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Matteo, ascolta il popolo

Quella che sino a pochi giorni fa sembrava una legislatura nata morta per mancanza di vincitore certo, si sta palesando come una legislatura di lungo, se non lunghissimo corso. Che significa? Difficile dirlo. Non ci aiutano, di certo, le analisi che stanno accompagnando la nascita del nuovo governo. Che accade? Dove era nascosta tanta maturità della classe politica italiana? Dov’è maturata tutta la consapevolezza di queste ore che fa convergere pensosi consensi e garanzie di “opposizione responsabile”? Non vivessimo in Italia, dove sino a qualche giorno fa, sembrava dovessimo tutti noi (cittadini e istituzioni) portare i libri in Tribunale, verrebbe da gridare “al miracolo”. Forse in tanti hanno capito di essere arrivati a lambire l’orlo del baratro. E prima di precipitare – ancora forse – in molti, nelle stanze che contano, hanno fatto due conti e hanno deciso di scommettere su Renzi e Napolitano. Una scommessa fatta a occhi chiusi e dita incrociate? Una scommessa da “la va o la spacca”. Magari annusando l’aria di una vaga ripresa economica accompagnata dalla speranza che in Europa accada qualcosa. Che la paura dei populismi arrembanti in ogni angolo del Continente spinga i potenti d’Europa (Merkel in primis) a guardare all’Italia come ad un fratellino da aiutare, piuttosto che come uno scolare indisciplinato da relegare dietro la lavagna. Meglio rivedere il vincolo del 3% sul rapporto Deficit-Pil che venire travolti dalla vandea populista? Come sarà poi lo scontro democratico, sulla necessità di intervenire vigorosamente sull’architettura dello Stato, sull’opportunità di mettere mano alle riforme costituzionali e alla definizione di una nuova legge elettorale, sull’urgenza di snellire tutte le procedure pubbliche che frenano la libera iniziativa economica e rendono impossibile la vita delle famiglie e delle imprese, sulla revisione dei livelli di tassazione che ormai tolgono fiato agli onesti e ai produttori? Da parte nostra esprimiamo qualche urgenza senza aver la pretesa di rappresentare nessuno, anche perché come dice Papa Francesco, non bisogna avere “l’assurda pretesa di trasformarsi in ‘voce’ dei popoli, pensando forse che essi non la abbiano. Tutti i popoli ce l’hanno, magari ridotta a volte a un sussurro a causa dell’oppressione. Bisogna aguzzare l’udito e ascoltarla, ma non voler parlare noi al loro posto”. Dunque con questa consapevolezza ci permettiamo di suggerire al nuovo governo di tenere a cuore i poveri, il lavoro, le famiglie e la scuola. E facciamo ai governanti un semplice augurio: ascoltate il sussurro del vostro popolo. In quel sussurro c’è tutta la sua sovranità.

Domenico Delle Foglie