Home Editoriale Professori alla scuola d’odio

Professori alla scuola d’odio

Qualche settimana fa si è celebrata la giornata della gentilezza. Ce la siamo cavata con qualche articolo sulle buone maniere, ormai cosa desunta in questo periodo ricco di dichiarazioni muscolari, dove va tanto di moda il celodurismo. Ci sarebbe da sorridere o forse da piangere, guardandosi un po’ intorno. Avrebbe certamente avuto molto più successo una bella giornata dell’odio. Odio, che diventa violenza, solo a volte verbale, contro i diversi, gli immigrati, gli ebrei o i palestinesi (dipende dalla prospettiva), i tifosi della squadra avversaria, i pedoni sulle strisce, le donne che dicono di no, i poliziotti… Un “tutti contro tutti” alimentato da una cultura dello sfascio che fa paura, perché si oppone, a prescindere, ad ogni tentativo di costruzione e proposta. Il “tanto peggio tanto meglio” è ormai strumento del dibattito politico, a Rimini come a Roma. Il confronto non avviene sul contenuto di ogni scelta, ma sui rapporti di forza, spesso alimentati non dalle idee, ma da quanto schizzano in alto i decibel del “gridometro” o da quanto vibra la “pancia”.
Giornali e tv non ci aiutano, occorre dirlo con franchezza. L’audience o qualche copia in più favoriscono il titolo d’effetto, la contrapposizione gridata a piena pagina, anche quando è solo accennata o addirittura strappata… Non avremmo bisogno di questo.
Il fatto è che gli “urlatori” del “tanto rubano tutti” aumentano, come aumenta il partito dei “chissenefrega”. La politica annaspa.
Non è, per caso, che potremmo fermarci un attimo e dire “perché invece di infilarci tutti nel burrone, non ci diamo una mano e proviamo a tirare su chi è già aggrappato oltre il ciglio?”. Una volta si diceva che chi più urla è al lumicino delle idee e degli argomenti. Che sia ancora vero?
Oltre a tanta strumentalizzazione e bieco calcolo, c’è rabbia, frustrazione, è vero, ma è possibile abbassare i toni? Fare un po’ di silenzio, fermarsi un attimo? Cercare strade, anche se non a tre corsie? L’unico modo per cominciare a comunicare è iniziare ad ascoltare.
Lo affermava anche il Vescovo di Rimini nel discorso di San Gaudenzo: “Occorre riattivare il dialogo, che sia costruttivo, sulla cosa pubblica. Dialogo che deve essere incoraggiato, promosso e voluto a tutti i livelli, che deve fiorire anche dalla società civile. Dal dialogo deve nascere l’unione delle forze, la passione e la speranza per uscire dal clima di rassegnazione e di individualismo, per ri-avviare la vita, per salvare le opere e le attività ritenute più qualificanti e importanti, per promuovere un nuovo sviluppo economico e civile”. L’alternativa è il baratro

Giovanni Tonelli