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Testimoni di speranza

AZIONE CATTOLICA. Il presidente uscente Manuel Mussoni: le cinque ore dell’orologio della storia

Vorrei prendermi un’ultima responsabilità al termine di questi sette anni di servizio. Tento di rispondere ad una domanda a cui deve saper far fronte un presidente diocesano. Nell’orologio della storia che ore sono?

1 SPERANZA. È l’ora della speranza. È l’ora di cercare un umanesimo promettente. Siamo nel 2024, l’urgenza è guardare nella direzione di una vita desiderabile e feconda. Il peccato contro la speranza non è l’incertezza circa ciò che ci attende dopo la morte, ma è vivere ora da rassegnati.

Dobbiamo pensare alla resurrezione come il destarsi dal sonno pesante di una vita rassegnata, un’esistenza senza un orizzonte.

Chi spera non si lascia scoraggiare dalle insidie, dal calo della partecipazione, dalla perdita di peso specifico nel contesto sociale, ma vive una promessa. Dobbiamo offrire una visione seria della vita, un orizzonte per cui impegnarsi, una chiamata a rendere la vita più desiderabile. Occorre formare persone che abbiano stima di sé.

Sperare significa che la vita non è una sistemazione rassegnata, ma una vocazione. L’umanesimo promettente si può descrivere attraverso coloro che puntano sull’educazione, che lavorano per la giustizia, che creano qualcosa di nuovo lì dove sembrava che non si potesse mai fare diversamente.

La speranza comporta creatività, fantasia, innovazione. Non solo in Ac, non solo in parrocchia, ma nei luoghi di lavoro, negli ambienti che viviamo ogni giorno.

2 PASSIONE. Papa Francesco nell’aprile 2017, in occasione della festa per i 150 anni dell’Ac, aveva chiesto un’Azione cattolica che sia Passione cattolica; ma in cosa consiste questa passione? Ci sono due aspetti che hanno fortemente motivato il mio servizio di presidente in questi sette anni: da una parte l’esigenza di rinvigorire una Chiesa uscita malconcia da scandali e problemi ben documentati; dall’altra la convinzione che il problema principale dell’annuncio di fede non era unicamente legato al fenomeno culturale della secolarizzazione, ma da una percezione alquanto discutibile e deforme di Dio. Il desiderio di mostrare una Chiesa giovane e viva accanto all’esigenza di raccontare un Gesù più affascinante e simpatico hanno motivato, direi appassionato, il mio incarico di presidente di Azione cattolica. Si vive una passione quando si è mossi da un ideale, da un desiderio di cambiamento, di miglioramento. In quest’ora dell’orologio della storia mi chiedo per la nostra associazione e per la nostra Chiesa tutta: quanta passione avvertiamo dentro di noi? Abbiamo l’obiettivo comune di ravvivare la speranza.

3 UNITÀ. L’Azione cattolica oggi ha un compito di straordinaria importanza. Essere strumento di unità. Dobbiamo crescere tanto su questo. Il segno della nostra comunione piena con tutta la Chiesa è la vicinanza al Vescovo e la disponibilità a collaborare sempre. C’è un punto in comune tra la prima omelia del vescovo Francesco e quella del vescovo Nicolò.

Il giorno dell’ingresso a Rimini mons. Lambiasi parlò della distanza relazionale di due fratelli che inseguendo fini individuali non erano uniti e caduti nell’infelicità necessitavano la misericordia di Dio. Mons. Anselmi, nel giorno di insediamento nella nostra chiesa, parlò della rete da pesca e dell’importanza di essere uniti per poter realizzare una raccolta abbondante. Questo richiamo all’unità si traduce in più impegni. Dobbiamo migliorare, io riconosco di non aver lavorato sufficientemente, sull’unitarietà. Non possiamo confi narci nelle attività di settore per puntare alla massima efficienza.

Meglio fare qualcosa in meno, ma con maggior unione e collaborazione. Un’Ac veramente appassionata non ha l’ansia del risultato, ma il desiderio della fraternità. In seconda istanza dobbiamo essere più disponibili a realizzare quel progetto di collaborazione pastorale

che prevede zone o unità in sinergia. Ringrazio chi tra voi ha veramente compiuto uno sforzo in questo senso. L’unità deve essere inoltre tra aggregazioni laicali della chiesa riminese. Occorre proseguire ciò che da oltre vent’anni si sta portando avanti, un percorso di sincera amicizia e vera collaborazione tra le varie aggregazioni.

Il futuro, non lontano, ci chiederà di presiedere determinati territori mettendo insieme persone di buone volontà che possano collaborare coi preti, e il vescovo, nella cura dei percorsi di fede tra la gente. Da dove attingeremo queste persone se non dalle aggregazioni laicali e come pensare ad una grande collaborazione se non insistiamo sin da ora nell’unità tra noi? L’ultima dimensione di unità è quella politica. L’annuncio di fede presuppone l’essere inseriti in una rete territoriale in cui poter collaborare fraternamente per sostenere le persone più fragili e bisognose. In questa dinamica il laicato organizzato ha una responsabilità politica che non riguarda i partiti o i contenuti, ma un’azione concreta e significativa sul territorio. I cristiani che non vivono la politica in questo senso non stanno annunciando la fede.

4 POLITICA. In questi anni ho avuto a cuore le persone che hanno deciso di spendersi nell’amministrazione pubblica. Ho tentato di valorizzare rapporti di amicizia e di dialogo aperto. I politici li ho cercati e ho tentato di sostenerli.

Racconto con orgoglio questo aspetto del mio mandato perché mi pare una fragilità su tutto il territorio nazionale. Talvolta la paura di esporsi eccessivamente porta a isolare chi si impegna.

L’Ac deve sempre far tesoro della sua scelta religiosa, ma non deve isolare chi fa politica e non deve misurare l’amicizia sullo schieramento perché l’unico modo per creare una buona rete in un territorio è quello di essere uniti e collaborare pur nella possibilità di avere punti di vista differenti.

Sempre sul tema della politica c’è un ultimo elemento urgente per la nostra associazione: la disponibilità a vivere concretamente la carità. Da anni si dice che servono meno incontri teorici e più esperienze pratiche. Credo sia l’ora giusta. Abbiamo tante esperienze affascinanti attorno a noi. Nella nostra diocesi possiamo implementare la collaborazione con la Caritas e le altre associazioni e da altre diocesi possiamo attingere proposte ed esperienze davvero interessanti.

5 SINODALITÀ. La sinodalità è legata al sogno di una Chiesa più vicina alla gente, alla vita reale, alle questioni più centrali della quotidianità. Per ipotizzare però che questa immersione nella realtà porti anche a cambiamenti occorre essere pronti ad affrontare serenamente questi passi senza rischiare di farsi travolgere. Una Chiesa che cammina insieme, e che è corresponsabile dell’annuncio della fede, deve indubbiamente pensare che arriveranno novità. L’unica possibilità di vivere bene questa fase, senza essere travolti da litigi, scismi o minacce è l’unità. L’Azione cattolica deve allora insistere nel favorire la comunione tra realtà diverse e nel promuovere un confronto tra punti di vista differenti che non generi conflitto o divisione, ma dialogo fecondo. Solo la fraternità vera, e desiderata, permette di realizzare un percorso sinodale. In questo senso penso che la sfida che hanno davanti i prossimi responsabili sia davvero affascinante.

Manuel Mussoni Presidente diocesano Azione Cattolica Italiana