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L’eredità

Pare passata una vita invece era appena tre anni fa quando per capire con chi potevamo passare il Natale servivano lauree in filosofia, ingegneria e giurisprudenza. Di quel periodo, di cui nessuno ha nostalgia, rimangono comunque diverse eredità.

Rimangono, ad esempio, pile di scatoloni di mascherine ammassati in qualche angolo nelle scuole. Soprattutto di quella prima tipologia che fu presto accantonata per la scarsa praticabilità se non per pulire i vetri della macchina.

Rimangono i dehors degli esercizi pubblici, lodevole iniziativa per dare sostegno a una categoria che tanto ha subìto i danni della pandemia.

Se non fosse per qualcuno che si è lasciato un po’ prendere una mano creando passaggi più stretti dell’omonimo vicolo del Monopoli.

Rimane la filosofia dello smart working, in precedenza oggetto misterioso in Italia in quanto arma a doppio taglio. Perché se da una parte ha permesso forme di lavoro più adattabili alle esigenze di ciascuno dall’altra ha anche scalfito il sacro e un tempo inviolabile ius del “mi dispiace, oggi non sono in ufficio”.

E, fermo restando che di un tema complesso e delicato come i vaccini si dovrebbe parlare sempre e non solo sotto la pressione dell’emergenza, ha lasciato abominevoli gruppi Facebook a caccia di notizie su morti improvvise da malore in tutto il mondo per poter dire che è stata per forza colpa del ‘siero’.

Capaci, nel loro delirio, di accogliere con soddisfazione anche la scomparsa a Rimini di un valido e sfortunato ufficiale della Guardia di Finanza.