Chiara e quel sogno in punta di piedi

    Qualcuno ricorderà Chiara Borsetti, la giovane danzatrice riminese, emigrata in America, la cui storia era finita sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e statunitensi. Un talento innato, il suo, affinato da anni di danza ed esercizi senza sosta che l’hanno fatta prima scoprire nella sua città, Rimini, poi arrivare fino a Milano e infine, dopo essere stata notata da Alessandra Ferri, etoile del Teatro alla Scala e dell’American Ballet Theatre di New York, approdare in America.
    Ma andiamo con ordine.
    Chiara, classe 1990, inizia a fare danza giovanissima, a 13 anni. Dopo appena un anno di danza moderna i suoi maestri le consigliano di fare classica, convinti che abbia tutte le qualità e le doti necessarie per diventare una grande ballerina. La previsione si rivela corretta e Chiara inizia a bruciare le tappe. Dopo un anno alla scuola di danza Arabesque di Rimini decide, su consiglio dei suoi insegnanti, di provare un’audizione alla scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano. Viene ammessa, e nel luglio dello stesso anno frequenta uno stage con Philip Beamisch, uno dei più grandi maestri di danza del mondo che vede in lei grandi capacità e suggerisce ai genitori di darle un’opportunità degna del suo talento. Alessandra Ferri, appena la vede danzare, rincara la dose: “Chiara deve tentare un’audizione alla School of American Ballet di New York”. La strada è quella giusta. Il 22 settembre 2004 la giovane stella riminese riceve una telefonata da oltreoceano: è stata ammessa. Questo accadeva cinque anni fa. E in questo lustro, di cose, ne sono cambiate.
    Chiara, ci racconti che cosa è successo dopo quella telefonata?
    “È successo che sono partita per New York e ho iniziato a frequentare la School of American Ballet. Grazie all’aiuto della mia famiglia, dello stesso Beamisch e di Alessandra Ferri sono riuscita anche a trovare una sistemazione e a studiare. Il 2004 e il 2005 sono stati gli anni in cui i media si sono occupati di me. Uscirono notizie sui giornali, nacquero siti internet per aiutarmi e in molti si attivarono per fare in modo che la mia esperienza newyorkese continuasse. Ma dopo il primo anno, nonostante l’ammissione al corso successivo, dovetti tornare a casa”.
    Come mai?
    “Per due motivi. Il primo fu di ordine finanziario. Per la mia famiglia sostenere il peso di una permanenza all’estero era molto difficile anche perché, nel 2005, e qui entra in ballo la seconda motivazione, mi diagnosticarono una displasia ossea e, tra assicurazione e analisi, i costi aumentarono sempre di più. Per fortuna appena tornata in Italia scoprii di non avere nulla”.

    Ma l’anno speso a New York non è stato certo sprecato. Non solo Chiara ha affinato le sue doti ma ha iniziato a prendere coscienza, a 16 anni, delle sue capacità straordinarie. Dotata di natura, con un fisico snello e alto, in Chiara si fa ormai strada l’idea che quella intrapresa sia la sua carriera. E nella sua vita tutto comincia ancora di più a ruotare attorno alla danza. Infatti torna a Rimini solo per scappare verso un’altra meta: Roma. Qui Chiara passa due anni al teatro dell’Opera sotto la guida di Paola Jorio. Il tempo che la danza le lascia libero è davvero poco, per non dire nullo. La sua vita si concentra sugli esercizi, e per il resto si stabilisce presso il collegio delle suore di San Sisto. Poi di nuovo in America, Miami.
    Sembra che tu sia un tutt’uno con la danza.
    “Oggi mi rendo conto che non posso più perdere l’abitudine di ballare. Se passo solo un po’ di tempo senza la danza sento subito l’esigenza di rimettermi alla sbarra, di non perdere il ritmo. Anche ora, che sono qui a Miami e vivo da sola, quando torno in Italia, per un mese, dopo qualche giorno senza la danza ho come bisogno di riprendere a fare gli esercizi”.
    A proposito, come sei arrivata a Miami?
    “Dopo i due anni a Roma, finito il corso, ho fatto una nuova audizione al Miami City Ballet School. Sono partita nel 2007 e ora sono ancora qui. La mia giornata è scandita dal lavoro. Mi alzo alle 7, alle 8.30 sono a scuola e inizio subito a danzare. Il tempo di una pausa per mangiare un panino e poi si ricomincia fino alle 17. Poi torno a casa, mangio qualcosa e crollo dal sonno”.
    E i tuoi genitori? Il tuo paese?
    “Ovviamente mi mancano, ma ci sentiamo tutti i giorni via Skype, parlandoci al computer e raccontandoci le nostre cose. L’Italia mi manca. Anche se vivo fuori da tanto tempo mi sento sempre italianissima e mi piace portare con me la mia storia. È vero, in Italia non ho lasciato tanti amici, non ho fatto in tempo a farmeli, però mi mancano lo stesso le persone che conosco, ma anche il ritmo di vita più tranquillo. Solo per dirne una, il tempo per mangiare. Mi piacerebbe poter fare una pausa pranzo che sia un momento in cui stare assieme e fare quattro chiacchiere. Qui tutto è incentrato attorno al lavoro, non c’è altro. Venti minuti per mangiare un panino e si riprende”.
    Com’è la tua vita oggi, cosa non cambieresti?
    “Nonostante le difficoltà e i momenti di malinconia, che sono davvero tanti, non cambierei la mia strada, per nulla al mondo. Non posso pensare a me senza la danza, e non posso certo fermarmi adesso. Inoltre devo dire che amo molto spostarmi, viaggiare e conoscere gente nuova. Miami è un posto splendido. Sembra una città delle vacanze. È sempre caldo e la cosa favorisce il buon umore. Ci sono tantissimi stranieri, soprattutto latini, e anche il mio essere italiana è molto apprezzato. Il mio sogno, comunque, è quello di tornare a New York. Là ho davvero lasciato il cuore. Ma alcune strade sono ormai precluse. In molti teatri concedono le audizioni solo agli studenti che si sono diplomati nella loro scuola, per cui non ci sono altri modi di entrare. Ora, che ho quasi finito la scuola di Miami, sto preparando quante più esibizioni possibili. Non so dove andrò a finire. Potrei anche tornare in Europa, o rimanere qui ma in altre città, a Seattle o in altri stati”.

    Stefano Rossini