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John, il bambino sergente

La passione per la memoria e per la storia di alcuni studiosi di Lugo ha riportato alla luce un racconto di guerra insolito e curioso, con Cattolica che si lega a doppio filo con le vicende della Seconda Guerra Mondiale attraverso singolari personaggi, in particolare uno, un bambino, che ancora oggi vive a Cattolica. Si tratta di JohnSimoncelli, al secolo conosciuto come Giancarlo Simoncelli, che a soli 6 anni divenne una sorta di mascotte, un bambino-sergente, del reggimento Westminster dei Canadesi presenti nel 1944 sul territorio riminese per respingere i tedeschi asserragliati sulla Linea Gotica.

Tutto cominciò così
Un piccolo gruppo di ricerca (War Time Friends) nell’ambito dell’Università per adulti di Lugo, indagando su eventi minori, seppur significativi e ricchi di particolari, accaduti nelle nostre terre durante l’ultima fase della Seconda Guerra Mondiale, ha avuto la possibilità di visionare un significativo numero di filmati storici girati dagli stessi canadesi in Italia, in quel periodo, e tra questi filmati sono stati rinvenuti alcuni frammenti video che mostrano un ragazzino, John, mano nella mano con alcuni soldati canadesi. Il ragazzino è addirittura in divisa, come un perfetto piccolo soldato, ed ha pure i gradi di sergente canadese con il commento video che ribadisce come le riprese siano state effettuate nell’area di Rimini. Questa storia ha appassionato pure i curiosi nostrani, tra cui Giuseppe Vanni, noto docente di Lettere presso l’istituto “Gobetti-De Gasperi” di Morciano, che è riuscito in poco tempo a rintracciare il protagonista di questa storia, oggi 75enne (nativo del 1938). Il bambino-sergente di allora (nella foto Giancarlo Simoncelli mostra orgoglioso un riquadro storico che lo ritrae da bambino sergente). “La guerra per noi cattolichini è stata caratterizzata soprattutto dai bombardamenti aerei e la mia famiglia, come tante altre in quel periodo, li ha vissuti molto da vicino – esordisce lucidissimo Giancarlo Simoncelli, divenuto poi infermiere di professione – noi ci eravamo rifugiati in campagna nel 1944, nella zona dove oggi sorge il casello A14, per evitare di morire tra le macerie, nell’eventualità in cui la casa fosse stata bombardata. A quell’epoca l’attuale zona dell’A14 era aperta campagna e pareva di essere distanti parecchio del mare, non era certo come oggi. Rimanemmo in quella zona per alcuni giorni e notti. Ma proprio quando stavamo per tornare tra le mura domestiche… la notte stessa in cui decidemmo che avremmo fatto ritorno la casa fu bombardata!”.
Per la sua famiglia non fu facile e di certo, tra sgomento e paura, vi era anche un po’ di smarrimento.
“A quel punto ci rifugiammo in un villino estivo in via Bologna, in piena zona a mare – racconta Giancarlo – ma in quel villino arrivarono, poco dopo, anche i canadesi che erano stanziati con il loro reggimento a Cattolica per contrastare i tedeschi. Fu lì che ci mostrarono la loro umanità. Fecero rimanere la mia famiglia nel seminterrato nonostante loro avessero necessità di spazi per le loro operazioni e mi presero con loro. Mi regalarono una divisa ufficiale, che mia madre sarta adattò perfettamente alla mia misura, mi regalarono poi un fucile-giocattolo di legno e da quel momento per due mesi vissi con loro”. Non furono giorni facili per quel bambino: L’esercito nord-americano divenne, però, una seconda famiglia. “Mi recavo con loro sul camion ogni mattina, partecipavo alle esercitazioni ed alle lezioni di ginnastica – parla, scavando tra i ricordi – ma c’erano anche momenti di relax come la visita alla casa-cambusa in via Zara, sempre in zona a mare, dove mi regalavano spesso cibo e cioccolata. In quei giorni ho capito che la guerra è davvero molto brutta ma nelle difficoltà vi possono essere segni d’amore molto profondi. Nel buio vi può sempre essere un segno di luce, un segno di speranza”.

E c’è pure spazio per un sincero affetto. “Ricordo ancora come se fosse ieri con profonda stima e riconoscenza il soldato Jem che io chiamavo in questo modo e che mi regalò la divisa e mi tenne sempre con lui in quei giorni tremendi. Eravamo inseparabili. Avrei voluto salutarlo dopo che il reggimento canadese si trasferì a Rimini per ragioni di operazioni militari, dove seppi anche che era rimasto ferito ma non riuscii a raggiungerlo, era troppo pericoloso arrivare a Rimini. Il giorno in cui mi stavano per portare con la Jeep a Rimini per fargli un saluto ci fu un attacco dei tedeschi nella zona di Rimini e si bloccò tutto. Da quel giorno non ho saputo più nulla di lui, purtroppo”. Non resta che sperare di incontrare di nuovo qualche parente o amico di quel soldato e chiedere informazioni sulla sua vita. “Se i canadesi, i loro parenti, tornassero a far visita in questa terra (a Tavullia vi è un monumento sulla Linea Gotica dedicato proprio al reggimento canadese! Ndr) sarei contento di ritrovare amici, parenti e familiari di quei soldati magari per incontrarci e confrontarci sui ricordi. Devo molto a quel soldato e ai suoi colleghi”. Ma John Simoncelli si lascia andare anche ad un dolce Amarcord della Cattolica che fu: “Un tempo la città era ricca di verde e di villette d’epoca – commenta – era un vero piacere per gli occhi. Oggi il cemento ha invaso un po’ tutto e forse si dovrebbe riflettere anche su questo”.
Per la Regina ed i suoi nonni una storia che richiama alla mente un passato che forse oggi non c’è più ma che fa riflettere tanto sulla storia di una città turistica, nata come borgo di pescatori e affiancata dalle zone agricole di San Giovanni e la Valconca. E per chi non dimentica il passato ha sempre da insegnare qualcosa, ed è questo che la scuola cerca di far capire poi anche ai più giovani.

Luca Pizzagalli