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Rimini, siamo diventati la barzelletta d’Italia

È proprio vero, non c’è mai fine al peggio. Quando credi di aver toccato il fondo, ecco un’altra voragine aprirsi sotto i tuoi piedi. E l’abisso è sempre più profondo. Come se non bastasse dall’Italia del pallone arrivano le prime frecciatine: “con questa storia della vendita della società, state diventando una barzelletta” dicono dalla vicina Cesena dove, nel momento del bisogno, gli imprenditori si sono uniti dando una bella lezione di attaccamento ai colori e alla squadra. A Rimini no. A Rimini si parla tanto e si agisce poco, pochissimo. Prima la trattativa con la Bse sventolata ai quattro venti che si è risolta in nulla, poi l’arrivo di Antonio Esposito che addirittura parla già come proprietario del Rimini rilasciando interviste a destra e a sinistra. Per poi scoprire che manca la liquidità necessaria per acquistare subito la squadra biancorossa. Adesso via con il terzo gruppo che farebbe capo all’ex diesse del Treviso, Traini, pronto a rilevare parte delle quote. Un’altra trattativa che lascia molti dubbi per come è stata prospettata. Intanto la scadenza di aprile avanza inesorabilmente e la domanda che i tifosi si fanno è: che cosa accadrà? Facile, se la società non pagherà gli stipendi verrà punita in classfica e le verranno bloccati gli incentivi per aver fatto giocare i giovani. Il che significherebbe dare il colpo di grazia a una realtà che sta lentamente agonizzando. L’ultimo clamoroso episodio è stata la chiusura della Scuola calcio, riavviata grazie solo all’intervento dell’assessore Brasini. Pensare che fino a pochi anni fa, Rimini, a livello calcistico era portata sul palmo di una mano. Erano i tempi della tanto bistrattata Cocif. Ma loro, come ha detto qualcuno, non erano riminesi.

Francesco Barone