Home Vita della chiesa L’Introito. Ovvero, attenzione entra lo Sposo, il Signore

L’Introito. Ovvero, attenzione entra lo Sposo, il Signore

Per comprendere il significato dell’introito occorre premettere alcune indicazioni di “geografia liturgica”, che ci aiutano a orientarci nelle molteplici azioni di cui è ricca la Messa. L’Eucaristia, fin dalle origini, è divisa in due parti indivisibili: la Liturgia della Parola (che va dalle letture alla preghiera dei fedeli) e la Liturgia Eucaristica (che va dall’offertorio alla comunione); essa ha poi un “cappello” e una “coda”, aggiunti nei secoli successivi (IV-V sec.), costituiti rispettivamente dai Riti di Introduzione e da quelli di Conclusione.
L’introito (da intro-ire=entrare dentro) è il primo rito tra quelli di Introduzione, a cui seguono il saluto del sacerdote, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione (colletta), di cui parleremo nelle prossime catechesi. Esso definisce l’azione in cui, quando il popolo si è riunito, il sacerdote (o il vescovo) con i ministri, vestiti con i paramenti liturgici, escono dalla sacrestia e si avviano processionalmente all’altare.
L’introito è un’azione simbolica e non una sfilata per solennizzare il rito, ossia è “segno” che rimanda a un’altra azione che si sta compiendo: quella di Dio! Quando infatti il sacerdote entra in Chiesa è Cristo stesso che entra solennemente in mezzo alla sua comunità radunata, poiché è Lui il grande Sacerdote, Lui è lo Sposo che fa Alleanza con la Chiesa-Sposa appena riunita, versando per lei il suo sangue; è Lui il grande Profeta che pronuncia la Parola di Dio; è Lui che entra dalla navata centrale come Re vittorioso sul nostro peccato e sulla morte e, ancora Lui, l’Agnello immolato (da qui, l’aspetto nuziale, cioè festoso, e sacrificale dell’Eucaristia, che non possono mai essere disgiunti).
Il simbolismo di questa azione non è né immaginario né illusorio, ma “sacramentale”, perché fondato sulla realtà di tre sacramenti: il Battesimo dei fedeli, l’Ordine dei sacerdoti e l’Eucarista che si sta celebrando. I fedeli radunati in Chiesa non sono massa amorfa, né un’assemblea puramente umana, ma costituiscono, in quanto battezzati, l’Assemblea eucaristica, cioè il Corpo di Cristo presente in loro. In quanto ordinati, il vescovo e il presbitero, quando celebrano, agiscono – si dice – in Persona Christi capitis, cioè Cristo stesso si fa presente con la sua Persona (il capo o testa) nella persona del sacerdote; nella celebrazione, quindi, essi sono come “spodestati” della loro identità, perché “ordinati” per assumere i tratti di Cristo e per compiere le Sue azioni (per cui, non vestono i loro abiti, ma i paramenti sacri, cioè quelli di Cristo risorto, e non possono dire ciò che vogliono, ma solo le parole di Cristo e il Suo insegnamento).
La liturgia eucaristica, infine, non è azione umana, ma divina a cui l’uomo partecipa (CCC 1069). In conclusione, tutto il Cristo è presente e operante nella liturgia eucaristica con il Padre e nello Spirito Santo: con il suo Corpo nell’assemblea e con il suo Capo nei sacerdoti.
Nell’introito, come Pastore e nella persona del sacerdote, Cristo attraversa tutta l’assemblea raccogliendola come “popolo che va verso Dio”; alla sua testa si dirige deciso (Lc 9,51) verso l’altare su cui verserà il sangue per la sua Sposa, così come entrò mite a Gerusalemme su un puledro (Lc 19,45); come Re è preceduto dal profumo dell’incenso che apre il suo ingresso nella navata e dalla croce astile, segno del suo essere anche Agnello immolato, tenuta alta da un ministro, perché tutti possano «volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Zac 12,10; Gv 19,37) e in cui solo c’è vita e salvezza (Nm 21,8); è preannunziato dall’Evangeliario, innalzato dal diacono, segno della Parola che pronuncerà “oggi” per la sua Sposa; infine, è circondato dal canto festoso (d’introito o d’ingresso) della Chiesa-Sposa, che attende di “vederlo” e di entrare alle Nozze (Mt 25).
A tale passaggio, perciò, l’assemblea si alza in piedi e si inchina al passaggio della croce facendo il segno di croce.
È ormai chiaro, quindi, che la funzione dell’introito è quella di prepararci a formare l’Assemblea eucaristica, a disporci ad ascoltare con fede la Parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia. Dovrebbe essere quindi altrettanto chiaro che un’uscita del sacerdote e dei ministri dalla sacrestia, a pochi metri dall’altare, a livello simbolico impoverisce grandemente questa azione liturgica.

Veniamo ora, come siamo soliti, alla provocazione: una per i fedeli e un’altra per i celebranti. Da adolescente mi piaceva andare ai concerti di una band inglese: arrivavo allo stadio con le amiche molte ore prima del concerto per non perdermi il passaggio (di pochi secondi!) delle “stars”, quando arrivavano sfreccianti e blindati nelle auto: nessuno si sognava di lamentarsi del caldo, della lunga attesa e delle persone che spingevano nella calca, perché prese a “sognare” e a cantare le loro canzoni! Da giovane lo facevo per attendere il passaggio del Papa, forse come tanti altri che mi stanno leggendo. Da adulti, la domenica, siamo preparati a farlo ancora per l’introito del Salvatore?
Ai sacerdoti, invece, dono questa provocazione: un giorno entro in una sacrestia di una chiesa riminese poco prima della celebrazione; alla porta mi ferma questo cartello: «Non disturbare il prete quando si veste!».
Elisabetta Casadei

* Queste catechesi liturgiche si tengono ogni domenica in Cattedrale alle 10.50 (prima della Messa).