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Scuola di tasse

Lo dissi già un paio di anni fa con incompresa lungimiranza. E oggi, visto l’andazzo, lo ripeto: bisogna tassare i bambini che fanno il mercatino estivo delle cianfrusaglie. Mica per tirare su soldi. La mia era una proposta educativa. Ci scandalizziamo ormai quotidianamente contro l’evasione, e intanto i contribuenti di domani crescono nell’illusione che quel soldino guadagnato possano tenerlo tutto. Basta una tassazione simbolica di qualche centesimo, da usare comunque per progetti di loro interesse. Senza registratori di cassa, per carità. Ma un quadernino per segnare ogni incasso e alla fine fare il conto di quanto dovuto, così si esercitano anche sulle percentuali. Certo, bisogna pensare anche ai controlli. E di questo bisognerà incaricare un paio di bambini incorruttibili e incuranti di rendersi antipatici, quelli che quando la maestra deve assentarsi si propongono di andare alla lavagna a segnare quelli che fanno confusione. Costoro, appositamente aggiornati sui moderni metodi di indagine, ovviamente si concentreranno sui coetanei dallo stile di vita più sostenuto: “Ciao, che bello il tuo skateboard nuovo. Senti un po’, ma che lavoro fa il tuo babbo?”. Qualcuno si lamenterà per il solito accanimento contro la piccola impresa. Ma se nelle scuole si fa educazione stradale, perché non quella fiscale? L’evasione è meglio prevenirla prima che i nostri ragazzi passino dalle bancarelle alle banche. Magari quelle fuori dai confini.