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Chiara e Francesco: un’altra storia

Il Festival francescano ha portato a Rimini anche fior di storici del francescanesimo. Fra essi Chiara Frugoni, una delle più note medievaliste viventi. Per due giorni e tre incontri ha intrattenuto nella Sala del Giudizio al Museo della Città un pubblico attento e affascinato sul tema “Francesco e Chiara: immagini e parole”.

Professoressa Frugoni, quali sono le differenze fra Francesco e Chiara?
“Chiara era più giovane di Francesco di circa una decina d’anni. Francesco muore nel 1226, Chiara gli sopravvive molti anni, e muore nel 1253. La diversità fra la loro origine sociale ha una certa rilevanza. Francesco è figlio di un mercante, anche se molto ricco, mentre Chiara è figlia di una famiglia nobile, una delle più importanti di Assisi. Chiara quindi è più colta, conosce bene il latino, e ha una mentalità diversa da Francesco perché, per esempio, non ha, come lui, orrore del denaro. Per Francesco il fatto di essere figlio di un mercante è sentito come un marchio, anche perché suo padre era anche usuraio. Dice ai frati che non devono mai toccare il denaro. Per lui anche chiedere la carità era rubare ai poveri. Noi siamo abituati a parlare di ordini mendicanti, ma al tempo di Francesco era assolutamente proibito chiedere l’elemosina. Tutti dovevano vivere con il lavoro delle proprie mani e Francesco puniva i frati che avevano toccato del denaro, sia pure per usarlo poi per i malati. Non andava bene lo stesso.
Invece Chiara, anche nella regola che scriverà, dice che, se qualche parente dà dei soldi a una monaca, la Superiora glieli deve lasciare, sarà la monaca stessa a decidere cosa farne, se tenerli per sé o darli a un’altra consorella oppure ai poveri. In un certo senso quella di Chiara è una regola assai più difficile da mettere in pratica, perché lascia più libertà alla propria coscienza. Niente è stabilito prima. Una regola che definisce anche i più minimi dettagli della vita quotidiana può essere più consolante, più rassicurante. Per Chiara l’essenziale è che ogni giorno si ripensi alla propria promessa di rimettere in pratica il Vangelo. Si è affidati alla propria coscienza”.

Che cos’è il privilegio dell’altissima povertà da lei richiesto al Papa?
“La Chiesa fino a quel tempo, e anche molto dopo, pensava che le donne dovessero essere custodite e tenute al riparo da ogni pericolo del mondo, quindi il monastero doveva avere delle rendite, possedere poderi, in cui molta gente lavorasse per le monache. Solo così, non avendo alcuna preoccupazione al mondo, queste avrebbero potuto occuparsi soltanto di pregare, di condurre una vita ascetica, di digiunare. Ciò voleva dire una vita completamente lontana, separata dal mondo. La Chiesa, non concepiva assolutamente alcun ruolo per la donna. Bisogna arrivare fin quasi al 1500 per incontrare donne religiose che lavorano negli ospedali o che insegnano. Prima per le donne c’era solo la clausura. Chiara, invece, voleva portare avanti la proposta di Francesco, naturalmente con alcune limitazioni e cautele perché anche lei, donna di quel tempo, non è che pensasse di andare in piazza. Però, come si desume da tante cose che lei dice, prevedeva non solo un continuo rapporto con Assisi, ma anche delle sue monache con la gente. Il suo è un monastero aperto, vanno e vengono una quantità di persone: mamme con bambini che si sono fatti male, donne che soffrono, ma anche uomini che hanno problemi con la moglie… E Chiara predica, fa proprio delle prediche.
Inoltre Chiara non definisce mai in maniera molto precisa il rapporto con le monache che servono fuori del monastero, lei le tratta esattamente allo stesso modo delle monache che rimangono dentro il monastero. Dagli indizi che si possono ricavare sono monache che vanno a curare dei malati, soprattutto le lebbrose. E lei dice loro: «Quando siete per la strada e incontrate la gente, dite quanto è bello il creato, quanto sono belli i fiori, cercate di dire, appunto, la gratitudine che bisogna avere per questo mondo così bello». Quindi lei prevede delle monache che parlino, che non tacciano e, anzi, facciano anche delle piccole esortazioni. È una concezione estremamente aperta”.

Quali rapporti fra i due tipi di monache?
“Nella regola lei prevede che siano trattate tutte allo stesso modo, non c’è nessuna diversità di servizi e di funzioni. Si potrebbe dedurre, anche se questo lei non lo specifica, che pensasse a una specie di respiro alterno tra monache che ogni tanto escono e altre che invece passano un tempo in meditazione. Così come, del resto, pensava lo stesso Francesco”.

Non c’era nessuna gerarchia di status?
“Non c’era alcuna gerarchia. Invece nelle regole che verranno dopo, o in quelle che c’erano prima per altri tipi di monache, c’è una diversità molto forte fra le monache «da coro», quelle che cioè entrano nel monastero anche con una dote, e quelle «serviziali», cioè, diciamolo pure, serve. Sono anche vestite in un’altra maniera e sono separate dalle altre”.

Chiara entra senza dote… fu proprio una scelta premeditata?
“La scelta di Chiara certamente fu precisa. Quello che fa impressione è che lei, pur avendo solo diciotto anni, aveva le idee chiarissime. E al suo progetto lei si mantiene fedelissima sia quando c’è Francesco, sia quando Francesco non c’è più. Anche nell’iconografia si vede il vescovo che dà la palma a Chiara il giorno prima della sua fuga. E però dietro al vescovo c’è già san Francesco con le forbici pronte per tagliarle i capelli. Con questo si vuol dire che il vescovo è d’accordo con la scelta di Chiara, che, comunque, era molto audace, perché a quel tempo Francesco e compagni non avevano ancora una regola. Chiara sceglie di unirsi a una compagnia di giovani, certamente religiosi e dabbene, però che non erano ancora inquadrati in una regola”.

Perché l’ ideale della povertà si diffonde con tanta forza nel tempo di Francesco e Chiara?
“Beh, siamo in una società in grande evoluzione e ci sono classi sociali che diventano molto ricche, le classi dei mercanti, di chi presta denaro. È una società che conosce un improvviso benessere, pare anche proprio per condizioni climatiche. La rinascita dell’anno Mille sembra legata anche all’aumento di un grado della temperatura, che permette raccolti migliori, quindi gente che mangia di più e si ammala di meno, che è più forte e può lavorare di più. E però è anche una società sottoposta a terribili squilibri dove basta pochissimo per cadere in povertà. Una tempesta, un’attività fallisce, qualcuno cade da un’impalcatura e non può più lavorare… Come niente uno diventa storpio, cieco, non c’è alcuna forma di mutua. Poi tanta gente viene uccisa, ferita… È una vita caratterizzata da grande violenza e da una grande instabilità. La Chiesa, al tempo di Francesco e di Chiara, continua a dare aiuto ai poveri, e però mantiene tutti i suoi privilegi. Chiara e Francesco fanno un salto, si mettono tra i poveri. All’inizio anche Francesco non è riconoscibile come francescano, porta un abito regalato da qualcuno. I frati sono vestiti in modo diverso… L’idea è quella di proporre veramente un ritorno al Vangelo com’era espresso da Cristo e dagli Apostoli, che erano poveri”.

La regola di Chiara verrà riconosciuta solo tre anni prima della sua morte…
“Chiara, oltre ad aver ormai una fama propria, era la grande amica di Francesco, e quando Francesco diventa santo, cresce anche il prestigio della sua diretta discepola. Chiara del resto aveva sempre continuato a sottolineare di essere «la pianticella di Francesco». Quindi era difficile contestare Chiara senza contestare Francesco. Con Chiara si deve venire a patti”. (u.c.)