Home Vita della chiesa Un’amicizia nata intorno all’altare

Un’amicizia nata intorno all’altare

E’ una giornata fredda e nevosa quella che mi accompagna a Sant’Ermete per l’incontro con il parroco prima della Visita Pastorale. Trovare la chiesa non è stato difficile; un po’ disorientato invece nel cercare la porta della canonica. Per fortuna, però, in chiesa c’era gente che lavorava: il falegname per sistemare il confessionale e tante donne impegnate nelle pulizie. Così una signora mi accompagna con molta gentilezza da don Giuseppe.
Don Giuseppe Maioli è parroco qui dal 1996, successore di don Mario Semproli, ma è prete dal 19 marzo 1971: quarant’anni tondi fra qualche giorno.

“Quarant’anni cominciano ad essere tanti! Quante persone incontrate, quanti giovani nei ventisei anni di insegnamento nei licei di Rimini e Riccione, nelle parrocchie… Non potrei pensare un’altra strada per me, se non quella del prete. Sono certo e contento!”.

E ora, già da quattordici anni, vivi la stessa avventura di prete qui a Sant’Ermete. Dalle strutture che circondano la chiesa, dagli spazi per i giochi, penso che avrai ancora molte opportunità di incontrare gente.
“Sicuramente tanta. Del resto è evidente, nonostante i tempi, il forte bisogno di umanità, di compagnia, di amicizia tra famiglie. In questi anni si sono formati gruppi di famiglie amiche che si organizzano autonomamente per vacanze, per momenti di festa, ed anche per il teatro; infatti hanno formato una compagnia teatrale che produce commedie, rappresentate poi nel periodo natalizio nel nostro teatrino.
Ma la parrocchia è occasione per mille altri incontri, soprattutto il sabato per il catechismo. E il catechismo non è soltanto incontro, ma anche gioco. Come vedi, gli spazi non ci mancano e i ragazzi ne approfittano appena possono, anche negli altri giorni della settimana, quando c’è il bel tempo”.

Penso però che per un parroco il momento di maggiore relazione e incontro con la gente sia la domenica.
“È fuori di dubbio. La celebrazione della messa è veramente il cuore della domenica e della vita parrocchiale. Basti vedere quanti parrocchiani vi partecipano… e sono in aumento! Così la messa, che prima di tutto è incontro col Signore, diventa anche occasione di incontro tra amici e col proprio parroco. E senza bisogno di fare cose strane. La gente riconosce la bellezza della liturgia pur non facendo niente di stravagante. Quello che invece esige è che io non la viva formalmente… E la gente ha l’intelligenza di cogliere se ci sei in prima persona o no”.

Molte volte, nelle parrocchie di campagna (e Sant’Ermete si trova in questa bella campagna della Valmarecchia) la vita dei parrocchiani è scandita da circostanze particolari, da tradizioni, da feste …
“E anche noi abbiamo le nostre feste, veri momenti di amicizia e di grande partecipazione. Basta ricordare, per tutte, la festa della Madonna del Rosario, la terza domenica di settembre. E non solo quella domenica, ma tutta la settimana che la precede è costellata di iniziative, con momenti culturali, serate di festa e giochi con genitori e figli, il triduo di preghiera. Poi il sabato con le confessioni, la messa e la processione per le strade della frazione. La mattina della domenica è dedicata alla messa ed il pomeriggio alla grande festa popolare… È una festa sentita e partecipata che in questi anni ha contribuito a legare le persone tra di loro e alla parrocchia”.

Giovani e ragazzi, già lo accennavi, “sfruttano” volentieri gli spazi ricreativi della parrocchia, ma poi i giovani sanno anche impegnarsi a favore della parrocchia stessa?
“Qualche anno fa, dopo la Cresima, proprio per un rapporto interessante iniziato col catechismo, si è creato un gruppo di ragazzi che ancora oggi continua a incontrarsi con me. Non abbiamo fatto cose straordinarie, ma credo che dentro a questa amicizia capiscano che la loro vita è presa sul serio, altrimenti non mi spigherei la loro fedeltà. C’è solo un rammarico, che solo i ragazzi dell’annata successiva si sono aggregati”.

Forse è banale domandarti come e cosa fate per la catechesi, dal momento che tutte le parrocchie hanno il catechismo.
“Anche noi, come molti o come tutti, facciamo catechismo per l’iniziazione cristiana: incominciamo in terza elementare e terminiamo in seconda media. In mezzo le tappe intermedie con la confessione, la prima Comunione e la Cresima. Come tutti! Quello che a noi sembra bella è l’inizio e la conclusione di ogni anno catechistico, momenti segnati da grande amicizia e festa con genitori e figli. In particolare la conclusione, quando ci prendiamo un’intera giornata, andiamo in gita in una cittadina, per esempio Arezzo, e lì organizziamo una mega caccia al tesoro. Ti assicuro che si divertono tanto i bambini quanto i genitori”.

Forse a volte la catechesi dei bambini è un momento “scontato” quasi dovuto per tradizione o convenzione sociale. E gli adulti?
“Poco tempo dopo il mio arrivo, con alcuni adulti, abbiamo iniziato quella catechesi chiamata «scuola di comunità». Questo gruppo, questa amicizia continua con fedeltà, anche se con qualche avvicendamento. E questo è un grande miracolo di cui essere veramente grati. Sono circa una quindicina di adulti.
Quest’anno poi è iniziato un momento mensile proposto ai genitori sul «Catechismo della Chiesa Cattolica. Speriamo di continuare”.

Come parroco, quali sono le tue principali preoccupazioni?
“Ce lo insegna il Signore con le sue frequentazioni. A Sant’Ermete non tutti vengono in chiesa, ma anche con quelli «lontani» nascono amicizie nelle quali io cerco di esserci, di mantenere rapporti significativi, aspettando magari che sia il Signore ad operare…
E mi preoccupano i ritmi di vita familiare… Pare che le famiglie abbiano il tempo segnato soprattutto dai ritmi della scuola. Così, finite le lezioni, vanno tutti in vacanza, tutti al mare, soprattutto di domenica. E i bambini, nel periodo estivo, spariscono dalla frequentazione della messa domenicale. Questo mi preoccupa perché potrebbe significare che il catechismo sia, per molti, solo un momento convenzionale, che non costruisce la vita”.

Si avvicina la Pasqua ed è tradizione, da noi, andare a benedire le famiglie. Qual è la tua esperienza o la tua opinione in proposito?
“Secondo me, la benedizione alle famiglie prima di Pasqua è un gesto a cui non si può rinunciare. In questo tempo di vaghezza, se non di assenza, della fede e della coscienza di appartenere al popolo di Dio, è un modo per dire: «Gesù c’è, la Chiesa c’è e ti è vicina». Oltretutto è una grande occasione per rendersi conto della realtà della parrocchia”.

Prima di concludere una curiosità: sulla collina antistante domina un campanile in restauro, ma la chiesa è quaggiù nel piano. Come mai?
“Quello è il campanile della vecchia chiesa, abbattuta nel 1955, quando si è pensato di costruirne una nuova qui in basso, più vicino ai nuovi insediamenti. Sant’Ermete non è propriamente un paese, ma un territorio. La parrocchia è costituita da diversi ghetti o borghi: Casale, il Fondo, la Marecchiese… Conta circa 800 famiglie con 2300 abitanti”.

La tua canonica è molto grande. Abiti qui da solo?
“No, grazie a Dio; con me c’è don Paolo di San Martino dei Molini. Facciamo vita insieme, preghiamo insieme, ci aiutiamo. Poi abbiamo anche due ospiti che occupano due stanze. La parte superiore è adibita ad abitazione, il piano terra accoglie le strutture parrocchiali: il teatrino e gli spazi per incontri e catechismo”.
Fuori ancora nevica. Tutto è bianco: segno profetico di novità?

Egidio Brigliadori

Nella foto, la chiesa di Sant’Ermete