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NON È UN LAVORO PER GIOVANI

di FEDERICO TOMMASINI

Lavoro precario, remunerazioni sempre più basse, tassi di disoccupazione che aumentano e possibilità di mobilità sociale che diminuisce a vista d’occhio: non è la trama di un film dell’orrore, ma il mondo lavorativo in cui un giovane di oggi si deve destreggiare. Uno scenario che rende difficile la costruzione di una famiglia e la possibilità di progettare una vita adulta: tutte consapevolezze che i ragazzi di oggi sanno bene; basti pensare che negli anni ’90 i risparmi in possesso degli under 30 erano in media di 78mila euro ed erano addirittura di più rispetto ai 57mila euro degli over 65, mentre nel 2022 la ricchezza degli over 65 è pressoché triplicata, arrivando a 143mila euro, mentre il patrimonio medio degli under 30 è sceso a 12mila euro. Una diminuzione dalla quale possiamo dedurre come negli anni ’90 i giovani avessero più possibilità di impiego. Trend inverso quello dei giorni nostri: i ragazzi si trovano ad avere sempre meno soldi ed entrate rispetto ai più grandi.

Una situazione lavorativa che fa da sfondo ad un Paese in crisi, scenario che non accenna a cambiare in modo decisivo: il tasso di crescita è passato dal 3,6% del decennio 1970-1980 allo 0,2% dei primi dieci anni del Duemila. Tutto questo ha comportato senza dubbio una riduzione delle opportunità di impiego che ha colpito soprattutto i giovani, la categoria con meno esperienza lavorativa. Una fotografia scattata recentemente da un report di Ener2crowd (piattaforma italiana che si occupa di investimenti e ricerche di mercato) e che ritrae un mondo del lavoro sempre meno giovane: la crescita salariale nel tempo è diventata più lenta e i redditi da pensione sono solidi, a maggior ragione se comparati con quelli di lavoratori giovani. Tutti questi elementi rendono possibile una disuguaglianza sempre maggiore tra generazioni.

Conflitto generazionale?

Un disallineamento che si è acuito con la crisi del 2008 e, di certo, il Covid non ha migliorato lo scenario.

Un giovane di oggi, dunque, deve tenere conto di tutte queste variabili che gravano sui propri sogni e sulle proprie ambizioni. Nessuna progressione nella situazione lavorativa giovanile, soprattutto se paragonata ai lavoratori che erano giovani una generazione fa. Si può parlare, in uno scenario del genere, di conflitto generazionale? Ne parliamo con Martina, 23 anni, appena laureata in Scienze della Comunicazione, che si sta per interfacciare con il mondo lavorativo di oggi.

Martina, devi fare il tuo primo ingresso nel mondo del lavoro oppure hai già avuto in passato esperienze professionali?

“Ho fatto la stagione in Riviera romagnola lavorando come cameriera, receptionist e barista; insomma, mi sono sempre data da fare fin da quando ho potuto”.

Hai notato difficoltà a trovare un impiego?

“Sinceramente no, vivendo in provincia di Rimini sono fortunata: con l’arrivo dell’estate la richiesta di lavoratori nel settore turistico aumenta e dunque un impiego si trova sempre. Bisogna rimboccarsi le maniche, ma in fondo mi sono sempre divertita”.

Ora che ti sei laureata, però, ti andrai ad affacciare su un mondo del lavoro diverso, con tutte le sfide che questo comporterà.

“Senza dubbio, il lavoro che fino ad adesso ho affrontato era stagionale ed era anche un motivo per tenermi impegnata; ora si cerca veramente qualcosa di solido e duraturo. Sogno di trovare un impiego nel campo della comunicazione, ma so che per un giovane oggi non è molto facile. È questa, una consapevolezza che molti della mia generazione hanno con sé”.

Sei preoccupata?

“Sono una persona che vede il bicchiere sempre mezzo pieno e quindi non mi abbatto mai; sono consapevole della situazione lavorativa giovanile nel nostro Paese, ma credo ancora nella meritocrazia: se sono brava in quello che faccio prima o poi verrò premiata”.

Recenti dati rivelano che i giovani degli anni’90 guadagnavano e avevano molte più opportunità di quelli di oggi. Come giudichi queste differenze?

“Semplicemente sono consapevole che l’economia è fatta di momenti positivi e momenti negativi: la situazione è questa e bisogna prenderne atto. Occorrerebbe maggiore attenzione ai giovani dal punto di vista delle opportunità professionali, vere e proprie politiche indirizzate al lavoro giovanile per incentivarlo e diminuire questo divario generazionale”.

Possiamo parlare, sotto questi punti di vista, di un vero e proprio conflitto con i lavoratori della generazione precedente?

“Questa parola è troppo forte, in fondo nel bene e nel male noi siamo figli di quella generazione. Sicuramente non si pensava al futuro, molte risorse sono state prosciugate senza avere come priorità il benessere delle future generazioni e il mondo che sarebbe stato lasciato loro. La storia, però, è fatta anche per insegnarci e per permetterci di imparare da ciò che è stato fatto prima di noi, nel bene e nel male; altrimenti a cosa servirebbe?”.

Se potessi nascere qualche decennio fa e quindi lavorare in quell’epoca lo faresti?

“Assolutamente no, ogni epoca ha i suoi pro e i suoi contro e così come gli anni 2000 si tengono stretti i loro difetti, così è sicuramente anche per i decenni precedenti. Sono nata nel 1999 e non scambierei questa data con niente, confido nel progresso e spero solo che potremmo regalare un mondo diverso ai nostri figli, con maggiori opportunità lavorative”.