Con una riflessione del vescovo di Rimini Francesco Lambiasi, sull’unità e la comunione della Chiesa, chiamata, “nel rispetto del ministero di ciascuno” a escludere “ogni tipo di particolarismo e settarismo”, si è conclusa domenica 30 settembre, la tre giorni del Festival Francescano. Un’edizione, quella di quest’anno, che ha fatto tappa per la prima volta a Rimini dopo i tre anni organizzati a Reggio Emilia, ma che ha saputo, al di là del cambio geografico, far riecheggiare tra le vie e le piazze del centro riminese lo spirito tipico dell’Ordine Francescano. Fratellanza, condivisione e amicizia sono stati gli ingredienti principali degli oltre cento appuntamenti in cartellone, insieme a quella gioia che, come ha affermato suor Nella Letizia, clarissa del Monastero di San Bernardino, “è uno degli elementi caratterizzanti della spiritualità di Santa Chiara”. Proprio sulla santa, prima donna nella storia della Chiesa a firmare una Regola monastica, si è focalizzato l’intero evento, all’insegna del “Femminile plurale” (dal titolo di questa quarta edizione), nell’ottavo centenario della sua consacrazione.
Chiara, i giovani, la famiglia. Numerose sono state a Rimini le occasioni per cogliere l’eredità spirituale di Chiara d’Assisi e per riflettere, più in generale, sul ruolo della donna nella Chiesa. Diverse le occasioni di ritrovo: dalle conferenze più “tecniche”, come quelle sull’esperienza del corpo nella preghiera, ad opera delle clarisse di San Bernardino (con un Monastero comunque gremito nel pomeriggio di domenica), agli spettacoli di danza e teatro; dagli itinerari nei luoghi di culto francescani organizzati per l’occasione, ai momenti di preghiera in piazza, fino all’attesa predicazione in piazza Cavour di fra Antonio Tofanelli, ministro provinciale dei Cappuccini dell’Umbria. Circa un migliaio, soprattutto giovani, i partecipanti all’incontro con lo scrittore Alessandro D’Avenia che ha sottolineato la necessità per le nuove generazioni di essere comprese nella loro bellezza e la capacità di Dio di intervenire laddove “l’uomo può fallire”, con uno “sguardo che rimette al mondo”. Non solo l’autore di Bianca come il latte, rossa come il sangue, ha attirato però l’attenzione dei più giovani: quasi tutte le scuole del territorio, dalle materne alle superiori sono state coinvolte nelle varie iniziative, così come le famiglie, riunite in centinaia al PalaFlaminio – solo per fare un esempio – per il concerto del piccolo Coro Mariele Ventre dell’Antoniano di domenica pomeriggio.
Buongiorno, brava gente. Il vescovo Lambiasi è anche intervenuto all’inaugurazione del Festival.“Pace a tutti”. – aveva esordito– “In realtà, secondo gli studiosi francescani il vero saluto di San Francesco non era ‘Pace e bene’ quanto ‘buongiorno, brava gente’. L’ho scoperto in un convento francescano a Poggio Bustone, nel Reatino. Con questo saluto, il Santo d’Assisi dimostrava di saper parlare la lingua del suo tempo per dialogare con la gente”.
Il tema toccato a mons. Lambiasi riguardava le donne del Vangelo e Gesù. “Il contesto in cui ha vissuto Gesù non era certo favorevole alla pari dignità di uomo e donna nella diversità, nonostante la Genesi (il primo libro della Bibbia) avesse dato indicazioni precise al riguardo. Nonostante l’ambiente poco favorevole, quando non apertamente ostile, Gesù parla e compie gesti per la pari dignità di uomo e donna nella diversità. Non solo: Gesù introduce una novità assoluta: la verginità. Il completamento della donna non si realizza soltanto nel matrimonio, ma può realizzarsi anche in questa nuova, radicale, scelta d’amore”.
“Francesco e Chiara – è stata la conclusione – hanno fatto tesoro dell’innovazione di Cristo e ne sono stati personali, convincenti prosecutori”.
Alessandra Leardini