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Un Dio che pulsa in noi

ANNO DELLA PREGHIERA

di Cristiana Dobner

Preghiera termine caduto in disuso, dileggiato e, troppo spesso, celato in ogni nostro rapporto umano.

Non per riservatezza, per pudore, ma per non passare da retrogradi che credono ancora di essere stati creati, voluti e amati da Dio.

L’alleanza che l’Altissimo ha tagliato con il popolo d’Israele non è soltanto una relazione ma ben di più apre uno scenario alla dimensione più profonda del tempo biblico: Dio è divenuto partner dell’uomo. Non lo abbandonerà mai perché l’alleanza è indefettibile. Svela quella che è la vocazione più profonda della creatura umana: amare Dio perché da Dio è amata.

Gesù Cristo, con il suo annuncio e la Sua morte e Risurrezione, ha siglato l’alleanza e ci ha insegnato a pregare, lanciando il nostro grido: Padre nostro.

La Sua Presenza, in noi e fra noi, è sempre in attesa che ce ne ricordiamo, lo invochiamo e lo lodiamo. L’invito di Francesco nell’apertura dell’Anno delle Preghiera, non rimanda a formalità oppure ad una sorta di… esercitazione uggiosa… quale la ripetizione di formule o alla conclamazione… rumorosa.

L’intento è quello di farci scoprire oggi, nel nostro quotidiano pluri-sfaccettato e quindi ricco di stimoli, ma anche contaminato dalla terribile esperienza della velocità, di quell’aspetto del vivere definito… mordi e fuggi…, della reale, almeno possibilità se non concreta esperienza, della Presenza in noi del nostro Creatore che,

non solo ci ha immessi nella storia – non “gettati” e poi scordati – ma che pulsa in noi e muove i nostri passi simultaneamente con i Suoi, mentre continua a creare questo mondo che vuole sfuggirGli, darsi traguardi propri: guadagni, benessere, conquiste.

Accogliere quindi l’invito non a catalogare le preghiere ma a diventare oranti.

Persone che, nel loro vivere e respirare, hanno coscienza di non essere sole ma abitate dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo.

Ascoltare, rispondere, dialogare, fare proprio l’amore trinitario che fluisce sempre.

Tertulliano, Padre della Chiesa, scriveva: “Quando poi lo chiamiamo ‘Padre’, noi implichiamo anche l’appellativo di Dio. Il termine ‘Padre’ nella sua semantica indica tenerezza e autorità. Inoltre nel Padre noi invochiamo il Figlio. Dice infatti: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30). E non tralasciamo neppure la madre, cioè la Chiesa, perché nel Figlio e nel Padre è riconoscibile la madre; da lei infatti il nome del Padre e del Figlio è autorevolmente garantito”.

Francesco in quest’anno, in nome della Chiesa, a questa postura vuole condurci, vuole farcela ricercare, amare e prediligere. Non significa alienarsi dal proprio lavoro, distaccarsi da tutti quasi da misogini. Significa, al contrario, immergersi nel proprio vivere quotidiano sapendosi accompagnati, sapendo a Chi innalzare lo sguardo, ringraziando, lodando, chiedendo aiuto.