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Sadegholvaad: Ecco come sarà la mia Rimini

Jamil Sadegholvaad, ci può sintetizzare le principali linee del suo mandato come sindaco di Rimini?

E’ vero, sono stato eletto da poco come primo cittadino della mia città. Ma sono dieci anni che i riminesi mi conoscono perché ho fatto parte della precedente Amministrazione. Questo significa che ho partecipato alla grande trasformazione della città, che ha interessato il nostro centro storico, i nostri lungomare, il piano di risanamento idrico-fognario e molto altro. Opere che vanno completate.

E’ notizia di questi giorni che sono stati intercettati 20 milioni di euro dei fondi del PNRR (Piano Nazionale di Riprese e Resilienza) che ci consentiranno di proseguire con il parco del mare sud, tra Bellariva e Miramare. Ma guardare al futuro significa anche fare i conti con i lasciti della pandemia: con l’Ausl abbiamo fatto un accordo per completare e concretizzare il progetto one health, ovvero salute unica, che prevede la costruzione di Case della Salute sul territorio.

Contemporaneamente rafforzeremo, per stare sempre più vicino ai cittadini, la rete territoriale dei servizi sociali, anagrafici e altro. Con le imprese tracceremo insieme le linee di sviluppo futuro. Credo che un’impresa privata sana sia un valore per la comunità e credo che dobbiamo lavorare per far sì che oltre agli investimenti pubblici si possono innescare investimenti privati. A Rimini c’è una classe imprenditoriale dinamica e capace e credo che il ruolo del Comune dovrà essere quello di metterla in condizione di poter lavorare al meglio e rompere finalmente quella diffidenza, che a volte permane, tra pubblico e privato. Questo ci consentirà di alzare l’asticella della qualità sociale ed economica del nostro territorio.

Parliamo di lavoro e salari. L’occupazione, in provincia, ha raggiunto il massimo nel 2018, poi ha iniziato a scendere, ben prima del Covid. Il tasso di occupazione, che indica quante persone lavorano ogni cento, vede Rimini costantemente al di sotto delle media regionale. E’ un dato strutturale. Per quanto riguarda i salari, prendiamo l’anno 2019, non inquinato dalla pandemia. A Rimini, il salario medio, era di 16.000 euro, quando a Bologna, Modena e Reggio Emilia si sforano i 26.000 euro. Una distanza enorme. Per Rimini, a tirare giù la media, è il turismo, mentre la manifattura è abbastanza in linea col resto della regione. Come possiamo accorciare questa distanza?

Questo è il tema dei temi. Cioè la qualità dell’offerta di lavoro nel nostro territorio. Nel 2018 avevamo raggiunto il massimo livello occupazionale e questo indica, prima che arrivasse il Covid, che probabilmente eravamo sulla strada giusta. Credo che confrontandoci con il sistema economico, le associazioni di categoria e tutti i portatori di interesse, si possa fare un importante lavoro insieme. Il settore turistico a volte è quello che forse penalizza di più, in termini di retribuzioni, il lavoratore. Non vuol dire puntare l’indice contro gli albergatori o contro gli operatori del settore, perché è una caratteristica non sono solo riminese.

Emerge comunque, ed è importante, che Rimini non è solo una realtà turistica, perché abbiamo un settore manifatturiero competitivo, che tra l’altro sta dando risultati straordinari, anche in epoca di pandemia. Dedicheremo molta attenzione al nostro settore industriale, ma anche agli artigiani, perché possono dare molto in termini di qualità del lavoro, e dobbiamo cercare di lavorare insieme ai nostri operatori turistici per alzare l’asticella complessiva della nostra offerta. L’Amministrazione, tra le altre cose, ha investito mezzo miliardo nel centro storico, sulla nostra offerta culturale e sul patrimonio storico monumentale. Molti imprenditori del settore turistico hanno già investito, tanti lo vogliono fare, sta anche al Comune mettere in campo strumenti urbanistici adeguati.

Nei prossimi due anni il PUG (Piano Urbanistico Generale) sarà lo strumento urbanistico su cui dovremmo lavorare, insieme alle categorie economiche, per creare le condizioni, al sistema turistico e non solo, di poter alzare il livello qualitativo dell’attività e del lavoro.

Però è evidente che abbiamo anche bisogno di attrarre nuovi investimenti, innovativi e di alta tecnologia, perché sono gli unici a poter generare lavoro di qualità. Questo non avviene, anche perché, come ci ha dichiarato Paolo Maggioli, ex Presidente Confindustria Romagna, qui non ci sono gli spazi, cioè le aree, nemmeno per far crescere quelle che ci sono. Dei 25 progetti approvati nell’ultimo bando “Emilia Romagna attrattiva”, di fine dicembre scorso, che prevede contributi regionali per 31 milioni di euro, solo uno riguarda la Romagna (una impresa di Lugo). Nello stesso mese, l’esito di un altro bando regionale a sostegno delle start up innovative, su 26 finanziate, solo due sono in Romagna, di cui una riminese. Così le distanze intra-regionali aumentano, invece di diminuire. Se ci affidiamo solo al mercato, ecosistemi competitivi sono ovviamente più attrattivi, questi sono gli esiti. Nelle sue Linee di mandato prevede di costruire “una sorta di Silicon Valley di altissima specializzazione lavorativa e professionale”. Come?

E’ evidente che sapere intercettare anche nuovi filoni economici è fondamentale. La Silicon Valley (area a nord della California, negli USA, ad alta concentrazione di imprese innovative) è l’esempio più noto. Nel comune di Rimini, oggettivamente, abbiamo pochi spazi fisici dove poter ospitare determinate realtà industriali. Credo, comunque, che su questo si possa fare tanto, perché l’industria può dare lavori di qualità. Ho già avuto incontri con importanti gruppi industriali del nostro territorio che vogliono espandersi. Le start up, invece, rappresentano una grande sfida. Hanno un tasso di mortalità molto elevato, ma è altrettanto vero che ogni tanto possono diventare realtà importanti. Su questo fronte va fatto un lavoro forte col nostro sistema universitario. L’università di Rimini rappresenta una grandissima opportunità. Ci sono 5.000 iscritti e quando escono possono dare un contributo alla crescita e allo sviluppo dell’intero territorio.

Passiamo al turismo dove lavorano circa 30.000 persone fra stagionali, contratti brevi o permanenti. A fronte di arrivi che crescono, i pernottamenti sono gli stessi da almeno due decenni. Lo stesso non è avvenuto a livello nazionale, dove alla crescita degli arrivi, ha corrisposto, seppure con minore intensità, anche quella dei pernottamenti. Che sono quelli che fanno lievitare i fatturati e lasciano più ricadute sul territorio. Gli investimenti che l’Amministrazione ha fatto sono ottimi, ma se poi non riusciamo a far salire questi numeri, il loro effetto diventa limitato.

La lettura di questi dati è piuttosto semplice e per certi versi ci deve anche confortare, considerando il lavoro che è stato fatto da 20 anni a questa parte. In tutto il mondo gli arrivi crescono e le vacanze sono sempre più brevi e magari ripetute nel corso dell’anno. Noi, grazie alla crescita degli arrivi, siamo riusciti a tenere pressoché inalterata la curva dei pernottamenti. Questo è un risultato straordinario, considerando che stiamo parlando di 16 milioni di pernottamenti, non di poche migliaia. In un contesto internazionale sempre più competitivo e dove ogni anno nascono nuove destinazioni turistiche, spesso in competizione con la nostra.

Non voglio dire che tutto va bene. Per questo abbiamo messo in campo tanti investimenti. Per una città che non fosse più percepita solo come realtà balneare, posto che il balneare ce lo dobbiamo tenere stretto perché rimane il core business, ma che sa offrire, grazie a scelte strategiche fatte in passato, una fiera, un Palacongressi e un centro storico straordinario, che poche realtà turistiche balneari possono mettere sul piatto.

Lo stesso nostro un entroterra, Valconca e Valmarecchia, dove bisognerà lavorare molto, ha poco da invidiare alla Toscana. Da pochi giorni sono anche presidente di Visit Romagna, quindi sarà mio compito cercare di lavorare per promuovere un territorio che va da Ferrara e arriva fino a Cattolica, perché abbiamo da offrire un territorio vasto, dove i confini comunali li vediamo solo noi, perché abbiamo i campanili in testa, ma un turista internazionale non fa distinzione tra il comune di Riccione è quello di Rimini e tutti gli altri. Abbiamo da offrire un territorio costituito diversi chilometri di costa, ma al tempo stesso un entroterra meraviglioso. Su questo lavorerò e su questo credo che potremo operare per far crescere la curva dei pernottamenti.

I pernottamenti sono sempre più concentrati in pochi mesi estivi, per aumentarli forse sarebbe necessario avviare una nuova fase di destagionalizzazione. Tra i mesi di ottobre e aprile, oggi, facciamo circa il 16% dei pernottamenti. Covid a parte, se fiera e congressi si riprenderanno a pieno, al massimo possiamo arrivare al 20%. Per andare oltre, perché gli alberghi stanno aperti se c’è pubblico, ci vogliono altri prodotti e servizi da mettere sul mercato. Sfruttando le risorse che ci sono, ma anche aggiungendone altre. L’entroterra è una di queste, ma al momento, nonostante campagne e buoni propositi, i risultati sono deludenti. I pernottamenti sono appena 165.000, tra l’altro in calo negli ultimi anni, e rappresentano appena l’1% del totale provinciale. In passato c’era il progetto di costruire, nella colonia Novarese, a Miramare, un Polo termale che avrebbe dato lavoro a 250 persone, poi le cose sono andate male e non se n’è più parlato, anche se il mercato ci sarebbe.

Sono d’accordo. Ma le presenze fuori stagione dimostrano anche come ogni tanto dobbiamo darci una pacca sulle spalle e dire che siamo stati bravi. Perché c’è una crescita costante dei pernottamenti turistici fuori stagione, a parte gli ultimi anni, quando siamo stati massacrati dal Covid. Sapendo, tra l’altro, che una presenza fieristico-congressuale lascia più, sul territorio, di una turistica tradizionale. Non dobbiamo comunque sederci sugli allori. Accanto a questo dobbiamo lavorare per far crescere il turismo culturale, enogastronomico, portare visitatori nell’entroterra, nei nostri meravigliosi borghi e paesi. Solo così faremo crescere quei numeri.

Sindaco, parliamo di welfare. Premesso che a Rimini, come in Emilia-Romagna, per tanti servizi siamo all’avanguardia, tuttavia non vanno taciuti alcuni ritardi. Il primo riguarda la disponibilità di alloggi popolari (Edilizia Residenziale Pubblica) a prezzi calmierati. In rapporto ad altre realtà regionali, compreso le vicine province romagnole, in provincia di Rimini abbiamo calcolato un deficit di circa mille alloggi (attualmente tra Erp ed extra Erp ce ne sono 3.113, a fronte di 4.762 di Forlì-Cesena e 4.920 di Ravenna). La seconda criticità riguarda la disponibilità di posti negli asili nido, in particolare per bimbi tra 0 e 2 anni. Nel comune di Rimini i posti coprono il 27% dei bimbi in quella fascia d’età, quando a Cesena si arriva al 42%, a Forlì al 52%, a Ravenna al 46%. I posti mancanti sono circa 400. Ricordo che nell’anno appena trascorso più di 200 mamme hanno dovuto abbandonare il lavoro dopo la nascita di un figlio/a. E pensare che Rimini ha il tasso di occupazione femminile più basso della regione.

Come Amministrazione abbiamo candidato diversi progetti proprio per l’edilizia sociale e popolare a canone calmierato e abbiamo intercettato risorse sia su Via Ugo Bassi, dove sono previsti 36 alloggi, che per un progetto da realizzare nell’area dell’ex mercato ortofrutticolo. Una progettazione per una edilizia popolare rivolta a persone che hanno il diritto ad avere la casa, che non sono solo i poveri cui spesso si pensa, che comunque meritano una grandissima attenzione, ma anche giovani coppie che magari non hanno la fortuna di avere genitori che li possono aiutare e vogliono comunque potere costruire una famiglia.

Sugli asili, forse è sfuggito che proprio pochi giorni fa abbiamo annunciato che a Rimini, dal prossimo anno scolastico, il 70% delle famiglie non dovrà più pagare l’asilo nido. Poi saranno le famiglie a decidere se mandare o meno i figli all’asilo, però io credo che sia importante dare questa possibilità alle famiglie e ai genitori che lavorano. Un servizio, quello degli asili, che non c’è dubbio, va potenziato ulteriormente. Lo possiamo fare anche stabilendo un rapporto virtuoso col privato, perché a Rimini abbiamo la fortuna di avere scuole private di grande qualità. Poi il pubblico farà la sua parte, ma va valorizzato anche il sistema privato. Questo a Rimini lo stiamo già facendo.

L’ultima domanda riguarda i nostri Quartieri. Prima delle elezioni ne abbiamo visitati alcuni (Viserba, Miramare, 1° Maggio e San Vito). A parte l’assoluta mancanza di una identità propria, la maggioranza sono dei non luoghi, in pratica non c’è niente che li faccia riconoscere, abbiamo riscontrato tre carenze fondamentali: una forte mancanza di luoghi di aggregazione (i giovani si trovano nei parchi o al bar e gli anziani non stanno meglio); assenza di qualsiasi centro e attività culturale (le biblioteche, dove c’erano, come Miramare e Viserba, sono chiuse). Se non ci fossero le parrocchie o qualche Pro Loco, sarebbero dei deserti culturali; inesistenza di qualsiasi forma di rappresentanza, tanto che se i residenti vogliono elevare un reclamo o avanzare una proposta non sanno letteralmente a chi rivolgersi. Dopo l’abolizione dei Consigli di Quartiere, Cesena, Forlì, Bologna e altri hanno trovato altre forme di rappresentanza, a Rimini niente.

Intanto chiariamo una cosa: non è stato il Comune di Rimini a eliminare i consigli di quartiere. Sono stati aboliti in virtù di una legge dello Stato. La mia stessa avventura amministrativa nasce in un consiglio di quartiere, precisamente al Quartiere 1 (Centro storico-San Giuliano-Marina Centro).

So bene quali erano le competenze, e anche i grandi limiti dei quartieri intesi come piccoli consigli comunali. Più della necessità di farne dei nuovi, ci vogliono spazi e luoghi di incontro diffusi sul territorio. E’ un progetto che abbiamo già in cantiere con i Forum urbani: luoghi fisici dove potere ritrovarsi, per la popolazione più anziana e per i giovani. Luoghi di socialità. Luoghi dove trovare risposte anche in termini di servizi. Abbiamo immaginato dei luoghi fisici dove consentire, che so, ad un cittadino di Corpolò di non dover venire in via Caduti di Marzabotto, dove c’è l’anagrafe, facendosi 4-5 km di Marecchiese, per avere la Carta d’identità elettronica. A breve annunceremo il progetto.

Però guardiamo anche a quello che è stato fatto: abbiamo Centri sociali per anziani, con migliaia di iscritti, che il Comune sostiene da sempre e che tanti ci invidiano. I Centri giovani vanno rilanciati e questo lavoro sicuramente deve essere fatto, insieme ad una maggiore partecipazione dei cittadini. I Consigli di quartiere non ci sono più, vanno studiate forme alternative di partecipazione. Sempre sulla partecipazione, ricordo, che pochi mesi fa i cittadini di tutti i quartieri hanno eletto i propri rappresentanti nel Consiglio comunale. Consiglieri che diventano dei naturali referenti sul territorio, attraverso cui far pervenire proprie istanze al Consiglio, al Sindaco e agli assessori“.