Sulla cattedra della legalità

    L’infiltrazione è diventata radicamento. Non è allarmismo gratuito. È semplicemente quello che viene fuori dall’ultima relazione semestrale della Dia in riferimento alla presenza di criminalità organizzata in Emilia Romagna.
    Un passaggio, questo, che si è consumato in poco più di 30 anni. Tracce criminali nel settentrione d’Italia, infatti, si cominciano a rilevare ai primi degli anni ’70 quando la soluzione giuridica del soggiorno obbligato ha fatto arrivare alcuni pezzi da novanta delle mafie con la convinzione che lo sradicamento dal territorio natio avrebbe risolto la questione, mentre quel che è successo è stato l’opposto: il nord è, infatti diventato, un territorio vergine da conquistare. Ma ancor prima il flusso migratorio ha nascosto tra le sue pieghe l’arrivo di alcuni personaggi discutibili. E quello che è diventato oggi non si può più discutere. Numeri, testimonianze, indagini, arresti ne hanno dimostrato la presenza ma cosa più importante hanno svelato le dinamiche con le quali si sono radicate e ancora oggi si manifestano. E la conoscenza è il punto di partenza.

    E bene sapere che…
    É bene sapere, per esempio, che se un lavoro in appalto, è dato a dei prezzi stracciati c’è qualcosa che non funziona. Così come non è possibile che alcuni operatori del settore del riciclaggio di rifiuti – industriali o speciali che siano – si possano permettere di mantenersi sul mercato operando prezzi che non ammettono concorrenza.
    Una cosa si è capita: il filo che lega il nord al sud – in questa faccenda – è il denaro.
    L’equazione e delle più semplici, di quelle che la scienza matematica definisce lineari. Meno sangue, meno violenza, meno attenzione su di sé uguale più libertà di movimento, più rispettabilità agli occhi dei possibili interlocutori d’affari, maggiori possibilità di riciclare il denaro che arriva da attività illecite. Il risultato dell’equazione è ancora più lineare e disastroso: un mercato economico drogato. Drogato da capitali che arrivano dal nulla, da giocatori che sullo scacchiere degli scambi economici si possono muovere con le spalle coperte, che al gioco dell’oca hanno un giro di vantaggio su tutti gli altri. Gli altri l’oca non la vedono nemmeno, sono troppo indietro.

    A lezione di legalità
    La scorsa settimana su il Ponte abbiamo pubblicato Qui, libera vita in Libera terra raccontando l’esperienza di un gruppo di giovani che da Rimini sono partiti, la scorsa estate, per Corleone dove hanno zappato e coltivato quelle terre sequestrate ai mafiosi e ora diventate terreno comune, terra dei cittadini, terra liberata. Da quell’estate a Corleone è nato il gruppo antimafia Pio La Torre che sabato 20 novembre, sotto il porticato della piazza del Comune di Rimini ha organizzato e regalato alla città la prima lezione antimafia di piazza.

    L’intervista
    A tenerla è stato Giovanni Tizian, giovane giornalista calabrese di Narcomafie (rivista che fa capo a Libera di don Luigi Ciotti) che ha parlato delle infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna. Tizian ha, infatti, pubblicato su Narcomafie un lungo dossier dedicato a questa regione.
    Con lui, abbiamo cercato di capire alcune cose.
    Giovanni, in principio fu…
    “In principio fu il mercato della droga. In primo luogo il nord – e si può capire come Rimini fosse protagonista in quanto patria del divertimentificio – diventa una piazza di mercato. Parallelamente diventa un punto del passaggio di cocaina ed eroina. Le vie del narco-oro passano dal nord”.
    Tu, hai accennato nella tua lezione di piazza, al fatto che città come Rimini possano diventare lavanderie di denaro sporco per i clan criminali e di come, molto spesso, queste lavanderie si nascondano bene nel sistema degli appalti pubblici, puoi spiegarci meglio questo punto?
    “È tutto molto semplice. Partiamo dal presupposto che il sistema degli appalti e dei subappalti sia un buon sistema per l’illecito perché i molti passaggi di mano permettono di far perdere le tracce al denaro. Però rispetto a questo farei un discorso più ampio per spiegare come ci siano diversi tipi di imprenditori e di situazioni. Ci sono gli imprenditori che subiscono la criminalità. La subiscono, per esempio, perchè gli vengono negate le possibilità di operare dentro un mercato sano; oppure la subiscono in modo più diretto quando vengono minacciati oppure obbligati a rivolgersi a ditte “suggerite” dai clan per le forniture di materiali. Ci sono, però, anche degli imprenditori che ad avere a che fare con le mafie ci guadagnano, creano dei profitti e usufruiscono di benefici. Porto un esempio, a Milano i cantieri pullulano di calabrotti, sono dei calabresi che fanno da collettore tra le criminalità e gli imprenditori lottizzando i lavori in modo da non scontentare nessuno”.
    Ci stai dicendo, quindi, che ci sono aziende alle quali conviene stare con le mafie. Ma quelle che non vogliono dove devono guardare?
    “Sicuramente ci sono aziende che ci fanno affari (basti pensare agli imprenditori che fanno smaltire i loro rifiuti a 8 centesimi di euro al kg, prezzo malavitoso; al posto di 67 centesimi al kg, prezzo di mercato, ndr) però ci sono degli strumenti come per esempio le relazioni della Dia che segnalano quali aziende sono in odore di mafia. Ecco, leggerle ed evitare di farci affari, con quelle aziende segnalate, sarebbe una cosa – a dir poco – responsabile”.
    E ora veniamo a noi, al nostro territorio. Cosa puoi dirci?
    “I locali notturmi, i poker on line e tutto il sistema Rimini, se così possiamo definirlo, hanno un loro appeal questo è innegabile. Se Reggio Emilia viene definita il bancomat delle ’ndrine calabresi, Rimini può essere, traquillamente definita una lavanderia. Mi viene in mente il clamoroso omicidio di Gabriele Guerra legato a famiglie malavitose calabresi, avvenuto nel 2003 a Riccione. Ecco, i figli di uno degli assassini di Guerra gestiscono un locale notturno proprio in Romagna. Non ci sono notizie certe ma il Cattivo pensiero che possa essere una lavanderia è plausibile. cattivo ma plausibile”.
    A quali segnali dobbiamo guardare? Cosa può fare la società civile?
    “Partecipare a questi eventi, per esempio. Conoscere, perché la conoscenza è un buon modo per fare alzare le antenne rispetto alle cose che vediamo intorno a noi. Essere critici. Un consumo critico e consapevole è un ottimo modo per cominciare”.
    Ti occuperai più da vicino di casa nostra?
    “Sì. Il prossimo dossier che scriverò per Narcomafie è dedicato a Romagna e San Marino”.

    Scesi dalla cattedra
    Questa era la prima lezione antimafia di piazza di Rimini. Il gruppo antimafia Pio La Torre prosegue, però, i lavori. I prossimi appuntamenti sono fissati per il 27 novembre, un’intera giornata dedicata alla legalità (info: Davide 347.8012807), dalla quale segnaliamo l’incontro delle 22.30 con “Mafia: la trattativa e la conquista del Nord” con Maurizio Torrealta, giornalista di Rai news 24 e autore del libro che raccorda le varie fasi di quella che lui definisce la trattativa tra Stato e mafia; e Calogero Parisi, Presidente della Cooperativa “lavoro e non solo” di Corleone che in estate ospita i volontari del Gap. La lunga stagione della legalità sta prendendo piede. Finalmente.

    Angela De Rubeis