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Rimini, laboratorio di speranza?

“Non credo sia segno di campanilismo o di provincialismo sognare che Rimini abbia tutta la stoffa e si ritrovi in regola per aprire un laboratorio della speranza”. Mi piace iniziare questa breve riflessione con le ultime parole del Vescovo alle autorità in occasione della festa di San Gaudenzo. A pagina 2 si trova un’ampia sintesi, ma il messaggio è molto più ricco di suggestioni e inviti alla riflessione e lo si può rintracciare sul nostro sito.
La forza delle parole di mons. Lambiasi sta proprio nella prospettiva di speranza che apre, una speranza da costruire insieme con l’impegno di tutti. Non a caso fra i capisaldi di questo rinnovamento pone proprio il tema della responsabilità personale, tema che impegna certamente politici e amministratori in primo luogo, ma anche ogni cittadino nelle sue scelte quotidiane.
La nuova realtà da costruire, già in questa crisi che non sembra aver mai termine, nasce da uno sguardo positivo e propositivo come quello che ci viene indicato. Non a caso il Vescovo per ogni questione aperta che sottolinea, indica dei segni di speranza, tracce che si possono seguire. Così è per la pace, l’accoglienza, l’università, l’economia…
E chiama tutti e ognuno alla coerenza con quello che è il proprio ruolo o la propria identità.
Ed è responsabilità comune anche smettere di fare il gioco delle parti, che mette a blocco ogni scelta. Se si farà riferimento al singolo interesse invece che al bene comune, all’apparire invece che al costruire, ai protagonismi e alle contrapposizioni invece che al “fare squadra” sarà difficile sperare in un futuro migliore.
Nessuno si chiami fuori. E per far comprendere bene questo, il Vescovo chiama in causa in modo esplicito le Banche di Credito Cooperativo ricordando le loro origini nella Rerum Novarum, nel porre l’uomo come fine e non come mezzo, strumento per accumulare denaro. Ma lo stesso richiamo esplicito viene fatto per chi fa politica (abituato invece che a risolvere problemi ad usare “parole giuste al momento giusto, mostrando il lato migliore alle telecamere”), chi fa comunicazione (”perché salvaguardi con un servizio imparziale la dignità e l’immagine delle persone”), chi opera nelle istituzioni (che deve trattare la cosa pubblica “con la stessa diligenza che adotterebbe nei confronti delle cose di casa sua”) …
Solo una mobilitazione corale – è convinto mons. Lambiasi – ed “una comunitaria assunzione di responsabilità, ci consentirà di superare le difficoltà e guardare al futuro con fiducia”.

Giovanni Tonelli