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Profughi – Non chiamatela emergenza

Rimini, 14/03/09:manifestazione ass.papa g. XXIII contro il razzismo, extracee. ©Riccardo Gallini_GRPhoto

È  il tema del momento. L’accoglienza ai profughi nelle nostre città sta muovendo “scienza e coscienza” e mettendo tutti davanti ad una problematica tanto evidente quanto complicata. Se da una parte, infatti, insiste la preoccupazione sulla sicurezza pubblica, dall’altra bisogna fare i conti con l’accoglienza di persone bisognose d’aiuto.
Il problema esiste. Ed è un problema di fatto ma anche di percezione. L’“uomo della strada” si guarda intorno e dice: “Ho paura a girare per strada la sera con tutti questi stranieri in giro”, “In Italia c’è la crisi. Perché dobbiamo destinare 35 euro al giorno per loro? Questi soldi non possono essere destinati ai nostri poveri?”, “Tutti questi ragazzoni che si girano i pollici. E li paghiamo anche. Non potrebbero fare dei lavori socialmente utili?”.

Chi ha ragione?
“Hanno ragione i cittadini che dicono queste cose. In queste condizioni nessuno può dargli torto. Ma le cose sono più complicate di come sembrano”. Luciano Marzi, responsabile del progetto SPRAR a Rimini non si nasconde dietro un dito e spiega come la questione dell’accoglienza, in Italia, non sia mai stata affrontata in quanto fenomeno strutturale, ma sempre e solo come una grande emergenza. “Adesso stiamo affrontando le cose come nel 2011, e dire che nel mezzo c’è stata la Primavera Araba, la caduta del regime dittatoriale in Libia”. Per la serie: dovremmo avere qualche strumento in più per gestire il fenomeno, eppure non è così. “Il problema vero è questo doppio canale dell’accoglienza– continua Marzi – da una parte lo SPRAR che è un progetto ben riuscito che include le persone in un piano che va dall’accoglienza, alla formazione linguistica passando per tutele legali e assistenza sanitaria; dall’altra c’è l’accoglienza in emergenza che spinge le prefetture a collocare in strutture varie queste persone, senza che dietro all’aiuto ci sia una realtà competente”.

Non in hotel
Ed è questo il punto. La Prefettura di Rimini, infatti, sta gestendo parte dell’emergenza collocando i migranti in diversi alberghi del territorio, soprattutto a Miramare e a Viserba. Cosa che ha fatto esporre il vice sindaco Gloria Lisi che chiede chiarimenti ma soprattutto collaborazione: “Basta ai profughi collocati dalla Prefettura senza informarci. Sì, al coinvolgimento di tutti i Comuni (sino ad oggi il 60% dei rifugiati presenti sul territorio provinciale è stato accolto dalla sola Rimini, ndr). Sono necessarie verifiche igienico sanitarie e di affollamento per le strutture che accolgono i profughi, proprio come accade per tutte le altre strutture ricettive”.
E sulla questione degli alberghi è intervenuta anche Patrizia Rinaldis, presidente Aia che ha fatto notare come: “In alcune strutture sono stati sistemati molti più profughi di quanti se ne possano ufficialmente contenere”. Eppure di regole ce ne sono. Basti pensare all’obbligo dell’accensione del riscaldamento al 15 ottobre e altri parametri imposti dalle leggi regionali affinché un hotel possa rimanere aperto tutto l’anno. “Il rispetto delle regole da parte di tutti, a prescindere che si ospitino i vacanzieri o migranti”.

Un po’ per tutti
Altra questione che solleva la Lisi è quella della disponibilità dei comuni ad accogliere i profughi. Ci sono, infatti, sindaci (come quello di Montefiore Conca) che non vogliono accogliere nessuno. Ma non dovrebbe essere così. La Prefettura, infatti, ed è questo l’auspicio della Lisi, dovrebbe “richiamare tutti gli enti locali alla medesima responsabilità, al fine di ottenere uno sforzo congiunto nel collocamento dei cittadini stranieri da parte di tutte le istituzioni”.

La percezione del problema
E torniamo al punto di partenza: la percezione del problema da parte dei cittadini e la questione sicurezza. “I ragazzi dello SPRAR – continua Luciano Marzi – fanno un percorso e passano parte del loro tempo a fare qualcosa. Lezioni di lingua, inserimenti lavorativi, colloqui personali”. Ma gli altri? “Noi abbiamo paura, per gli altri. Quando escono siamo preoccupati”. Chi non è inserito in nessun progetto e passa le giornate in hotel senza aver nulla da fare. Ecco quelli sono i “casi” che sollevano la gente e gli fanno dire: “Perché non possono lavorare?”. Noi li facciamo lavorare – conclude Marzi – ma vi assicuro che non è semplice trovare cose da fare a tutte queste persone”.

I numeri
Attualmente in provincia sono accolte circa 800 persone, 580 nella sola città di Rimini. Questi numeri superano la soglia del 3 per mille imposta dal Ministero dell’Interno. La Caritas gestisce con il progetto SPRAR 40 persone, alle quali se ne aggiungono 91 in “emergenza”.

Angela De Rubeis