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Quando la pena non è il carcere

Come Caritas da sempre vogliamo essere accanto ai più deboli, in particolare a quelli che sul territorio non hanno risorse disponibili oppure a coloro che, ancora in giovane età, possono avere la possibilità di un riscatto personale, attraverso lo svolgimento dell’umile servizio quotidiano accanto ai poveri”, afferma la dottoressa Gloria Lisi, presidente dell’Associazione Madonna della Carità e impegnata nel progetto rivolto ai detenuti stranieri.
Quando il giudice lo permette, la Caritas diocesana ospita detenuti che possono scontare la pena all’interno della struttura, impegnandosi nei diversi servizi a favore dei più poveri.
È una forma di sostegno, gratuito, offerto alla popolazione carceraria immigrata, che permette alla Caritas di ospitare persone agli arresti domiciliari e che si affianca a quello già attivo da diverso tempo che è lo sportello “detenuti stranieri”, presso la Casa circondariale di Rimini.

Perché e a chi è rivolto il servizio degli arresti domiciliari alla Caritas?
“I detenuti, per la Caritas, rappresentano tutte quelle tipologie di persone citate nel capitolo 25 del vangelo di Matteo: ’Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi’. Il detenuto può avere problemi di salute o di carattere psicologico a causa delle condizioni nelle quali vive. La Caritas cerca di promuovere il più possibile la solidarietà anche nei confronti dei carcerati che sono coloro che hanno bisogno di un aiuto maggiore per il reinserimento nella società. Vista l’eterogeneità dei nostri ospiti che provengono da mondi molto diversi (disagio psichico, dipendenze, emarginazione, tratta) sia dei volontari (giovani studenti, pensionati, ospiti diventati operatori), possiamo accogliere ai domiciliari solo coloro che sono alla prima esperienza carceraria e che devono scontare pene lievi per piccoli reati”, sottolinea Gloria Lisi. Dall’attivazione del progetto ad oggi, hanno scontato la pena agli arresti domiciliari in Caritas cinque detenuti, dei quali quattro stranieri: un bulgaro, un iracheno, un afgano ed un senegalese, mentre sono tutt’ora agli arresti un italiano e un afgano.
La Caritas inoltre, da una decina di anni, offre la possibilità a tante persone, inviate dal UEPE (esecuzione penale esterna) di scontare misure alternative attraverso il volontariato. Nell’ultimo anno sono state una decina le persone, italiane e straniere che, per questa ragione, hanno preso parte alle attività della struttura, svolgendo il loro servizio accanto agli ultimi.