“Sei incinta? Non sei sola”.

    Quattro anni di cammino insieme. Fianco a fianco. Gomito a gomito. Tutti seduti intorno allo stesso tavolo. Quattro anni di lavoro intensi, dove non sono mancati scambi di opinione anche piuttosto duri ma sempre rispettando le idee altrui e sempre tenendo presente l’obiettivo finale: cercare di realizzare uno strumento che potesse aiutare le donne incinta nel loro percorso. Quattro anni di lavoro che hanno portato alla nascita di un
    Protocollo per l’informazione e l’assistenza alle donne in stato di gravidanza. Il primo in Italia di questo tipo. Perché intorno allo stesso tavolo si sono seduti Ausl, i Comuni di Rimini e Riccione, i Patronati e Sindacati aderenti (Acli, Inas e Cisl) e le Associazioni di volontariato (Movimento per la Vita di Rimini, Riccione, Cattolica e Bellaria Igea Marina; Centro di Aiuto alla Vita di Rimini, Riccione, Cattolica e Bellaria Igea Marina; Papa Giovanni XXIII; Casa Sant’Anna; Caritas; Consultorio Ucipem di Rimini; Comitato Scienza e Vita di Rimini; Nuove Gnerazioni; Unione Cattolica Farmacisti Italiani; Medicina e Persona di Rimini e l’Associazione Famiglie per l’Accoglienza di Rimini). Insomma un universo molto variegato, che al suo interno è riuscito a far intraprendere lo stesso cammino a persone anche di fede diversa o addirittura non credenti, ma con lo stesso amore (immenso) per la vita. Quella con la “v” maiuscola. Un Protocollo che ha dato vita a un piccolo opuscolo di 34 pagine, tradotto in più lingue, che è già stato distribuito nei luoghi dove le donne in stato di gravidanza possono rivolgersi per svolgere analisi, chiedere informazioni, o comunque contattare i servizi pubblici, territoriali e ospedalieri, sia dell’Ausl sia dei Comuni.
    “L’opuscolo – spiega Anna Focchi, portavoce delle associazioni di volontariato – è uno strumento diretto alle donne per informarle in maniera semplice e completa sulle opportunità normative, sindacali, previdenziali e assistenziali che i soggetti pubblici e del terzo settore mettono in campo per la tutela della maternità. Perché la vita deve essere difesa fin dal suo concepimento. Purtroppo, a Rimini, i numeri degli aborti sono ancora molto elevati, raggiungono quasi i mille all’anno. A volte una mamma interrompe la sua gravidanza perché si sente sola, smarrita. Ecco, il nostro obiettivo è proprio di aiutare queste donne, farle sentire accolte, accompagnarle lungo il loro cammino che durerà nove mesi”.
    Uno stare accanto alla nuova mamma che lo scorso anno ha convinto ben 96 donne a non interrompere il loro rapporto di amore con il proprio figlioletto.
    “Nel 2006 erano state 90 mentre l’anno prima 75 – continua la Focchi – purtroppo nel 2007, però, ci sono stati anche 930 aborti, di cui 329 di donne residenti in provincia, 184 fuori provincia e 417 donne straniere”.
    L’opuscolo contiene al suo interno tutte le informazioni che una neo mamma deve sapere: partendo da cosa significhi portare in grembo una nuova vita per arrivare alla tutela della lavoratrice madre. Inoltre nella 34 pagine sono pubblicati tutti i numeri telefonici, indirizzi mail e web, a cui la neo mamma può rivolgersi, con tanto di piccola descrizione delle varie realtà.
    “Crediamo che questo protocollo sia uno strumento davvero importante, unico nel suo genere perché capace di mettere intorno allo stesso tavolo persone diverse – spiega Mirko Tamagnini, operatore dei servizi sociali, delegato dal direttore Marcello Tonini alla firma del protocollo d’intesa dell’Ausl – uno strumento con cui l’Azienda Sanitaria vuole dare piena applicazione alla Legge 194”.
    Una Legge che dovrebbe difendere la vita come valore sociale, al di là di ogni pensiero personale. Cosa che, purtroppo, non sempre avviene. Anche per problemi di cultura, come sottolinea l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Rimini, Stefano Vitali.
    “I dati relativi agli aborti ci devono far riflettere. Perché sono certo che molti potrebbero essere scongiurati. Penso a tutte quelle donne che decidono di abortire perchè altrimenti il datore di lavoro le licenzia. Cose che crediamo molto lontane da noi e invece drammaticamente così vicine. Penso alle badanti immigrate che lavorano in nero e che, se incinta, vengono mandate via. Ecco, sapere che c’è una città che pensa a te e non ti costringe a fare delle scelte drastiche credo sia già il primo passo per creare un percorso di genitorialità concreto. L’opuscolo, ce lo stanno chiedendo anche in altri Comuni della regione, credo che anche su questo Rimini possa insegnare qualcosa agli altri”.
    “Ci sono donne straniere, lavoratrici in nero che temono di perdere il lavoro, oppure abbandonate dal partner – ribadisce la Focchi – o ragazzine che non hanno il coraggio di parlare con i genitori, che devono finire di studiare. Ma tante volte sono purtroppo anche cause banali come dover rinunciare alla carriera o alla vacanza. C’è anche da dire che non c’è tanto sostegno per le donne, basta vedere come è difficile trovare un lavoro part-time o un posto all’asilo nido. Ma le donne, quando vedono che c’è qualcuno disposto ad accompagnarle prendono coraggio e spesso rinunciano ad interrompere la gravidanza. Non ho mai visto una donna che si è pentita di avere partorito“.
    Francesco Barone