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Se Hollywood si ispira alla Romagna

La letteratura nasce sempre da altra letteratura, sosteneva il celebre scrittore Jorge L. Borges. Ed è impressionante constatare le similitudini tra alcune forme d’arte del passato ed altre del mondo moderno, come il cinema. Eppure se si guarda l’opera dell’incisore e decoratore Antonio Basoli, vissuto a Bologna nella prima metà dell’Ottocento e di origini romagnole (operò anche a Santarcangelo di Romagna), è inevitabile individuarne le radici di certa filmografia, come quella epica degli Anni 50 e non solo. Questa ricostruzione è stata il filo conduttore del primo incontro del ciclo “I Maestri e il Tempo” promosso dalla Fondazione Carim, curato da Alessandro Giovanardi e giunto alla sua IV edizione. Sottotitolo 2014: Segni, visioni e tesori nascosti. “Segno come traccia dell’artista che realizza una visione, o come guida alla quale abbandonarsi – precisa lo stesso Giovanardi –. Nel passaggio tra Neoclassicismo e Romanticismo, Basoli fu profeta di ciò che sarà dopo, bilanciando nel suo lavoro i rapporti con l’origine e gli aspetti visionari”.

La Romagna che c’è in Basoli. “Colonne, piramidi e roghi all’orizzonte. Teatro e cinema in Antonio Basoli” è il titolo della lectio sull’artista ottocentesco tenuta da Eleonora Frattarolo, storica, critica d’arte e direttrice del Gabinetto dei disegni e delle stampe dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. “La Romagna è così diversa dall’Emilia: vi si respira un clima psicologico di energia straordinariamente particolare che si riscontra nel personaggio di Basoli”. Morto nel 1848 a Bologna, il disegnatore ha lasciato in eredità un “magazzino di pensieri pittorici”, centinaia di taccuini che condensano il suo percorso artistico con migliaia di disegni svolti quotidianamente “che tracciano una linea che attraversa tutta la sua vita”. Basoli cercò a fatica uno spazio all’interno della borghesia bolognese. “Ogni giorno segnava quanti libri leggeva, le persone che incontrava, i quadri che dipingeva e i soldi che guadagnava. Desiderava dare di sé un’immagine per bene. Nel ’36 fu aggredito e perse un occhio, eppure nel suo diario non espresse il dolore, bensì tenne il conto delle persone che andarono a visitarlo”.

Perché Basoli fu importante? Figura unica dell’Ottocento italiano, ha dato vita ad una poetica visionaria attraverso il disegno, la pittura di paesaggio, e le decorazioni di camere: “Le stanze-paese, famose in tutto il mondo e molto diffuse a Bologna, sono una commistione tra architettura e natura. Basoli riusciva a costruire un mondo immaginativo dentro le abitazione decorate in stile neoclassico o impero”. Frattarolo sottolinea la poca considerazione nei suoi confronti, uno spreco per l’arte italiana, a partire dalla Romagna di cui ne è intrisa: “Fu un artista che non ha mai avuto ciò che meritava: diffusione e conoscenza. In Francia sarebbe divenuto uno dei più grandi esponenti del pianeta. L’Italia, invece, vive un problema cronico: il non saper valorizzare il proprio immenso patrimonio artistico”.

Collezione di modelli. Il periodo storico in cui è vissuto Basoli fu segnato dalla rivoluzione dell’editoria e della grafica che a fine Settecento diedero i natali all’Encyclopédie e alla serialità della stampa che permetteva l’uscita in fascicoli e la loro diffusione nel tempo. Oltre il periodo napoleonico, la letteratura e l’arte stampata scavalcarono il mondo degli intellettuali per raggiungere i ceti meno facoltosi. “Basoli ebbe uno stretto approccio con la grafica del suo tempo – spiega la storica d’arte –. Fu in rapporto epistolare con i grandi editori europei suoi contemporanei. Appassionato di incisioni e di grafica, si dedicò all’acquisto maniacale di stampe tra cui anche le cartografie”. Il suo immaginario nasce dalla lettura di queste produzioni. La sua collezione costituisce “un immenso libro di modelli”. Eppure non vi è nella sua opera alcun riferimento alla pittura dei suoi giorni. La politica non è mai messa in discussione. “Il suo repertorio di stampe di riferimento viene acquisito e, solo in apparenza, replicato. Basoli trasforma tutto attraverso l’immaginazione. Non si tratta di copie, come sostengono erroneamente alcuni studiosi. Egli seppe guardare le altrui opere e reinterpretarle. Sempre!”. La metodica basoliana è un “labirinto” che collega teoria e pratica, “una modalità empirista che aveva a che fare con alcune declinazioni dell’illuminismo”.

Un alfabeto prodigioso. “Nella storia vi è sempre stata una stretta relazione tra disegno e scrittura. Il disegno nasce prima; la scrittura e la grafia si sono sempre profondamente relazionate ai cambiamenti del disegno”, e le opere di Basoli più famose al mondo sono proprio legate alla scrittura, in particolare all’alfabeto. “Egli possedeva un indice di migliaia e migliaia di testi, sempre radicalmente reinterpretati!”. I suoi capilettera sono persino stati utilizzati all’inizio di ogni capitolo dell’edizione italiana del celebre romanzo La storia infinita di Michael Ende. Iniziò ad interessarsi del lettering francese e citò molti riferimenti, come le favole di Esopo che saranno esposte nella mostra a lui dedicata a Castel Sismondo dal 12 aprile all’8 giugno in occasione della prima Biennale del Disegno di Rimini. Dalle sue miniature traspare tutto il gusto per l’architettura: si riscontra una cura maniacale per l’elemento architettonico, per il dettaglio manipolato con eclettismo che dà vita a forme avanguardiste. Egli partiva dagli elementi decorativi della classicità – il suo dizionario compositivo – per approdare a soluzioni inedite. Il virtuosismo della sua mano denota una passione per lo schizzo e per il disegno d’architettura che inevitabilmente ricorda le tavole delle Carceri di Giovanni B. Piranesi e le sue strutture del fantastico. La lettera “A” di Basoli, ad esempio, è un’immensa aranciera che mescola insieme scrittura e struttura. La “B” è uno ziggurat, tipologia edilizia esotica da poco scoperta in Messico che approda nella sua iconografia. Nota: oltre alla politica, nelle sue opere non appaiono neppure raffigurazioni sacre, “Egli oscilla tra un classicismo consolidato, che poi percorrerà la via dell’eclettismo di respiro europeo, con un esotismo con riferimenti a Cina, Messico e Russia. – fa notare Frattarolo –. Il suo approccio inedito lo porta a scrivere dell’importanza della litografia e della fotografia in tempi eccezionalmente precoci”.

Viaggiatore con la mente. “Basoli visitò il mondo attraverso la mente – sostiene la storica d’arte –. Non viaggiò quasi mai. Eppure nonostante il suo restare a casa, tra i libri e le cartografie, riuscì a praticare una ’peregrinatio in stabilitate’: viaggiò stando fermo”. La serie di quadri sui quattro angoli del mondo ne è una prova. In essi esprime la “relazione tra architettura e riti popolari, come quelli Maya, dove introduce con forza il suo punto di vista; alza l’occhio dell’osservatore sulla scena, come avviene nei sogni: una precisa influenza della tradizione cartografica, onirica e magica”. Si tratta di un’innovativa visione dell’architettura che funge da archetipo per tutta la visione cinematografica hollywoodiana. “Le sue vedute panoramatiche ricordano i film di Cecile DeMille – prosegue Frattarolo – o Il signore degli anelli. I suoi soggetti sono fuochi, sacrifici, raduni popolari attorno ad architetture grandiose: misteri inscindibili dagli istinti dell’umanità. Tutto si proietta nel futuro ma è collegato con il passato. La sua sensibilità è orientata all’antichità classica, immagini che hanno a che fare con l’eclettismo. Ci regala un immaginario teatrale che sembra approdare in quello del cinema americano. La sua è una grande passione per la scenografia, che cura nel dettaglio”. Certi raffronti tra la carica evocativa delle composizioni basoliane con la cinematografia hollywoodiana paiono inevitabili, come se il disegnatore ottocentesco avesse anticipato di un secolo il gusto del pubblico per gli effetti speciali, l’architettura esplosiva e la scenografia imperiosa che ricorda i kolossal dal calibro di Ben-Hur, I dieci comandamenti, Cleopatra o Spartacus, o perfino le animazioni di Walt Disney. Antonio Basoli è stato un precursore della grafica digitale di oggi che attraverso il computer cerca di riprodurre quegli stessi effetti che l’artista bolognese ricercava e rendeva con la sua mano e la sua straordinaria capacità visionaria.

Mirco Paganelli