Quindici dipartimenti operativi della Fondazione, attiva 365 giorni l’anno, circa 3mila volontari al lavoro in Fiera nella sola settimana del Meeting, una manifestazione che mette in campo 175 incontri, ospitando centinaia di relatori, e decine di mostre, con un budget di 6,5 milioni. Non sono tante le “aziende” che possono vantare numeri del genere. A dirigere questa macchina così complessa, articolata e gigantesca, che necessità capacità di coordinamento, organizzazione e relazioni, è arrivato Emmanuele Forlani. È lui il nuovo pilota, che – preso il testimone dallo storico Sandro Ricci – guida la gioiosa “macchina da guerra” culturale e di relazioni che è il Meeting.
L’edizione 2019 ha rappresentato l’esordio per questo riminese. Classe 1974, Forlani si occupa di consulenza per aziende di trasporti e infrastrutture. Negli anni ha ricoperto incarichi sempre più importanti all’interno della Compagnia delle Opere ed è stato anche capo segreteria al ministero Infrastrutture con Maurizio Lupi (protagonista del rilancio dell’Intergruppo per la Sussidiarietà).
Con Forlani il legame con la città è forte e assicurato. Quello con il Meeting pure. L’edizione 2018 lo aveva visto tra i frontman, coordinatore dell’area Mobilità Move to Meet, e moderatore di diversi – e importanti – incontri.
Appassionato di motociclismo, lettore di saggi, tifoso della Juve e amante del raviolo romagnolo, quest’anno Forlani era più “dietro le quinte” ma sempre in volo con la colomba. A sipario chiuso, ilPonte lo ha intervistato.
Primo Meeting da direttore. L’esordio se lo immaginava così?
“Solo in parte. Certamente le sorprese non sono mancate così come le difficoltà ma ciò che più mi ha conquistato sono gli incontri con i volontari. Prima e durante il Meeting”.
Dica la verità: cosa avrebbe cambiato, nell’ edizione 2019?
“Ho tenuto gli occhi aperti il più possibile con il desiderio di osservare. Ci sono molti aspetti sui quali riflettere ma nulla di essenziale. Il Meeting regge molto bene l’urto del tempo!”.
L’incontro più importante di questa edizione 2019. E la mostra che vorrebbe rivedere con più calma.
“L’incontro sull’Europa con il ministro Moavero Milanesi, Enrico Letta e Gallagher. Di grande respiro e con straordinarie personalità capaci di affrontare temi di attualità in modo non isterico né ideologico ma con il desiderio evidente di costruire.
Quanto alle mostre, avrei il desiderio di rivederle tutte con più calma e partire da quella di Tony Vaccaro. Un laico con uno sguardo sulla realtà davvero affascinante”.
Il bilancio 2019 è aumentato rispetto al 2018. Un buon segnale, di vitalità, quasi in controcorrente rispetto alla situazione del paese.
“Siamo molto soddisfatti dei numeri che, assieme al clima, ci invitano a proseguire. In un momento come questo un risultato con segno più è davvero sorprendente”.
I volontari invece sono un pochino in calo rspetto all’edizione precedente. Restano un numero impressionante, un esercito straodinario. Da cosa dipende secondo lei questa leggera flessione?
“Il calo è infinitesimale, si tratta di qualche unità su 2500 volontari. Ciò che mi stupisce è vedere chi c’è piuttosto che misurare chi manca”.
Meeting e Diocesi di Rimini collaborano per una mostra. Era già accaduto con Alberto Marvelli, questa volta l’incontro è avvenuto grazie a Sandra Sabattini. Ci vogliono i santi per far incrociare gli sguardi di quste due realtà?
“Il dialogo si rafforza e passa attraverso il fare assieme. Ne siamo molto contenti e sono certo che possa proseguire.
La mostra tra l’altro è stata molto apprezzata e decisamente molto visitata. Seguiranno altre collaborazioni”.
Il Meeting e la città dopo 40 anni. Rapporto di odio-amore?
“Non direi. Certamente sono ancora numerosi i riminesi che in 40 anni non hanno visitato il Meeting, forse per pregiudizio o forse per semplice pigrizia.
L’invito è a venire e vedere, la formula più efficace di tutte. Quando alle categorie, non vi è dubbio circa l’indotto che il Meeting porta nelle settimane di organizzazione”.
Nel 2018 avete inaugurato l’arena del Tiberio, quest’anno lo spettacolo inaugurale si è tenuto al Teatro Galli. Nel 2020 servirà un’altra inaugurazione per ospitare il vostro spettacolo. Scherzi a parte, è il segnale di un rapporto nuovo con il Comune di Rimini e dunque anche con la città?
“Sono numerosi i temi, i rapporti, i progetti che meeting ed istituzioni locali possono sviluppare. Sono grato di aver trovato su questo grande apertura”.
Direttore, il Meeting si è aperto nel bel mezzo della crisi di governo. Però siamo lontani anni luce dalle edizioni in cui la politica fagocitava tutto. Come mai, secondo lei?
“La politica fa notizia ma ha sempre rappresentato un numero molto limitato di incontri. È arrivato forse il momento che anche i media se ne accorgano valorizzando le decine e decine di testimonianze presenti al Meeting.
Anche il fundraising sta andando bene, in forte crescita. Segno di una affezione crescente, e non solo durante il Meeting. Cosa dobbiamo aspettarci in seguito?
“Sta crescendo la consapevolezza che il legame può essere manifestato anche con un piccolo gesto, il cui valore va ben oltre la misura economica. Vogliamo proseguire con forza in questa direzione, rafforzando il rapporto e la fidelizzazione con le migliaia di persone che sostengono il Meeting”.
Il personaggio che Lei vorrebbe portare come ospite al Meeting 2020.
“La lista dei prospect è lunga e ricca. Nessuna anticipazione, ma posso dire che siamo sulla strada buona per novità significative”.