraggiosa ed impegnativa, che mons. Biancheri approvò, incoraggiò e seguì sempre con attenzione.
Non aspettò le indicazioni del Concilio, che arrivarono col decreto “Optatam Totius” sulla formazione sacerdotale del 28 ottobre 1965; tuttavia si trovò in piena sintonia col decreto, così che poté, in un Presbiterio del 1967, proporre ai sacerdoti il nuovo progetto educativo del seminario, che fu votato per l’approvazione con 108 voti favorevoli, 12 contrari.

Progetto
educativo

Durante la tre-giorni estiva del 1974 volle riaffermare i criteri educativi della sua riforma.
“Grazie a Dio il Seminario ha un discreto numero di vocazioni: possiamo nutrire delle speranze per il futuro. Questo fatto, segno di una presenza operosa dello Spirito della nostra Chiesa, è stato reso possibile anche da scelte educative fatte nel Seminario di Rimini in questi ultimi anni, scelte che hanno cercato di interpretare le esigenze di formazione umana, cristiana e sacerdotale dei ragazzi e dei giovani come sono emerse dal Concilio. Queste scelte hanno trovato poi conferma nei documenti ufficiali della Chiesa per il Seminario e possono così essere riassunte.
Il Seminario più che un luogo chiuso e autosufficiente è visto come un tempo di formazione e di maturazione: per cui più che difendere dai pericoli esterni, deve aiutare ad affrontare con criteri di fede le situazioni e i problemi che i ragazzi della loro età vivono.
Il seminario è tempo di esperienza di Chiesa ed è articolato in comunità minori nelle quali il ragazzo è aiutato ad impegnarsi in modo personale e il sacerdote non ha più la funzione prevalentemente disciplinare del prefetto, ma quella di autorità nella comunità.
La verifica vocazionale, soprattutto negli anni della teologia, non viene mai curata in astratto, ma nel concreto della vita pastorale. Per questo si è scelto di inserire i teologi in parrocchie e in comunità sacerdotali.
Dobbiamo sentirci tutti impegnati, nella preghiera, e nel lavoro pastorale, perché anche in futuro la nostra Chiesa sia ricca di vocazioni, non solo sacerdotali, ma anche religiose e missionarie”.

Centro culturale
e pastorale

Per mons. Biancheri il Seminario doveva essere anche un centro culturale. Fece ripristinare la vecchia biblioteca, dotandola di importanti opere, fra le quali: La storia dei Papi del Pastor, l’Enciclopedia Treccani e l’Enciclopedia Britannica.
Volle che i seminaristi partecipassero ogni anno, durante l’estate, a corsi di aggiornamento culturale e sociale. Professori dell’Università cattolica di Milano, Padri gesuiti del Centro San Fedele ed altri eminenti studiosi aggiornavano i seminaristi nei vari campi della cultura: letteratura, cinema, sociologia.
Era necessario conoscere il mondo per amarlo e portarlo a Cristo.
Ma il cuore del Seminario è la formazione spirituale. Mons. Biancheri desiderava una formazione solida e semplice, che facesse perno sull’adorazione eucaristica e la devozione alla Madonna; non finiva mai di raccomandare la recita del Rosario e ne dava l’esempio, recitava ogni giorno il Rosario intero.
Per allargare l’amicizia e la collaborazione col Seminario costituì l’Opera Vocazioni Ecclesiali, che raccoglieva un nutrito gruppo di relatrici, che organizzava incontri vocazionali coi ragazzi in Seminario e nelle Parrocchie.

Ampio respiro
missionario

Anche la missionarietà era una linea pastorale precisa di mons. Biancheri. Ritiene che dopo il Concilio i tempi siano maturi per una apertura missionaria della diocesi all’esterno e la vede come un arricchimento anche per la Chiesa diocesana.
Nella lettera pastorale della Quaresima 1971, dal titolo “La Chiesa in missione”, così scrive: “Tenuto presente che la missione in paesi lontani non è solo una attività: è soprattutto grazia del Signore e segno della maturità di fede di una comunità, da tempo si auspica una apertura della nostra diocesi ad una azione missionaria all’estero, per aiutare una Chiesa locale che ne abbia bisogno, soccorrendola secondo i suoi criteri e le sue tradizioni, in uno scambio di comunione che arricchisca e noi e loro; per aiutare la promozione anche umana di una popolazione. È perché si apra alla nostra Diocesi questo orizzonte nuovo che preghiamo il Signore, affinché semini e faccia maturare nel cuore di sacerdoti e laici, il germe di questa chiamata”.
I tempi maturano: il progetto si realizzerà nell’apertura di una missione diocesana in America Latina.
Perciò permise ad un seminarista, Aldo Fonti, di compiere gli studi teologici a Verona nel Seminario per l’America Latina. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1974, non partirà subito, ma avrà il compito di prepararsi promuovendo una animazione missionaria in Diocesi.
Il progetto si realizzerà più tardi, durante l’episcopato di mons. Locatelli. (5-continua)

don Fausto Lanfranchi