Solidarietà dolce come il miele

    Ronzano. Ronzano e producono, tenendo fede all’etichetta di insetti operosi. Anche a migliaia di chilometri di distanza da Rimini, persino in un altro continente, le api volano e fanno miele. Ottimo per la salute, vitale per la sopravvivenza, una possibilità per la crescita sociale di una terra, Il Benin, dove il lavoro è davvero spesso una chimera.
    Sulle ali delle api vola la solidarietà riminese, un progetto senza confini che associa passione per l’uomo, per l’attività creativa e per la tradizione. “Abelbredado Carlini” nasce infatti nel segno di Carlo Carlini, maestro di Santarcangelo di Romagna (tra l’altro insegnante di Tonino Guerra) – e grande apicoltore. A lui (nato nel 1875 e morto all’età di 88 anni) si deve, tra l’altro, l’invenzione del telaio che porta oggi il suo nome, oltre che una gran quantità di studi sull’apicoltura. Nel suo bagaglio non c’era solo l’attività teorica: possedette numerosi apiari, uno dei quali inserito addirittura nel giardino pensile della sua abitazione, nella centralissima via dei Nobili, per dimostrare come qualunque modesto luogo potesse essere adatto all’allevamento delle api. La figura di Carlini, pioniere dell’apicoltura romagnola, è stata celebrata in una due giorni a Cervia, con una mostra e la presentazione del libro dal titolo Carlo Carlini. Maestro delle api. Il volume (edito da Diakronia), racconta la vita di Carlini, ma racconta soprattutto la sua passione per le api e la sua inventiva. A lui, infatti, si devono alcune tecniche della moderna apicoltura come l’invenzione dell’arnia “italica Carlini”. Il ricavato della vendita del libro – e qui entra in gioco l’Africa e la solidarietà riminese – verrà devoluto a favore del Centro Esperantista Riminese Ecumenico Solidale che sta realizzando un progetto di apicoltura in Africa dedicato al grande maestro delle api romagnolo.
    La dolce idea è tutta di Luciano Turci, una vita da titolare di un negozio di elettrodomestici, con l’hobby dell’apicoltura. Membro del Ceres, dialogando con don Duilio Magnani, che del centro è la spiritual guidance, ha avuto l’ispirazione: “perché non tentare di insegnare l’apicoltura agli amici africani?”. Detto fatto, il giorno dopo il progetto metteva già le ali. Il primo lancio è cosa fatta: Michael Koukou, apicoltore, è il responsabile africano, ha già ricevuto arnie, telai e altra strumentazione. “La sensibilità non gli fa difetto – assicura il 76enne Luciano Turci – ma con le tecniche appropriate sarà in grado di ricavare 45.000 cefa (la moneta locale, ndr) invece degli attuali 4.500 ad ogni smelatura”. Dieci le arnie già costruite, altre quattro sono in costruzione. Attualmente sette arnie sono già abitate e cinque attendono di avere o produrre sciami. Il secondo passo – qualora tutto volasse per il verso giusto – è lanciare la produzione di miele fino a impiantare una fabbrichetta. “Il miele è necessario per il sostentamento alimentare dei bambini dell’orfanatrofio – fa il punto della situazione un sempre più vulcanico don Duilio – ma potrebbe rappresentare anche un interessante fonte di lavoro”. Un opuscolo trilingue (italiano, francese ed esperanto) sull’apicoltura e i rudimenti dell’arte apiaria, realizzato dal Ceres riminese, è già volato in Benin. Ora si attendono i primi, dolci sviluppi.

    Paolo Guiducci