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Grecia, anzi Europa

L’inedito e cospicuo piano di salvataggio dell’economia ellenica (130 miliardi), adottato a Bruxelles all’alba del 21 febbraio, significa qualcosa non soltanto sul piano politico. C’è un suo aspetto culturale che lo stesso giorno è stato ben spiegato, nell’editoriale dei lettori sulla “Stampa”, da Mauro Artibani, studioso d’Economia dei consumi. Egli sostiene che tutti noi europei abbiamo un debito verso la cultura ellenica: “L’alfabeto greco ci consente di scrivere, noi stessi pensiamo attraverso le parole greche; con la filosofia, che proprio lì nasce, articoliamo quel pensiero”, per non parlare della fondazione della democrazia che oggi ci governa. L’articolo termina con una battuta che contiene una grande verità: tra i maggiori indebitati con la Grecia, c’è l’intera “filosofia tedesca”.
Anche a Rimini abbiamo forti legami e consistenti obblighi con la cultura ellenica. Nel Tempio Malatestiano ci sono le due epigrafi scritte nella lingua greca, considerate da Augusto Campana come le prime testimonianze del Rinascimento sia italiano sia europeo. Nella cappella dei Pianeti del Tempio, c’è l’immagine del “rematore”, letta di solito come raffigurazione dell’anima di Sigismondo, scesa agli Inferi e risalita in Cielo.
Essa ci sembra però riassumere la storia dell’Ulisse dantesco (“Inferno”, c. 26, vv. 90-142) che ai compagni d’avventura con la sua “orazion picciola” (“fatti non foste a viver come bruti”), lancia un “manifesto pre-umanistico”, come lo definisce un noto studioso dell’Alighieri, Franco Ferrucci.
Ulisse insegna che la nostra dignità sta nel “seguir virtute e canoscenza”, anche se ciò può costarci un naufragio in cui però si salva l’uomo. L’uomo di ogni tempo, e non soltanto quello dell’età e delle pagine di Dante. La smorfia del volto del “rematore”, richiama l’Ulisse dantesco. I due isolotti rimandano alle colonne d’Ercole. I venti ricordano il “turbo” che affonda la “compagna picciola” (vv. 101-102).
Alla corte di Rimini nel 1441 prima dell’edificazione del Tempio, era giunto Ciriaco de Pizzecolli d’Ancona (1390-1455). Ciriaco ha frequentato i circoli umanistici di Firenze, ed è un “lettore di Dante” che per la sua ansia di sapere ama presentarsi nei panni d’Ulisse, come leggiamo in Eugenio Garin. A Ciriaco potrebbe attribuirsi il suggerimento del tema di Ulisse da inserire nel Tempio, quale parte del discorso umanistico già accennato qui (nella rubrica n. 1066) per la cappella delle Arti liberali. [1071]

Antonio Montanari