Che traffico in quelle vie respiratorie

    “Lo scorso anno nell’asilo di mia figlia ci sono stati parecchi casi di broncopolmonite, ma tanti che sembrava ci fosse un’epidemia”.
    A raccontarlo preoccupata è la mamma di una bambina di cinque anni, che aggiunge: “e se si verificasse di nuovo?”.
    Epidemia? Broncopolmonite diffusa? Di che cosa si è trattato? Se è vero, è possibile che si ripresenti? Con l’inverno alle porte ci sono davvero gli estremi per preoccuparsi per questa malattia? L’avanzata del virus di ceppo A/H1N1 (febbre suina) può avere effetti sulla diffusione di queste problematiche?
    A fare chiarezza sulle molte domande è il Professor Vico Vecchi, Primario dell’U.O. di Pediatria dell’ospedale “Infermi” di Rimini.

    Professor Vecchi, quando parliamo di broncopolmonite di cosa stiamo parlando?
    “Stiamo parlando d’infezioni delle vie aeree inferiori. Frequenti quelle note come polmoniti, acquisite in comunità cioè in ambienti non ospedalieri e quinidi causate da germi acquisiti nei posti più disparati, dalla casa alla scuola, etc…”.
    Sono molti i bambini a rischio? Stiamo parlando di infezioni molto diffuse?
    “Diffuse. Nei paesi industrializzati rappresentano la principale causa di ricovero al pronto soccorso e prima ancora di visita dal medico curante. Se vogliamo parlare di numeri possiamo dire che in Italia, a livello annuale, i soggetti in età pediatrica ad essere colpiti da polmoniti sono 2.5 su 1000. Si registra un picco massimo nel primo anno di vita con 8 casi su 1000. I soggetti più esposti sono i bambini di età inferiore ad un anno con particolare concentrazione nel secondo semestre per diminuire progressivamente fino all’età di 10 anni. I maschi, poi, sono più colpiti delle femmine”.
    È possibile fare una stima di quanti bambini potenzialmente potrebbero ammalarsi?
    “Se consideriamo che la popolazione pediatrica (di età compresa tra 0 e 14 anni) della provincia di Rimini è di circa 42mila soggetti (41.648), possiamo stimare che si dovrebbero verificare dai 100 ai 110 ricoveri l’anno”.
    Sono i numeri che si sono verificati lo scorso anno o ci sono stati dei balzi?
    “In effetti un piccolo balzo c’è stato: rispetto ai 70-80 nuovi casi registrati negli ultimi anni, lo scorso anno abbiamo ricoverato 131 pazienti (casi registrati da luglio 2008 al giugno 2009) di cui una decina con una forma particolarmente aggressiva, tanto che in quel contesto è stato necessario richiedere l’intervento del chirurgo pediatra che ha eseguito l’estrazione dalla cavità pleurica di materiale purolento”.
    C’è una spiegazione a questo aumento?
    “No. Non è possibile dirlo. Potrebbe trattarsi, per esempio, di infezioni dovute a germi antibioticoresistenti o a particolari condizioni psico-fisiche del paziente e quindi con maggiori possibilità di complicanze. Esistono comunque, tutta una serie di concause, come l’aggressività di virus o germi oppure la predisposizione dei soggetti e altro”.
    Può dipendere da fattori ambientali, come l’affollamento di un ambiente chiuso, etc…?
    “Certo. L’affollamento è una delle concause come precedentemente definite (ambiente scolastico, centri commerciali…). Poi ci sono altri fattori come l’inquinamento ambientale, il fumo passivo, la temperatura domestica che se è superiore ai 18 gradi può essere controproducente, così come l’aria troppo secca (umidità inferiore al 25%) o troppo umida (umidità superiore al 60%), la malnutrizione, la mancata alimentazione al seno almeno nei primi 5 mesi di vita e altri fattori di tipo sociale. Ci sono, poi, fattori più legati allo stato di salute del soggetto tipo: alterazioni anatomiche, alterazioni genetiche, malattie metaboliche, deficit immunologici”.
    Quali sono i sintomi?
    “È una malattia tipicamente associata a febbre e tosse, ci sono poi casi che esordiscono con sintomatologia atipica in particolare nei soggetti in età prescolare. Ad esempio sono assenti sintomi respiratori e febbre ed unicamente presenti dolori addominali erroneamente attribuiti a possibili appendiciti”.
    In che tempi si guarisce?
    “Dipende. In generale i casi di polmonite hanno un andamento favorevole e guariscono in 3-7 giorni. I pazienti ricoverati in ospedale per forme medio-gravi, invece, richiedono una terapia antibiotica endovenosa per una decina di giorni. Infine ci sono i casi particolarmente severi, come quei dieci che hanno richiesto anche l’intervento chirurgico”.
    Quando è necessario il ricovero?
    “Di regola una polmonite si può trattare a casa. Si indica il ricovero ospedaliero quando ci si rende conto che il bambino vive in una famiglia che non gli può garantire assistenza oppure in caso di grave disidratazione, quando il soggetto necessita di ossigenoterapia o in altri casi gravi che richiedono terapia antibiotica per via endovenosa”.
    Come mai la polmonite viene spesso considerata come una complicanza dell’influenza, sia stagionale e adesso anche dell’influenza da virus A/H1N1?
    “Perchè tra i microrganismi responsabili delle polmoniti ci sono oltre a batteri, funghi, protozoi, anche i virus che prevalgono nei bambini di età inferiore ai 3 anni. I virus più frequenti sono quelli influenzali di tipo A e B, credo che nasca da
    questo l’associazione influenza-complicanza-polmonite. C’è da dire, però che ci sono altri virus che possono determinare questa malattia respiratoria. In generale il 40% dei casi di polmonite in età pediatrica è causata da un virus”.
    Altri fattori rilevanti?
    “Ci sono i batteri che si manifestano prevalentemente nei bambini in età superiore ai 3 anni. Lo streptococco pneumoniae, per esempio, è causa di 1/3 dei casi di polmoniti”.
    Chi l’ha presa tende a riprenderla o si guarisce definitivamente?
    “Si guarisce del tutto anche se si possono manifestare bronchiti asmatiche nei successivi due o tre anni dopo la guarigione. Ma non è una consuetudine”.
    Si può prevenire in qualche modo?
    “Sì, cercando di tenere sotto controllo quelle concause esterne delle quali abbiamo già parlato oppure attraverso le vaccinazioni dell’infanzia. La polmonite è per esempio una complicanza della rosolia, della varicella, della pertosse e dell’influenza. L’esecuzione delle vaccinazioni raccomandate rappresenta una prevenzione importante”.
    Torniamo ai virus e in particolare al virus della febbre suina. Si corrono più rischi con questa influenza?
    “Non più di una normale influenza. Dall’influenza A/H1N1 si guarisce, anzi è meno violenta della normale influenza. I numeri ufficiali parlano di complicanze che arrivano all’uno per mille dei casi. C’è da dire che sarà più diffusa della forma stagionale: circa tre volte di più. Il picco pandemico non si è ancora registrato, aspetteremo dicembre, gennaio e febbraio, adesso non si possono fare delle previsioni sicure”.
    Ha registrato dei casi nel suo reparto?
    “Con certezza 5 casi, ma verosimilmente è un dato sottostimato. In effetti, in un primo momento, le indicazioni del Ministero della Salute raccomandavano di eseguire un prelievo e di effettuare il tampone in tutti casi in cui i sintomi suggerivano il sospetto diagnostico di malattia. Successivamente, seguendo le nuove norme ministeriali abbiamo limitato l’esecuzione degli accertamenti diagnostici solo ai casi gravi. In ogni caso, non abbiamo ricoverato nessun paziente con infezione da virus A/H1N1. Io e i miei collaboratori abbiamo riscontrato che l’andamento clinico della nuova influenza è decisamente favorevole. La terapia si avvale della semplice Tachipirina”.
    Troppo allarmismo, secondo lei?
    “Io inviterei alla prudenza, non ci sono i motivi per drammatizzare e creare panico e poi ci sono anche i vaccini”.
    In merito ai vaccini, i bambini sono inseriti tra le fasce di soggetti deboli da vaccinare; sono pronti questi vaccini?
    “Bisogna fare una precisazione. Ad oggi non esistono dati preliminari di efficacia e di tossicità per quanto riguarda l’utilizzo del vaccino in età pediatrica, anche se sono già note le modalità di somministrazione. Per fare chiarezza dobbiamo attendere le disposizioni del Ministero della Salute e l’approvazione dell’Emea (European Medicines Agency -Agenzia europea dei medicinali)”.
    Cosa vuol dire questo?
    “Vuol dire che il vaccino pandemico, che sarà disponibile in commercio quanto prima, è stato testato con esisto positivo nella fascia di età compresa tra 18-60 anni. Per cui la scheda tecnica non prevede l’indicazione dell’uso del vaccino in età pediatrica per la presenza di una sostanza adiuvante denominata MF59 la cui innocuità non è stata dimostra in età pediatrica. Tuttavia entro il mese di settembre-ottobre si completeranno due studi sperimentali condotti in età pediatrica (6 mesi-17 anni) per valutare la sicurezza e tollerabilità di un vaccino adatto a questa fascia di età. Il Ministero della Salute darà inoltre disposizioni su chi vaccinare, che potrebbero essere sovrapponibili a quelle previste per il vaccino antinfluenzale stagionale, limitato a soggetti a rischio. La probabile cronologia di esecuzione delle due vaccinazioni antinfluenzali (stagionale e pandemica) dovrebbe seguire la seguente sequenza: stagionale prima, pandemica dopo”.
    Dobbiamo preoccuparci di questa nuova influenza? Soprattutto per i bambini che hanno già avuto un trascorso di infezioni delle alte vie respiratorie, visto che quando si parla di morti per virus A/H1N1 si associano sempre a complicazioni delle vie respiratorie?
    “Direi proprio di no. Un bambino sano è in grado di superare più episodi infettivi senza particolare difficoltà. Il mandato che abbiamo ricevuto dalla Direzione Sanitaria è quello di agire con prudenza e di non creare allarmismi ingiustificati”.

    Angela De Rubeis