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Il futuro non è in Italia

Un questionario de ilPonte Giovani proposto alle classi del triennio di un liceo riminese restituisce risultati importanti: più della metà degli studenti interpellati afferma di voler andare a studiare o lavorare all’estero dopo la Maturità

Da anni in Italia non si fa altro che parlare della ‘fuga dei cervelli’, il fenomeno che coinvolge migliaia di neolaureati che, dopo gli studi, scelgono di cercare lavoro all’estero. Negli ultimi tempi, però, il fenomeno ha preso una piega diversa: sempre più sono coloro che vogliono andare via dal Paese già durante gli studi. Abbiamo condotto, perciò, un’indagine sugli studenti del triennio del liceo A. Serpieri di Rimini in merito.

Il contesto

La fuga dei cervelli ha subìto il suo “boom” fra gli anni 2000 e 2010: da allora, non ha fatto altro che crescere in vari campi come quello dell’informatica o della ricerca. I motivi sono tanti e vari, ma i più importanti rimangono la mancanza di posizioni adatte alle proprie capacità, ben remunerate e soprattutto con migliori prospettive di fare carriera che invece vengono offerti dai Paesi esteri. Non sarebbe un problema se si parlasse di ‘scambio di cervelli’, fenomeno che interessa anche altri Paesi secondo il quale i neolaureati emigrano in massa, ma allo stesso tempo c’è una pari immigrazione, arrivando quindi ad uno stato di parità in cui le uscite sono pari alle entrate. In Italia, però, ciò non avviene: il Paese è come una gomma bucata dalla quale l’aria non smette di uscire. Questo potrebbe essere anche colpa del governo, che per anni ha preso sottogamba il problema, come ad esempio dichiarò nel 2005 il ministro Moratti al Convegno al CNR di Roma sui buoni risultati delle politiche in materia di ricerca, definendolo semplicemente come una grande mobilità e non come fuga. Negli ultimi anni, fra il 2017 e il 2020, il governo ha tentato di risolvere la situazione con delle agevolazioni per incentivare il rientro dei cervelli. L’attuale Consiglio dei Ministri però ha rivisto parzialmente le misure a supporto, arrivando alla scelta di ridurre gli incentivi a partire dal 2024. Sono tutte informazioni, queste, che non passano inosservate ai giovani liceali che, al termine del quinto anno, dovranno decidere come proseguire il proprio futuro e, specialmente, dove.

La situazione degli studenti riminesi

Per capire la situazione, siamo andati al liceo Alessandro Serpieri di Rimini,  in zona Viserba, per proporre un semplicissimo sondaggio alle classi del triennio, quelle più interessate e allo stesso tempo pressate dalle aspettative future. Ai 120 ragazzi che hanno partecipato sono state fatte quattro semplici domande:

Vorresti studiare all’estero? Se sì, perché? e Vorresti lavorare all’estero? Se sì, perché?

Risultato? I dati che emergono dalle risposte raccolte sono preoccupanti.

Alla prima domanda, il 51,7% dei ragazzi ha risposto di sì.

La maggior parte degli studenti degli indirizzi sia scientifico sia artistico desidera andare a studiare in Paesi esteri e di non frequentare l’università in Italia. Le motivazioni sono state varie: molti parlano dell’esperienza formativa che si ottiene facendo studi all’estero, andando incontro a uno scambio culturale importante; ma il resto delle risposte si divide in due grandi gruppi: chi si riferisce al sistema scolastico e chi a quello politico. “ Il sistema scolastico in alcune zone all’estero è migliore di quello italiano, soprattutto in campo universitario” è la risposta di M. un ragazzo di quinta, condivisa da molti: infatti sono in tanti coloro che pensano che il sistema scolastico italiano sia un po’ “un buco nell’acqua”. Come dice S. una ragazza di terza:L’istruzione in Italia è troppo teorica”.

E l’unico problema non è questo. L’Italia non dà abbastanza riconoscimenti alle menti giovani. – è la risposta di T. un ragazzo di quarta All’estero i giovani vengono valorizzati maggiormente”. Quindi il problema che ci ostiniamo a trattare come un tabù, cioè il peso che diamo ai giovani, non sparisce solo perchè non viene citato, anzi è ancora più percepibile ai ragazzi che lo vivono.

Difatti, alla terza domanda su quanti ragazzi vogliono andare a lavorare all’estero dopo gli studi, il 58,5% ha risposto di sì.

La maggior parte degli studenti italiani vuole abbandonare l’Italia per vivere la propria vita. Anche qui, le motivazioni sono tante e varie, ma si potrebbero riassumere con la risposta di L. una ragazza di quinta. All’estero valorizzano maggiormente i lavoratori giovani, con stipendi più alti e stabili, e con agevolazioni. L’Italia, ormai, non dà speranze ai giovani”.

È questa la cruda verità che si evita sempre più di ammettere, ma che sta lentamente portando il nostro Paese all’immobilità economica e sul piano della ricerca. Menzioniamo anche il fatto che, mentre i giovani vanno via, le aspettative di vita medie aumentano sempre di più con il diminuire dei nascituri, arrivando a dati surreali: in molte zone di Italia, specialmente nelle periferie, sono più gli over 65 che gli under 30.

In conclusione, cosa possiamo dire di queso fenomeno? Sicuramente non si prospetta una sua diminuzione nei prossimi anni senza un cambiamento drastico che vada incontro ai giovani e che possa dare loro le giuste prospettive per costruire il proprio futuro in quella che rimane la propria casa.

EMILY HYSA