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Mamma politica

In uno spot tv, la mamma di Garibaldi si lamenta per telefonino con un’amica: il figlio passa un momento difficile mentre sta facendo l’Italia unita, e ”risponde”. Le madri di una volta, pretendendo un’infallibilità pedagogica d’origine sovrannaturale, imponevano ai loro bambini di ”non rispondere”, e di ”obbedir tacendo” ai loro ordini, come i Carabinieri. L’esemplare politico europeo più noto tra queste madri padrone, sopravvissute ad ogni cambiamento generazionale e pedagogico, è la cancelliera tedesca, signora Angela Merkel, che anche recentemente di rospi ne ha fatti ingoiare parecchi ai suoi colleghi europei.
Ma si sa com’è la Storia. Si prende le sue giocose vendette. Così, pure la signora Merkel ha dovuto subire uno schiaffo morale con le dimissioni di Christian Wulff presidente della Repubblica tedesca dal 30 giugno 2010, e suo protetto. La stampa del suo Paese da tempo aveva cominciato a parlare di Wulff per certi piccoli ma numerosi favori ricevuti, per presunti intrallazzi ed accuse di abuso di potere. Wulff avrebbe fatto anche una telefonata poco simpatica e gentile al direttore di un settimanale molto diffuso, Bild, invitandolo a non parlare più di lui. Alla discesa in campo della Magistratura, con la richiesta di togliergli l’immunità per indagarlo, il presidente Wulff si è fatto da parte.
Per la cronaca erano le ore 11 di venerdì 17 febbraio, giorno in cui i quotidiani italiani si dividevano tra due argomenti scottanti: i vent’anni dall’inizio di Tangentopoli e la relazione presentata dal presidente della Corte dei Conti, secondo cui la corruzione dilaga in Italia al costo di sessanta miliardi l’anno. A rallegrarci ancora di più c’era la notizia che da noi negli ultimi nove mesi l’occupazione giovanile è calata di 80mila posti. A renderci seri c’erano i confronti con gli altri Paesi europei, con l’elenco di quanti, travolti da scandali, avevano mollato l’osso. Il ministro della Difesa tedesco, ad esempio, reo soltanto di aver copiato la tesi di laurea, s’era dimesso. Da noi forse lo avrebbero fatto salire in una prestigiosa Cattedra.
Lo stesso giorno 17 febbraio usciva ne ”l’Espresso” un editoriale del cardinal Gianfranco Ravasi sul lavoro. Vi si legge tra l’altro che creano sdegno ”l’arroganza dei detentori di patrimoni immensi o di compensi spropositati, talora ottenuti in modo scandaloso, e persino con un vero e proprio furto”, e ”l’impudenza impunita dell’evasione fiscale e della corruzione”. [1070]

Antonio Montanari