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Baldassare, quel falso d’autore

L’Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone, tra i tanti suoi manoscritti ancora inediti, dà l’occasione a Carla Mazzotti, studiosa ricca di validi ritrovamenti, di offrirci interessanti notizie su di un carteggio del ’700, composto da 33 lettere, tra l’abate Giovanni Cristofano Amaduzzi e la contessa Cristiani, poi marchesa Castiglione di Casatico, nei pressi di Mantova.

Cristofano Amaduzzi
Cristofano Amaduzzi, nato a Savignano di Romagna nel 1740, già nel 1762 era a Roma chiamato dal, riminese, cardinale Giuseppe Garampi che gli dette l’incarico d’insegnare lettere greche e latine a “La Sapienza”, per poi trasferirsi nel Collegio Urbano. Fu poi il papa Clemente XIV ad incaricarlo come studioso di lingue orientali. Per i suoi sempre ricchi incarichi ed impegni l’Amaduzzi ebbe rapporti di amicizia con i principali esponenti della cultura del secondo ’700 come Monti, Pindemonte, Spallanzani, Tiraboschi. Prese anche parte alle discussioni che portarono, nel 1773, al decreto di soppressione della Compagnia di Gesù, ove aveva diversi amici.

La contessa Castiglione
Di contro la contessa Maria Teresa Cristiani abitava, allora, nel palazzo di Casatico, vedova del marchese Onorato Castiglione, dal cui casato discendeva il ben più noto Baldasar, letterato e diplomatico, famoso autore de Il cortegiano. Come ambasciatore egli fu anche alla corte di Urbino ove conobbe Raffaello che lo ritrasse in una ben nota tela del 1514. È da questo quadro, di cui la Marchesa Maria Teresa volle averne copia per esaltare la memoria del marito, che prende spunto il carteggio ritrovato dalla Mazzotti.

Il carteggio sul “Raffaello”
La marchesa Castiglione viene a conoscere, nel giugno 1782 ne Le Effemeridi Letterarie di Roma, di uno scritto dell’abate Girolamo Ferri su Baldasar Castiglione. A questo fa seguito un articolo de l’Amaduzzi il quale elogia il Ferri per l’esaltazione di tutto l’operato del rinascimentale personaggio. Di tutto ciò venuta a conoscenza, è all’Amaduzzi che si rivolge la Marchesa, sì che ne nasce l’epistolario su cui Carla Mazzotti ha ora pubblicato Giuseppe Turchi- un pittore, una marchesa, un carteggio (Pazzini Editore, 2010).
L’epistolario scorre tra Mantova- Parma-Roma, ricco di cronache letterarie, attualità storiche, politiche, colorite di galanterie settecentesche, per defluire sull’arte e la pittura, quindi su quel che interessava alla Marchesa, cioè il quadro del Castiglione dipinto da Raffaello. Non potendo ammirarlo nel suo palazzo a Casatico, la Marchesa vorrebbe averne almeno una copia. È così che nelle lettere appare il personaggio che dà il titolo al libro, Giuseppe Turchi, bravo pittore, abilissimo nelle riproduzioni di quadri famosi, anch’egli nato a Savignano e conosciuto personalmente da Amaduzzi che lo stima e quindi può presentarlo alla Marchesa sì ch’egli lavori per lei.
Interessante come la Mazzotti metta in luce anche il casato del giovane pittore, il cui antenato sarebbe il turco Amin Saud, che nella metà del ’400 avrebbe avuto in dono da papa Pio II estesi terreni nelle zone tra Savignano e Longiano, e ciò in cambio dell’eleminazione della sua flotta piratesca, divenuta troppo pericolosa lungo tutto l’Adriatico.

Turchi lo speziale
Così, a metà del ’700 si trova a Savignano un Turchi che faceva lo speziale in una bottega ricca anche di goloserie. Dei suoi figli, uno era arciprete a Savignano nella Chiesa di Santa Lucia, l’altro quel Giuseppe il quale dà titolo al libro della Mazzotti. L’ambiente savignanese è ricco, nel ’700, di cultura e di studiosi illustri come l’Amati, il Borghesi, l’Amaduzzi e tanti altri. Così Giuseppe, che mira a diventare pittore, è aiutato proprio dall’Amaduzzi che lo presenta, a Roma, al principe Albani, nella cui dimora si può studiare ed apprendere i rudimenti dell’arte pittorica. A Roma, Turchi riuscì a farsi conoscere presto negli ambienti artistici, che gli fornirono una casuale occasione per poter partecipare al concorso di pittura bandito dall’Accademia di Belle Arti di Parma. È vero che Giuseppe non riuscì a vincere il primo premio, ma ebbe l’opportunità di conoscere molte persone importanti che ammirarono e stimarono la sua grande abilità nelle copie mostrate al concorso, copie di Reni, Correggio, Carracci. Fu vedendo questi dipinti che Pietro Giezzi, precettore del figlio della Marchesa Castiglione, pensò di commissionare al Turchi una copia del Baldasar dipinto da Raffaello, ben sapendo di fare graditissimo omaggio alla Marchesa.

Il falso d’autore
Per accostarsi al Turchi si scrisse all’Amaduzzi, amico paterno del giovane pittore savignanese, che infatti accettò l’incarico. Il dipinto apparve perfettamente identico, per la capacità del Turchi di identificarsi in pieno alla sensibilità pittorica del Raffaello, e la copia del Castiglione apparve perfetta. Così l’epistolario Amaduzzi-Castiglione doveva essere concluso, ed invece continua con l’arrivo inatteso di un nuovo personaggio, il cardinale Luigi Valenti Gonzaga, segretario del papa Pio VI e sovrintendente alle opere artistiche dello Stato Pontificio. È Valenti a far sapere di voler andare di persona ad ammirare il quadro, famoso ormai come copia così perfetta dell’opera di Raffaello. In realtà, da quanto scrive, l’Amaduzzi fa capire tutto il suo disappunto per l’interesse e la curiosità del Valenti, che per lui invece significa solo diffidenza da parte del Cardinale, di cui era nota la scarsa simpatia per l’Amaduzzi, anche sospettato per i buoni rapporti nei confronti degli ex Gesuiti, suoi amici di un tempo.

L’arrivo a casa
Alla fine la bellissima copia del Baldasar Castiglione arrivò a Casatico, riempiendo di orgoglio la Marchesa, come si legge nelle lettere ch’ella continua ad inviare all’Amaduzzi pregandolo di convincere il Turchi ad andare a trovarla nel suo palazzo. Infatti si sa che il pittore savignanese vi si recò, soggiornandovi per più di tre mesi, perché la Marchesa gli dette anche il compito di eseguire una copia dell’Annunciazione del Carracci, tela che tuttora abbellisce l’altare maggiore della Chiesa di Casatico. Di lì il Turchi si trasferì, poi, a Mantova ed a Parma, ove la stima della marchesa Castiglione gli aveva procurato amicizie e committenze che in breve si estesero ulteriormente.
Quando nel gennaio 1792 Giovanni Cristofano Amaduzzi muore, Turchi sente che gli viene meno non solo il maestro e l’amico, ma anche il sostenitore delle sue capacità artistiche. Non passerà molto tempo che, pur impegnato in una ricca attività, egli si senta insicuro sì da entrare in una crisi che si acuirà nel tempo. Pochi anni dopo l’artista capace di riprodurre con assoluta perfezione le tele più famose, muore all’età di trentacinque anni, il 23 gennaio 1799.
Di lui, delle sue belle copie, sempre così identiche agli originali, non si sarebbe saputo nulla senza la riscoperta di Carla Mazzotti, la quale non fa conoscere soltanto Giuseppe Turchi ed il suo operato, ma fa entrare il lettore negli ultimi bagliori di gioiose sensibilità, di effervescenze culturali ed artistiche dell’ultimo ’700 italiano. La Mazzotti è abile ad arricchire i materiali ritrovati nella famosa accademia savignanese, a moltiplicarne idee e sentimenti, a riscoprire novità e personaggi.

L’autrice
Carla Mazzotti, così come molti personaggi dei suoi libri, é una savignanese doc che ama profondamente la sua città, le sue due splendide ville, una del Settecento e l’altra dell’Ottocento, la sua grande piazza, le due strade che la costeggiano, una tipicamente medievale, l’altra elegantemente settecentesca. E lei, con i suoi giovanilissimi ottantacinque anni, ha scritto questo libro dedicato a Savignano nella riscoperta del suo pittore Giuseppe Turchi – così come nel libro precedente – I Borghesi. Una famiglia, una storia, un viaggio (Pazzini Editore, 2002), di cui già si scrisse su il Ponte, ritrovò nei documenti antichi una discendenza della Santa da Siena, Caterina, ed il sette-ottocentesco Borghesi, al cui cognome è dedicata la grande piazza della Città.

Grazia Bravetti Magnoni