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Una comunità ricca di operatori

Dal MArecchia fino a San Marino si estende il territorio di competenza pastorale di don Nicola Spadoni: dal Marecchia con la parrocchia di Santa Maria di Corpolò e fino alla repubblica di San Marino con la parrocchia dei santi Cristina e Paolo.
A Corpolò don Nicola è parroco da quarant’anni abbondanti, esattamente dal 9 marzo 1969, mentre è diventato Amministratore parrocchiale dei santi Cristina e Paolo nel 2001, in seguito all’ingresso nel monastero di Fiastra di don Valentino (ora padre Pietro), già parroco su quelle colline.
Sempre più preti si trovano ad estendere le loro “giurisdizioni” pastorali; ma mentre tempo addietro ciò sarebbe risultato un onore, oggi è piuttosto un onere, perché sempre maggiori sono le esigenze della gente e sempre più urgente il compito di una nuova evangelizzazione.

“Uno degli obiettivi del mio ministero di parroco è proprio quello di portare la parrocchia da una pastorale dei sacramenti ad una pastorale di evangelizzazione. In altre parole non si conferiscono i sacramenti senza previa evangelizzazione”.

Dal Battesimo al Matrimonio: occasioni preziose per evangelizzare, ma come?
“Noi partiamo dal Battesimo, dove non si tratta di trasmettere la fede ai battezzandi, essendo questi generalmente bambini piccoli, ma di far riscoprire ai genitori il loro battesimo e le loro responsabilità educative. Fin dall’inizio della vita cristiana si gioca tutto il futuro della fede e del Vangelo. A questo scopo in parrocchia abbiamo dei responsabili della catechesi battesimale che incontrano i genitori per preparare il battesimo: tre incontri in tutto, due nelle loro case e uno in parrocchia.
Poi, naturalmente, c’è la catechesi dei fanciulli, dai tre anni fino alla seconda media, con le tappe intermedie della prima Confessione, la prima Comunione e la Cresima. Il metodo che seguiamo è quello del Buon Pastore. Ma anche la catechesi ai fanciulli è occasione di incontro coi genitori: quattro o cinque incontri all’anno.
Per quanto riguarda il matrimonio e più in generale la vita familiare, abbiamo delle coppie disponibili a seguire le famiglie in difficoltà, a incontrare i giovani sposi e a organizzare il corso in preparazione al Matrimonio. La preparazione dei fidanzati inizia generalmente subito dopo Pasqua e prevede una decina di incontri”.

Ma basta l’evangelizzazione in occasione dei sacramenti? Non rimangono ampi settori scoperti?
“Per gli adulti in generale, che non hanno cioè particolari occasione di evangelizzazione, esiste anche il Cammino Neocatecumenale. In parrocchia sono suddivisi in otto comunità di una quarantina di persone ciascuna. Il Cammino Neocatecumenale è un aiuto offerto a tutti per riscoprire la ricchezza del Battesimo e della vita cristiana. Non è un movimento, ma un metodo, un tempo di crescita per giungere ad una fede adulta che mostri i segni dell’amore e dell’unità e porti ad un pieno coinvolgimento nella missione di evangelizzazione della parrocchia. Un lasciarsi evangelizzare per diventare poi evangelizzatori. Questo cammino è ricco di iniziative e di occasioni: dalla celebrazione della Parola in un giorno feriale della settimana, alla celebrazione eucaristica al sabato sera, dalle convivenze ai ritiri mensili e ai momenti specifici di ciascuna comunità”.

Sfogliando un tuo libretto, che si potrebbe definire un annuario parrocchiale, noto uno strano settore della vita pastorale: la pastorale escatologica. Anche questo è un campo di evangelizzazione?
“Naturalmente non per chi muore, ma per i familiari e gli amici che restano. La malattia e il lutto sono grandi occasioni di evangelizzazione perché lì si mette a nudo il senso ed il valore della vita. È proprio la morte che ci interroga sul senso della vita. Il gruppo di pastorale escatologica si occupa principalmente di animare la celebrazione della messa esequiale ed essere vicini alla famiglia in occasione della morte dei congiunti”.

La centralità di una nuova evangelizzazione è stata messa a fuoco già dal Concilio Vaticano II e poi, con tanta sollecitudine, da Giovanni Paolo II. Ma come fai ad essere presente a tutte le realtà, ora che la parrocchia si è così ampliata da comprendere anche Santa Cristina e San Paolo?
“Grazie a Dio posso contare sulla collaborazione preziosa di tanti operatori pastorali. Fra Corpolò e Santa Cristina e San Paolo ho più di ottanta collaboratori in tutti i campi della pastorale. A Santa Cristina e a San Paolo poi, dal momento che non risiedo là, ho anche due persone che sono un po’ i referenti locali per tutti i parrocchiani; così quando si presenta qualche necessità, loro sono il primo punto di riferimento e i miei primi interlocutori”.

Considerando le dimensioni numeriche della popolazione della parrocchia, in totale circa 2.300 anime, comprendendo anche Santa Cristina e San Paolo, c’è una realtà molto grande e affascinante, quella degli Scout.
“Sì, gli scout sono una bella, consistente realtà giovanile della parrocchia. Comprende tutte le tappe dello scoutismo: dai Lupetti al Clan, passando per la Comunità Capi. Il nostro gruppo, denominato Rimini 8, conta attualmente un centinaio di iscritti.
Sempre gli scout, poi, animano e organizzano momenti come la festa parrocchiale di San Giuseppe con le gare tra i vari rioni del paese, i pranzi di solidarietà (ad esempio per sostenere Operazione Cuore e le attività di Marilena Pesaresi) e il falò di San Giuseppe”.

La pastorale giovanile ha altre frecce nel suo arco. “Un’altra bella realtà è quella dei gruppi giovanile del post Cresima. Questi ragazzi, una sessantina, si incontrano ogni settimana nei vari gruppi. Il loro cammino è portato avanti da sei coppie di educatori con quattro incontri mensili, di cui tre nelle famiglie e uno in parrocchia.
E poi c’è una iniziativa particolare per i giovani: la celebrazione della Decennale. A dieci anni dalla prima Comunione si invitano i giovani a riscoprire e a rivivere l’importanza dell’Eucaristia mediante alcuni incontri (almeno tre). È un’occasione per rivedere la loro situazione di fede e aiutarli nelle difficoltà dell’età. La celebrazione della Decennale, alla quale partecipano tutti o quasi, avviene in concomitanza con la festa di prima Comunione”.

Torniamo a parlare un po’ dell’organizzazione generale; per esempio, come funziona il catechismo con due realtà parrocchiali? E il Consiglio Pastorale? E la celebrazione della Messa?
“Il catechismo si fa sia a Corpolò che a San Paolo. Qui a Corpolò abbiamo una ventina di catechisti, mentre a San Paolo sono una decina.
Per quanto riguarda gli organismi di partecipazione abbiamo pensato di costituire un solo Consiglio Pastorale Parrocchiale, mentre sono distinti i Consigli economici.
Con il Consiglio Pastorale abbiamo concordato anche l’orario per la celebrazione delle messe: nei giorni feriali si celebra solo a Corpolò, salvo le scontate e dovute eccezioni; alla domenica e nei giorni festivi celebriamo una messa a San Paolo nei mesi pari e a Santa Cristina nei mesi dispari. Così valorizziamo a turno tutte e due le chiese: quella nuova di San Paolo e quella magnificamente restaurata dell’antica pieve di Santa Cristina.
A Santa Cristina poi c’è anche un efficiente Circolo ACLI, occasione di incontro e di socializzazione per quasi tutti i parrocchiani e i residenti della zona”.

Se non ricordo male, a San Paolo, tua “residenza di campagna”, fate anche un incontro settimanale tra preti.
“Esattamente. Ogni giovedì ci troviamo insieme una decina di preti per pregare, fare la lectio sulla Parola di Dio della domenica e per pranzare insieme. È un momento di fraternità arricchente e spiritualmente molto salutare, iniziato da don Valentino quand’era parroco a S. Paolo”.

In questa nostra chiacchierata abbiamo messo in evidenza soprattutto gli aspetti positivi della vita parrocchiale, che portano sempre con sé anche difficoltà e problemi.
“Sinteticamente posso evidenziarne tre: la difficoltà di raggiungere le persone lontane dalla fede e dalla Chiesa; la difficoltà di coinvolgere le famiglie (in particolare i nuclei che stanno arrivando nella zona nuova della parrocchia) nella trasmissione della fede ai figli, non limitandosi solo alla preparazione immediata e alla partecipazione ai sacramenti; ed il bisogno di una maggiore comunione e condivisione fra le diverse realtà presenti in parrocchia”.
Focalizzare le difficoltà serve a migliorare l’impegno pastorale. Questo succederà sicuramente anche a Corpolò.

Egidio Brigliadori