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Il mondo in una foto

di FEDERICA TONINI

Fotografano “l’ordinaria quotidianità”, raccontano grandi emozioni attraverso semplici scatti, immortalano oggetti e spaccati di vita da un altro punto di vista, mettendo in luce quello che, il più delle volte, rimane inosservato all’occhio della società: sono i fotografi di strada.

Dalla capacità di cogliere l’attimo del genio indiscusso “l’Occhio del secolo” Cartier-Besson all’ironia di Erwitt, dagli scatti notturni di Brassai ai dogmi della fotografia “pulita” di Klein.

La fotografia urbana, oggi come ieri, continua a dialogare con le città e i suoi abitanti, tra le vie delle case, i parchi e le piazze. Nata a Parigi a fine ’800, la street photography ha lo scopo di voler riprendere soggetti in situazioni reali e spontanee, un genere fotografico che vive di istanti che nascono e muoiono nel tempo di un sospiro. Nel corso degli anni si è evoluta raggiungendo ogni angolo delle periferie e consolidandosi in tante parti del mondo. Nonostante il progredire della tecnologia, che ha schiacciato l’analogico sul digitale, la street photography sembra rimanere immune dallo scorrere del tempo e dalle sue conseguenze legate ai progressi tecnologici.

La fotografia urbana in Romagna

Un genere di fotografia che ha fatto scuola, ispirando tanti artisti e diventando un punto di riferimento imprescindibile, che vive e resiste anche in Romagna.

Lo dimostra il progetto Romagna Street Photography che, come recita il manifesto, ritrae “la vita, come accade ora, in Romagna”. Un progetto portato avanti soprattutto da giovani romagnoli, che operano sul territorio guidati dal loro istinto, dal loro talento e dalle regole del genere per restituire, attraverso il mezzo fotografico, le circostanze della vita che li circonda.

L’iniziativa assume il volto di un collettivo, che è composto di singoli che cooperano, si stimolano e si confrontano tra di loro per tutti gli aspetti organizzativi e per tutte le attività che svolgono.

Una realtà viva e attiva su diversi fronti: i fotografi romagnoli curano progetti fotografici, archivi digitali, mostre online e sono anche presenti in diversi spazi espositivi.

Il rappresentante riminese

Rimini ha il proprio portabandiera per questo progetto: il giovane sangiulianese Diego Canini (nella foto).

Nato a Bologna nel 1998, si trasferisce a Riminiin tenera età, dopo un diploma che lo consacra grafico, decide di catapultarsi subito nel mondo del lavoro nel medesimo ruolo per cui ha studiato 5 anni. Ma appena termina il turno di lavoro, timbra il cartellino ed esce freneticamente dall’ufficio, pronto a percorrere i vicoli e le strade della città con la propria macchina fotografica.

Diego, come e quando sei entrato in contatto con la fotografia urbana?

“Tutto è iniziato dal mio primo lavoro come grafico in un’agenzia di comunicazione dove, tra le tante cose, si producevano anche video promozionali. Incuriosito dal mondo del video, sono arrivato ad appassionarmi alla fotografia, penso che siano due vasi comunicanti tra loro, che si contaminano a vicenda”.

Perché hai deciso di diventare uno ‘street photographer’?

“Perché amo fotografare situazioni spontanee e inaspettate. Sono affascinato dal malinteso che questa tipologia di medium riesce a generare, e in esso mi piace cogliere l’ambiguità, l’ironia, la nostalgia, il romanticismo o un punto di vista insolito. Il mio lavoro influenza inevitabilmente il modo in cui fotografo e la ricerca di contrasti, geometrie, segni grafici e simmetrie è una costante nelle mie composizioni”.

Da quanto tempo collabori con il collettivo Romagna Street Photography?

“Relativamente poco, sono entrato a far parte del collettivo nel 2019 ed è avvenuto un po’ per caso, un po’ per curiosità, ma da quel giorno non l’ho mai abbandonato”.

Come sei venuto a conoscenza di questo progetto?

“Ho conosciuto il collettivo tramite i canali dei social network e anche grazie a uno dei suoi componenti. Mi sono imbattuto in Romagna Street Photography del tutto casualmente, non ero alla ricerca di un’organizzazione specifica in cui avrei dovuto ricoprire un ruolo ben definito, cercavo solamente un’attività dove potessi esprimere me stesso”.

Di che cosa ti occupi, nello specifico, all’interno dell’iniziativa?

“Nel collettivo non c’è una gerarchia o un’attività precisa, non è propriamente un lavoro di gruppo dove ognuno ha una propria mansione specifica con tanto di regole e doveri da rispettare. Ogni componente ha la propria pagina dedicata dove può caricare i progetti con la frequenza che preferisce. Io, al momento, non lavoro a progetti, ma fotografo per l’archivio e a tal proposito, ormai da anni, lavoro esclusivamente a pellicola, sviluppando e stampando i miei negativi in autonomia”.

Quanto tempo ci dedichi?

“È un’iniziativa libera, per cui non esistono tempistiche o richieste. L’unica cosa che posso precisare è il fatto che non viene prediletta la singola foto ma un progetto in sé, ovvero una raccolta di foto che abbiano una storia che le accomuna. Questo è uno dei principali motivi per cui non pubblico con frequenza all’interno di Romagna Street Photography: riuscire a creare un progetto è (ed è sempre stato) il mio tallone d’Achille.

L’ultimo che ho caricato prende il nome di Katà Métron”.

Cosa consiglieresti ai giovani che vorrebbero diventare fotografi urbani?

“Non ho la presunzione di poter dare dei consigli, ma dalla mia esperienza finora ho capito che acuire la propria sensibilità tramite una qualsiasi altra forma d’arte, può aiutare a perfezionare le proprie capacità in quella della fotografia. Rimanere, dunque, e vivere il mondo dell’arte”