In risposta all’invito lanciato da Forum Rimini Venture su come disegnare la città turistica del futuro ci sentiamo di offrire questo contributo.
I dati di partenza
Qualsiasi proposta di intervento non può esimersi da una analisi del punto di partenza. Che in estrema sintesi è il seguente: i pernottamenti, che sono quelli che contano perché consentono al turista di spendere, in provincia di Rimini sono fermi da almeno trent’anni. Erano circa 16 milioni nel 1995, sono poco più di 15 milioni a fine 2024 e ne mancano un milione per raggiungere lo stesso risultato del 2019, prima del Covid. Recupero che il distretto turistico veneto ha già compiuto nel 2023. In particolare dopo la pandemia sono in calo i pernottamenti degli italiani e in aumento quelli stranieri, che rappresentano oltre un quarto del totale. Germania, Svizzera e Francia sono i principali mercati esteri, dopo un periodo in cui la Russia si era incuneata al secondo posto. Il comune di Rimini, che fa quasi la metà dei pernottamenti complessivi, ha oggi grosso modo le stesse presenze dell’anno Duemila. Alla destagionalizzazione, da ottobre ad aprile, in pratica fiere e congressi, va il 17 per cento circa delle presenze, in termini di valore aggiunto molto di più, quando superava appena il 10 per cento nel Duemila. L’entroterra, per promuovere il quale si è tanto parlato e pure investito, raccoglie appena l’uno per cento dei pernottamenti. Gli stessi di un decennio fa. Tutto questo è accaduto con arrivi crescenti: da 2,6 milioni del Duemila a 3,7 milioni del 2024. Ovviamente il tempo medio di vacanza si è ridotto. Nello stesso arco di tempo, nel mondo, il numero dei viaggiatori internazionali è salito da 500 milioni a 1,5 miliardi. Cioè triplicato. Le presenze che non crescono potrebbero far pensare ad un deficit di competitività, a cominciare dall’offerta ricettiva. In parte è vero, ma non completamente. Perché, comunque, un certo aggiornamento c’è stato. Sicuramente insufficiente. A confermarlo sono i numeri. Degli esercizi in attività, gli hotel ad una stella, un tempo i più numerosi, sono quasi scomparsi, i due stelle resistono ma sono più che dimezzati, mentre sono cresciuti in modo consistente i tre stelle, triplicati i quattro stelle e solo nell’ultimo anno ai tre storici cinque stelle se n’è aggiunto uno, portando il totale a quattro (su circa duemila). Nella transizione diverse strutture hanno fatto il salto di categoria, dalle più basse verso i tre stelle e magari anche oltre, ma molte semplicemente hanno dovuto chiudere. Si spiega così come degli oltre 3.000 alberghi esistenti in provincia nel 1990, a fine 2024 ne sono rimasti meno di 2.000, con la perdita netta di un migliaio di esercizi. Un taglio che non è terminato perché tutt’oggi si parla di circa 300 strutture alberghiere fuori mercato. Che esistono solo sulla carta. Spesso solo fonte di degrado. Particolare importante: gli hotel di quattro e cinque stelle rappresentano l’8 per cento del totale, ma fatturano il 18 per cento dei pernottamenti. In ogni caso il taglio degli hotel non ha fatto diminuire i posti letto, perché nel frattempo è cresciuta sia la dimensione media sia la ricettività extra alberghiera. Il turismo riminese (alloggio e ristorazione) da lavoro ad oltre 35.000 persone, in maggioranza donne, di cui però meno di 6.000 sono a tempo indeterminato. Questo spiega, insieme a salari più bassi e un numero limitato di giornate lavorative, una retribuzione media annua settoriale di poco sopra 8.000 euro, a fronte di 28.000 euro del settore manifatturiero. Una parte della scarsa attrattività del lavoro turistico è anche in queste cifre. In buona sostanza si tratta, per la stragrande maggioranza, di lavoro povero e precario. E spiega anche una retribuzione media annua provinciale, comprendendo tutti i settori, che non arriva a 18.000 euro: la paga regionale più bassa e ben 10.000 euro meno delle province emiliane. Retribuzione che classifica Rimini all’81° posto tra le 107 province italiane.
Gli obiettivi
Dato il quadro di riferimento, che non pare soddisfacente, prima di avventurarsi in proposte vanno definiti con chiarezza gli obiettivi di medio-lungo periodo che con il turismo si intendono perseguire. Come a tutti i settori si chiede di generare ricchezza (valore aggiunto), con cui pagare buoni salari (il lavoro, stranamente, non compare né tra i temi di confronto, né tra gli obiettivi del Forum) e remunerare adeguatamente gli investimenti. Ricchezza che spesa nel territorio avrà ricadute positive su tanti settori collegati, a partire dal commercio, agricoltura e numerosi servizi. L’ideale sarebbe portare le remunerazioni turistiche allo stesso livello del manifatturiero, ma sarà difficile perché il turismo, in tutto il mondo seppur con gradazioni diverse, è il settore a minor valore aggiunto per addetto: in Italia 22.000 euro, a fronte di 78.000 nella fabbricazione di macchinari, 44.000 nell’abbigliamento, ecc… Allora, tra l’ideale e il realistico ci può essere una via di mezzo. Per esempio a Firenze, Venezia e Bologna, città dove prevale il turismo culturale, le retribuzioni medie in alloggio e ristorazione 2023 sono state rispettivamente di 14.000 euro e 13.000 nelle ultime due. Per Rimini sarebbe già un salto di 4.000-5.000 euro rispetto al dato attuale. Retribuzioni più alte che si accompagnano all’assunzione di profili di maggior contenuto professionale.
Gli strumenti
Perché questo possa accadere devono darsi due condizioni: un salto di qualità nell’offerta ricettiva in senso lato, comprendente, cioè, alberghi e organizzazione urbana, e una forte spinta ad una ulteriore destagionalizzazione. Soffermiamoci sul primo aspetto. Attualmente gli hotel a 4 e 5 stelle in riviera sono appena l’8 per cento del totale, ma diventano il 34 per cento a Roma, il 38 per cento a Firenze, il 37 per cento a Venezia e il 44 per cento a Bologna. Sono di più anche in località turistiche balneari concorrenti come Jesolo dove sono il 13 per cento, Grado il 20 per cento e Lignano Sabbiadoro il 31 per cento. Categorie superiori, servizi migliori, professionalità più elevate, pubblico spendente, incassi e margini più alti: il collegamento è semplice. Favorire la transizione verso strutture ricettive meglio rispondenti ad una offerta di qualità, come tra l’altro chiedono da anni fiera e congressi, andando anche alla ricerca di investimenti da fuori, è la via maestra. Su una seconda fase di destagionalizzazione. È necessaria perché più hotel restino aperti tutto l’anno, senza la quale il lavoro rimarrà prevalentemente stagionale. Fiera e congressi hanno dato molto, ma per quanto la loro attività possa svilupparsi è difficile prevedere che possano andare oltre il 20 pento delle presenze (attualmente al 17 per cento) nel periodo ottobre-aprile. Perché gli alberghi restino aperti ci vogliono clienti, anche fuori stagione. Come ottenerli? Sviluppando ed offrendo nuovi prodotti turistici: quali? Il primo candidato potrebbe essere quello del benessere (termale e dintorni), la cui domanda è in crescita, e dove Rimini dovrebbe recuperare in fretta dopo le disavventure dalla ex colonia Novarese (che prevedeva 200 nuovi posti di lavoro). Poi c’è il segmento cultura: ci sono stati anni in cui le mostre organizzate a Castel Sismondo, quando la Fondazione Carim aveva fondi da spendere, stava cambiando un po’ l’immagine di Rimini, di solito schiacciata sul divertimentificio, portando anche diverse migliaia di nuovi turisti. Quella stagione è finita ed altri tentativi non hanno sortito lo stesso risultato. Ci vorrebbe qualcosa di veramente nuovo: un palazzo delle esposizioni? Perché no. Ricordando che un turista culturale spende tra 130 e 180 euro a notte (a fronte di 70-80 euro di un balneare). Nella lista potrebbe entrare anche il turismo sportivo, quello eno-gastronomico, dei borghi, ecc… Il problema è che ci vuole qualcuno che questi prodotti li confezioni e venda sul mercato, altrimenti sono solo buone suggestioni senza ricadute pratiche.
La città
Una ricettività moderna e accogliente non può stare in piedi senza una città, con i suoi servizi e tessuto urbanistico, che l’accompagni. Molto si è fatto, ma non basta. Ci vogliono shock forti, che mandino un audace segnale di cambiamento. Per esempio: gli alberghi fuori mercato potrebbero essere utilizzati, in parte per migliorare servizi turistici e il resto abbattuti per ri-creare aree verdi a ridosso del mare, unico modo per ammortizzare gli effetti di calore del cambiamento climatico in corso. Dalla riminizzazione alla rigenerazione.