“Quelle riminesi, pensioni da fame”

    Sono 95mila i pensionati riminesi. Di questi, oltre la metà vive, o meglio, sopravvive, con meno di 500 euro al mese. Secondo i dati diffusi dall’INPS, Rimini è la provincia con le pensioni più basse di tutta la regione: una media di 656 euro al mese, contro gli 870 di Bologna, gli 830 di Modena e i 787 di Ravenna. Pensioni di parecchio al di sotto della media regionale che si attesta sugli 800 euro a testa.
    In particolare, delle 95mila pensioni erogate a Rimini, la maggior parte (43.860) percepisce tra 250 e 499 euro e 9.320 addirittura meno di 249 euro. Oltre la metà dei pensionati riminesi (53.180), quindi, non arriva a prendere 500 euro al mese; 19.809 prendono da 500 a 740 euro; 9.856 pensionati hanno diritto a una pensione compresa tra 750 e 999 euro; 5.849 prendono tra i 1000 e i 1249 euro e 3.349 arrivano al limite massimo di 1.494. A questo punto, più aumenta la pensione più diminuisce il numero dei riminesi “fortunati”, fino ad arrivare alle 677 persone che percepiscono oltre 3000 euro. Insomma, a ritirare più di 1000 euro al mese sono pochi, 16mila, circa il 17% dei pensionati. Un esercito composto per lo più da lavoratori autonomi (oltre 40mila) ed ex lavoratori dipendenti (36.616): sono i primi, a sorpresa, i più “poveri”. Portano a casa una pensione media di 657 euro (contro gli 800 degli ex dipendenti) e la metà non arriva a 500 euro. In Italia, le cose non vanno meglio: il 50.8% degli assegni erogati dall’INPS è al di sotto dei 500 euro e l’11% prende dai 1000 ai 1500 euro e solo il 9.9% supera i 1.500.
    “Nel pentolone delle pensioni da fame – commenta Renato Lunedei, Segretario alle Politiche Sociali della CISL di Rimini – confluiscono persone che prendono poco pur possedendo beni importanti e avendo facoltà di spesa, persone che non hanno mai versato i contributi e quindi ricevono la pensione sociale, artigiani che nella loro vita lavorativa hanno versato poco o nulla”.
    Una varietà di situazioni che, pur essendo molto diverse tra loro, hanno in comune un passato nebuloso, spesso segnato da evasione fiscale e lavoro nero.
    “Rimini è un caso particolare, dove la parte del leone la fa il lavoro stagionale, settore che dagli anni ’70 in poi ha alimentato la piaga del lavoro sommerso”.
    Una piaga che non è facilmente gestibile, visto il gran numero delle attività esistenti a fronte di un piccolo manipolo di ispettori del lavoro.
    “Pensiamo solo che prima che un ispettore possa tornare una seconda volta nella stessa struttura passano 20 anni!”.
    Le conseguenze, oggi, le pagano i pensionati, ma ancor di più le pagheranno i giovani, per i quali si prospettano tempi duri e non solo sul fronte pensionistico.
    “Viviamo in un Paese dove il 17% dei giovani non studia e ha rinunciato a cercare un posto di lavoro, dove mancano prospettive per il futuro alle nuove generazioni, dove la politica non solo non investe nel futuro ma taglia indiscriminatamente settori vitali come la ricerca. Prima o poi qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di quanto sta accadendo”.
    Insomma, la prospettiva, soprattutto per le nuove generazioni, non è che sia poi così rosea.

    Romina Balducci