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Il foglio bianco e il puntino nero

È  un giochino che facciamo spesso con i bambini, ma prima di noi, tanto tempo fa, l’aveva pensato un maestro hindù. Preso un foglio di carta bianca vi aveva posto al centro un puntino nero, poi aveva chiesto ai suoi discepoli: “Cosa vedete?”. E tutti: “Un puntino nero!”.
Replicò il maestro: “Nessuno è stato capace di vedere il grande spazio bianco!”. Il cardinal Gianfranco Ravasi commenta: “È questa la legge che fa riempire di cronaca nera ogni giorno giornali e televisioni: per l’informazione un solo delitto pesa molto di più di mille gesti di generosità e di amore”. Quanrìto è vero! E poi, non so voi, ma io sono stanco di sentir parlare di teste mozzate, come fosse accaduto sotto casa, o di molestie a Colonia, quasi fosse in via Gambalunga. Intendiamoci, queste cose si debbono raccontare, ma facendo vera informazione e non perché tutto diventi strumento di bassa politica, quella che pensa di governare l’Italia con la pancia e non col cervello. I tamburi di guerra (da quella vera a quella dei campi di calcio) sono sempre a rullare e il loro suono sta penentrando implacabile nelle nostre teste. La gente vive un’ansia continua, come se tutto quel che vede e legge accadesse a sé e ai suoi familiari. L’altro giorno una signora anziana, tranquilla, amata e rispettata, mi dice: “Don, non ho mai vissuto un tempo così brutto!”. “Rosina – le rispondo – ma se quand’eri una bambina la tua casa è stata completamente distrutta e quella guerra ci ha lasciato 71 milioni di morti, di cui quasi 50 milioni donne, bambini, anziani… come fai a dire certe cose?”. Raccontare e suscitare, sempre e solo pensieri e sentimenti di cattiveria e distruzione (in questo la rete è, ahimé!, maestra) non ci aiuta davvero ad essere lucidi nell’analisi di ciò che accade. Non c’è dubbio, viviamo un tempo difficile, di grande confusione e incertezza, ma abbiamo, come persone e come popolo, le risorse creative, intellettuali, morali per venirne fuori, senza negare ciò che siamo, senza cancellare quei valori di fede e cultura, che hanno costruito al nostra convivenza. A chi confessa di aver parlato male degli altri, dico: impegnati a cercare in quelle persone il bene. Per tanti aspetti negativi che puoi trovare ce ne sono altrettanti positivi. Meglio segnalare quelli. Alla fine si sta meglio. Perché se perdiamo la speranza, giungerà il tempo dei lupi. E ognuno di noi lo prova già ogni giorno, quando per piccoli contrattempi, banalità, scoppiano, fra le persone, alterchi da far impallidire gli scaricatori di porto. Sono i primi segnali di un malessere che sta ammorbando tutti e che, per quanto sia grande il foglio bianco, fa intravvedere solo il puntino nero.

Giovanni  Tonelli