“Nove anni fa mi sono trasferita qui. All’inizio ero spaventata, non conoscevo nessuno. La tensione di doversi inserire in un ambiente professionale e sociale nuovo era molto alta. Così, guidata dalle paure, mi sono rinchiusa in un guscio. Ero io contro il mondo. È andata avanti così per un po’ di tempo. Un giorno, il signore anziano presso cui lavoravo mi ha chiamata libellula. A quel tempo non avevo una buona conoscenza della lingua italiana e non sapevo cosa fosse una libellula, così gli ho chiesto di spiegarmelo e rimasi sorpresa nello scoprire che si trattasse di un insetto. Mi sono offesa e tornata a casa dal lavoro ho anche pianto, associando l’insetto a qualcosa di fastidioso. Poi, quando mi sono calmata, ho cercato informazioni su internet e quello che ho trovato mi ha sorpreso piacevolmente. La libellula è un insetto noto per la sua esile forma, ha ali cangianti e vola velocemente da una parte all’altra. Ma la cosa più bella, è che è un simbolo di libertà, pace e ricerca della verità. Penso che questo signore avesse guardato dentro il guscio e vista la vera me”.
Questo è il racconto di Neli, di origine bulgara, che ha voluto condividere la sua esperienza all’interno del “Laboratorio di Narrazione di Sé” organizzato dallo sportello L’Assistente in Famiglia, il progetto attivo sul distretto di Rimini Nord approvato nell’ambito del piano distrettuale per la non-autosufficienza, che da diversi anni accoglie, supporta e orienta la persona bisognosa di cure nella scelta del personale più idoneo per l’assistenza al proprio domicilio favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
L’esperienza della scrittura
Un bel gruppo di assistenti familiari di diversa nazionalità ha partecipato in modo attivo e curioso al laboratorio, mettendosi in gioco nelle attività e nel far emergere la propria esperienza di vita che si sviluppa nel fondamentale lavoro di cura svolto a sostegno delle famiglie italiane.
Obiettivo del ciclo di otto incontri è stata l’acquisizione di una maggior consapevolezza da parte delle assistenti familiari delle proprie risorse ma anche dei propri limiti, per potersi “prendere cura” della propria storia e di conseguenza delle emozioni che entrano in gioco durante la relazione di aiuto con la persona anziana o non autosufficiente, per accettarle ed evitare così il rischio di burn out. Un termine che letteralmente si potrebbe tradurre come bruciarsi ed è uno dei più grossi rischi che incontrano le professioni di aiuto, dallo psicologo, all’educatore e all’assistente familiare. La relazione di aiuto con una persona in situazione di disagio, infatti, ha aspetti di fatica e complessità che possono provocare sentimenti di disperazione e solitudine, condizione che a volte accomuna familiari e badanti.
Il laboratorio ha previsto momenti iniziali di condivisione di attività manuali attraverso training group e momenti di scrittura del proprio vissuto, per imparare a esprimere anche le emozioni più profonde in un italiano corretto. Intensi e ricchi racconti sono emersi dal laboratorio, come quello di Marie Louise che pensando ad un momento felice vissuto di recente, racconta del momento della colazione, che le ricorda le sue origini: “Nella nostra famiglia consideriamo la colazione come un momento particolare che ci rende felici tutti insieme a tavola con le tazze di latte e biscotti. Nella tradizione rwandese, infatti, il latte non è solo un alimento ricco di sostanze nutritive ma è un cibo molto significativo. Avere il latte significa avere la vita. Nel giorno del matrimonio, quando gli sposi sono pronti ad uscire dalla casa dei genitori, bevono come rituale insieme due belle tazze di latte come augurio di profondo bene per la loro vita”.
Il laboratorio è stato un’occasione per le partecipanti di raccontare la loro storia migratoria, le difficoltà di relazionarsi con due famiglie (quella di origine e quella presso cui lavorano) rinunciando spesso ai propri spazi di autonomia. “Spinta dalla necessità avevo lasciato il mio paese, la famiglia e una vita per seguire un sogno. Quello di conoscere mondi nuovi, persone e culture diverse. E mi sono resa conto che oltre le diversità culturali in fondo siamo uguali. Non c’è niente di minaccioso fuori. Era arrivata l’ora di lasciare libera la libellula in me, aprire le ali e affrontare con coraggio ciò che la vita mi offrisse”.
Alcuni numeri
Sono 2203 le famiglie che dal 2009 ad oggi si sono rivolte all’ “Assistente in Famiglia”, un numero significativo che conferma la domanda costante di assistenza domiciliare qualificata da parte delle famiglie del territorio, interessate a confrontarsi con operatori esperti su vari aspetti e problematiche ad essa correlate e all’accompagnamento nella costruzione di relazioni positive tra famiglia, assistito e assistente familiare. Il servizio nasce in ottemperanza alle direttive regionali nell’ambito della programmazione socio-sanitaria di zona (Piano distrettuale per la Non-Autosufficienza) per dare risposta a bisogni sempre più diffusi sul nostro territorio. Contemporaneamente lo sportello offre supporto alle oltre 6300 persone in cerca di occupazione iscrittesi nel corso degli anni (quasi il 20% delle persone iscritte è composto da uomini) con l’obiettivo di offrire collocamento mirato e qualificare il lavoro di cura attraverso corsi di aggiornamento delle competenze ed una sempre maggiore integrazione nel mondo del lavoro e dei servizi.
Negli ultimi 5 anni sono stati 606 i rapporti di lavoro formalizzati con l’applicazione del CCNL di riferimento e l’andamento dei dati conferma che la conoscenza del servizio si è progressivamente estesa nell’ambito del territorio distrettuale di Rimini-Nord. Lo sportello inoltre sostiene i care-giver familiari nell’accrescimento delle competenze e nell’orientamento ai Servizi socio-sanitari e alle associazioni di volontariato attive sul territorio con i quali intercorrono numerose relazioni.
Valentina Ghini