Home Sport Una famiglia sotto rete

Una famiglia sotto rete

Marito, moglie e figlia. Allenatore, veterana alzatrice che fa da chioccia alla crescita continua della figlia, che gioca nel suo stesso ruolo. Tutti e tre innamorati della pallavolo. Viserba come località nella quale si svolge il tutto. La trama di un film? No, si tratta della curiosa e interessante situazione che tutti i giorni vede come protagonista la squadra della Greenline Viserba Volley. Infatti il team rosa riminese è allenato Luigi Morolli (48 anni, dipendente con ruolo di responsabilità in una banca, per due anni allenatore del Forlì in A1), che tra le giocatrici della rosa dispone di due alzatrici: la moglie, Doria Carnesecchi (46enne casalinga che ha militato anche nel massimo campionato italiano), ed Elisa Morolli (19enne studentessa di ragioneria). Motivazioni diverse, ruoli differenti, ma la stessa identica passione.
Come vi siete avvicinati alla pallavolo?
Doria
: “Ho iniziato a giocare nella parrocchia di Miramare, quando affrontavamo all’aperto le squadre delle altre parrocchie. Poi la passione è cresciuta sempre più tanto da creare una vera e propria squadra”.
Luigi: “All’epoca giocava anche mia sorella e ci siamo trasmessi la passione a vicenda. Ho cominciato subito a praticare questo sport a livello agonistico e siccome quella volta c’erano meno giocatori arrivai presto nella prima squadra del Viserba in serie C”.
Elisa: “Inizialmente non praticavo la pallavolo e ho provato altri sport, nonostante andassi sempre in giro con i miei genitori. Poi ho capito che era quella la mia disciplina e, in quinta elementare, ho intrapreso un percorso sportivo che dura tuttora”.
Riuscite a non portare in famiglia le delusioni e le gioie derivanti dallo sport che praticate?
D
: “È difficile. Ogni tanto qualche scontro c’è ma a livelli normali che non compromettono la realtà famigliare. Si tratta di scambi di idee. Parliamo veramente poco di pallavolo in casa, magari per analizzare la prossima avversaria che si incontra”.
L: “È uno sforzo che cerchiamo di fare. Alcune volte si sconfina ma dato che i tre quarti della famiglia vivono i fatti sul campo si parla molto poco di pallavolo in casa”.
E: “Direi che per ora ci è riuscito abbastanza bene perché tutto quello che accade sta rimanendo in palestra. Magari subito dopo una partita non è facile non parlarne, ma tutto sommato il volley rimne fuori la porta di casa”.
Mamma e figlia alzatrici: come vivete la vostra rivalità sportiva?
D
: “Abbastanza tranquillamente. Cerco di non rompere le scatole e di stare buona. Il tempo ed i mezzi giocano a suo favore, ma lei deve sempre esprimersi ai suoi livelli perché sa che dietro ci sono io che scalpito per entrare. A casa sono la mamma, una volta entrati in palestra divento la seconda palleggiatrice della squadra ed i ruoli sono diversi. Però molto spesso non sono tanto le parole che contano, quanto i gesti”.
E: “A casa è mia mamma punto e basta. In palestra, invece, la vedo come un esempio e molto spesso cerco di apprendere dai suoi comportamenti. Se certi atteggiamenti non li avessi visti da lei, potrebbe anche essere che da sola non ci sarei arrivata. In campo essere sostituita da lei è un onore. Ma l’onore è ancora più grande quando riesco a starle davanti”.
Interviene Luigi, allenatore-marito e padre.
“Sicuramente non è una situazione facile o banale, ed è quella più difficile da gestire. Le motivazioni che le spingono a raggiungere l’obiettivo di giocare sono diverse. Alla fine deve vincere comunque l’intelligenza ”.
Qual è stato il momento più bello e più brutto della vostra carriera?
D
: “Tra i più belli cito lo Scudetto vinto con la Teodora Ravenna nel 1991 e la promozione in B1 conquistata con il Viserba. In quest’ultimo caso non sapevo neanche se sarei riuscita a rientrare in campo dopo il grave infortunio subito alla spalla a causa di una caduta. Proprio questo incidente è stato, invece, il momento più brutto”.
L: “Da allenatore la soddisfazione più grande è stata quella di aver terminato il lavoro iniziato in B1 con il Pesaro con la promozione ottenuta in A1. Era un’età nella quale non sentivo la fatica. Purtroppo poi, e questa è la delusione più grande, Pesaro non mi ha riconfermato fornendo motivazioni abbastanza strane: volevano un allenatore professionista che si dedicasse solo alla pallavolo e io, invece, non volevo lasciare il mio lavoro. In quella stagione la formazione marchigiana retrocesse anche. Alla fine, nel 2003, ho esordito in A1 con Forlì contro il Perugia di Barbolini e della Aguero”.
E: “Ho vissuto dei bei momenti nelle giovanili disputando la finale del Trofeo delle Regioni e con la salvezza ottenuta a bruciapelo al mio primo anno di B1 con il Forlì. Il ricordo più brutto è la mancata promozione con il Pesaro quando giocavo in serie C”.
Definite gli altri due con tre aggettivi?
D
: “Luigi è paziente, vincente ed ostinato, mentre Elisa è una brava figlia, testarda e coraggiosa”.
L: “A livello sportivo mia moglie è trainante, perché mi ha dato stimoli nei momenti più difficili; poi è cocciuta, nel raggiungere gli obiettivi, e di ferro, visto che a 46 anni è ancora in attività. A mia figlia invidio il carattere: è determinata e fredda per le scelte che è riuscita a fare, ma alla sua età è anche inesperta”.
E: “Insieme formano una coppia che si può definire vincente, perché lo sono entrambi. Mia madre, inoltre, è grintosa e giovanile mentre mio padre è determinato e dolce”.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
D
: “Mi piacerebbe giocare con l’altra mia figlia di 9 anni, ma temo sarà impossibile (ride). Per il resto lo sport mi ha dato moltissimo, e mi piacerebbe portare la mia esperienza ai giovani perché lo sport fa crescere e toglie anche i ragazzi dalle strade”.
L: “Voglio fare pallavolo per divertimento: quando questo non avviene costa molto a livello mentale. Adesso lo scopo è quello di vedere chi è in squadra con me divertirsi, possibilmente vincendo. Al momento sto facendo la stessa vita di quando avevo 25 anni e non tutti hanno questa opportunità! Questo sport mi ha dato tanto maturandomi a dismisura, permettendomi di capire le persone, ovviamente passando anche per le delusioni”.
E: “Vorrei continuare la mia carriera arrivando sempre più in altro. Ma ogni discorso lo voglio rimandare perché prima voglio conquistare il ruolo di prima palleggiatrice nel Viserba. A quel punto sarei già un pezzo avanti. Lo sport in generale mi ha insegnato a non mollare mai perché le situazioni vanno affrontate”.

Matteo Petrucci