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Scavi al Teatro Galli: uno spettacolo di storia

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Il Teatro Galli, i Forni, il quartiere medievale, e il Sepolcreto urbano. Fino a giungere ad una Domus Tardo Antica ed a una Domus Imperale del III secolo d.C. In una sorta di affascinante viaggio a ritroso nel tempio, la porzione di città relativa al teatro contiene tutte le trasformazioni subite dal XIX secolo fino ai primi secoli. Ad aprire una importante finestra nella storia di Rimini, dalle fasi più antiche e legate al momento della sua fondazione nel 268 a.C. alla crisi politico-economica che investe la colonia in età tardoantica, dall’isolato medievale alla sua demolizione per far spazio all’imponente Rocca voluta da Sigismondo Malatesta, alla costruzione dei forni, sono stati gli scavi archeologici al Teatro Galli, terminati da pochi giorni. I lavori, che hanno visto il diretto coinvolgimento del Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo attraverso le Soprintendenze di settore (Archeologia e Belle Arti e Paesaggio), hanno pure “regalato” un’ulteriore scoperta, relativa al periodo precedente la fondazione di Ariminum. Gli scavi, infatti, han riportato alla luce un esteso edificio realizzato con modalità che prevedeva largo impiego del legno, soprattutto per quanto riguarda la struttura portante: “grossi pali di quercia (legno tra i più resistenti), dei veri plinti da 1,5 metri che dovevano sorreggere la copertura e rendere più solide le pareti, sono stati trovati ancora infissi nel terreno a testimonianza della particolare tecnica costruttiva – illustra l’archeologa della Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna, Renata Curina – . Senza dimenticare che la zona è stata bonificata, con un sistema di drenaggio e la creazione di un piano con sabbia e terra”.
Rimini è una città cresciuta su se stessa che si evolve nel corso dei secoli. Dai primi insediamenti si passa alle fasi di età imperiale: resti di murature, frammenti di intonaco affrescato nei classici colori rosso, giallo, bianco, di pavimentazioni a mosaico restituiscono il quadro di un quartiere articolato in più edifici – quasi sicuramente due – case a destinazione residenziale, proprietà di cittadini appartenenti ad un ceto medio-alto; al IV secolo d.C. risale la costruzione di un grande edificio che si sostituisce alle precedenti domus; significativa la costruzione di una vasta aula absidata, la cui originaria funzione non è del tutto chiarita.
A testimoniare la trasformazione della città con un diverso uso degli spazi urbani sono invece una serie di sepolture, collegate alla presenza della Cattedrale di Santa Colomba nelle immediate vicinanze. Alla città romana si sostituisce la città altomedievale e medievale con le sue abitazioni, gli spazi comuni, le strade, un quartiere che verrà quasi completamente abbattuto per lasciare sufficiente spazio e aree libere alla costruzione della Rocca malatestiana.
“Rimini riveste un ruolo importante in epoca romana – è la riflessione di Luigi Malnati, Soprintendente Archeologo dell’Emilia-Romagna – Tra il III e il II secolo a. c. la Provincia Ariminum era considerata una capitale a nord degli Appennini. Doveva contenere i Celti e collaborare con gli Umbri e con città come Ravenna, Sarsina etc. E oggi, grazie a questi scavi compiuti con le metodologie dell’archeologia moderna, ci è restituita l’immagine di una città romana che non avevamo”.
Quanto rinvenuto nella zona della torre scenica del teatro è diventato un video: “Uno spettacolo di storia” realizzato dalla cesenate Akanthos documenta i risultati delle campagne di scavi. Il video, oltre ad apparati didattici, multimediali e forme di divulgazione scientifica, saranno proposti al pubblico in alcuni vani del piano interrato del teatro, accessibile da via Poletti, con una visione da un balcone di circa 60 cm degli scavi.
“Perché l’immaginario di Rimini è fermo agli ultimi 70 anni di storia e al mito della città nuova? – si domanda il sindaco Andrea Gnassi – Mai come oggi è in atto un processo sistematico di valorizzazione della Rimini Romana”.

Paolo Guiducci