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Segno della tenerezza di Dio

Domenica 3 ottobre alle 17,30 in cattedrale, la comunità del diaconato e tutta la Chiesa di Rimini si arricchirà, per grazia di Dio, di due nuovi diaconi permanenti. Il vescovo Lambiasi imporrà le mani a un diacono per il sacerdozio e ordinerà diaconi permanenti due uomini sposati e padri di famiglia: Antonio e Massimiliano. Li abbiamo intervistati.

Ma come nasce la vocazione al diaconato?
Massimiliano:“Prima di tutto è una chiamata di Dio e l’attualizzazione di quello spirito missionario che da sempre Dio ha messo nel mio cuore. Lo zelo per l’evangelizzazione è nato attraverso il mio cammino di fede nella comunità neocatecumenale dove ho sentito tutto l’amore gratuito che Dio ha per me. In questo cammino ho fatto l’esperienza di una Chiesa che è madre e di un Dio che mi custodisce e mi nutre ogni giorno con il pane della Parola e con l’Eucaristia. In me è nato il forte desiderio di portare questo a ogni persona. Il diaconato è stata la risposta a questo mio desiderio”.

Antonio: “Ho ereditato la fede da mia madre e dal sacerdote del mio paese. Una fede che poi si è consolidata quando ho incontrato mia moglie. Quando, per lavoro, mi sono trasferito a Cattolica, ho cominciato ha svolgere servizio nel catechismo ai ragazzi delle medie. Mia moglie diventa ministro straordinario della eucaristia e svolge il suo ministero con i malati e gli anziani. Nei primi anni del 2000 il parroco mi propose il cammino del diaconato. Chiesi cosa significava diventare diacono e mi fu detto il diacono è segno di Gesù che si fa servo di tutti e strumento della Sua tenerezza in particolare verso i più poveri. Era quello che io e mia moglie avevamo sempre desiderato”.

Tutto il cammino di formazione verso l’ordinazione diaconale è centrato sul discernimento: scoprire se è ciò che il Signore chiede, capire cosa vuol dire per me questa chiamata, prepararsi a vivere il ministero là dove si è mandati. Per voi come è avvenuto questo discernimento?

Massimiliano: “Innanzitutto in un cammino spirituale fatto assieme a mia moglie; un cammino caratterizzato dalla preghiera, dalla eucaristia e dal confronto continuo con il padre spirituale. Poi è stato importante il sostegno e la preghiera della nostra comunità. Fondamentali sono stati i momenti di formazione e di ritiri spirituali vissuti insieme a tutta la comunità del diaconato”.

Antonio :“Per me e mia moglie è stata determinante la comunità parrocchiale di San Pio V di Cattolica che mi ha voluto e mi vuole bene, mi ha sostenuto e ha “visto” in me ciò che il Signore mi chiedeva. Come per Massimiliano ha avuto un ruolo importante la comunità del diaconato che pur non conoscendoci ci ha accolti come fratelli. La formazione teologica e spirituale ha completato il cammino. Ora con la Grazia del Signore siamo pronti a rispondere alla sua chiamata”.

Un po’ di tempo prima dell’ordinazione, nel rito della candidatura il Vescovo chiede il consenso alle moglie dei candidati diaconi. Non è un consenso a quello che il marito fa, ma il consenso a lasciarsi coinvolgere in questo ministero verso la comunità; lei lo ispirerà, gli offrirà la visione femminile delle cose, gli darà uno stile; collaborerà con il marito nelle attività pastorali per quanto le è possibile e per quanto l’esercizio del ministero lo consente, con lui e per lui pregherà, farà in modo che non viva il suo diaconato da “scapolo” pur essendo sposato… sarà presente accanto al marito quando possibile, perché insieme sono segno dell’amore di Dio.

Massimiliano e Sandra, Antonio e Maria Rita, che rapporto c’è tra il vostro essere sposi e l’ordinazione diaconale…

Massimiliano e Antonio:
“Lo sposo diacono ha in casa, la chiave permanente per capire, vivere e partecipare l’amore stesso di Cristo per la Chiesa. Guardando il proprio matrimonio, ha la chiave per capire quanto e come è chiamato ad amare la Chiesa; per capire a che livello di intimità e di servizio è chiamato ad arrivare con la sua comunità-sposa. Coltivare la propria sacramentalità del matrimonio, per il diacono sposato, significa far crescere forza e qualità ed entusiasmo per amare in Cristo la chiesa-sposa.
Dall’altra parte, si deve coltivare il sacramento del diaconato, nella dimensione di Cristo sposo. Se abbiamo la grazia del sacramento del matrimonio e del diaconato abbiamo la grazia di amare la Chiesa come la ama Cristo, che si dà da mangiare a tutti. Abbiamo una dose di grazia raddoppiata per amare nostra moglie e la chiesa nostra sposa.
La moglie per il diacono, è la prova permanente della verità del suo amore alla chiesa.
Bisogna tenere la moglie come termometro dell’amore che portiamo alla nostra comunità.Se non amiamo fino in fondo nostra moglie come Cristo ama la Chiesa, dubitiamo dell’amore che diciamo di avere per la parrocchia, per la chiesa, per il vescovo… Non si bypassa la moglie per andare verso gli altri”.

Sandra e Maria Rita:
“La moglie, nello stesso tempo, è soggetto vivo e attivo che con il suo amore per il marito lo fa crescere come sposo, gli impedisce di fare lo scapolo, il padrone, il funzionario della sua comunità. Può dire una moglie :“ho “fatto” uno sposo così grande che può amare una comunità”. Questo è l’orgoglio delle mogli, questo ci rende corresponsabili della qualità diaconale del marito”.

Con quali sentimenti vi preparate alla ordinazione?
Antonio e Maria Rita: “Con il desiderio di lasciarci guidare da Dio per servirlo nelle persone che ci farà incontrare e che vorrà affidarci. Ci affidiamo alla Madonna che sempre ha protetto la nostra famiglia e sempre ha saputo guidarci e illuminarci insegnandoci ad amare Gesù e la sua Chiesa”.

Massimiliano e Sandra: “C’è la consapevolezza che Dio mi chiama ad essere servo della Sua Chiesa. Quella chiesa che mi ha dato la possibilità di incontrare Gesù e sperimentare il Suo Amore per noi; desideriamo che tutti conoscano questo Amore. Io come moglie di Massimiliano ho pensato che mio marito prima che a me appartiene a Dio e se Lui lo chiama chi sono io per dire di no? Ora prego Dio che mi doni di entrare nella gioia piena, nella consapevolezza che donandoci a Dio non perdo nulla ma guadagno tutto”.

Pagina a cura del diacono Cesare Giorgetti