Home Vita della chiesa Quel Treno, un capolavoro di Grazia

Quel Treno, un capolavoro di Grazia

“Dammi di comprendere la bontà delle cose e di saperle usare rettamente. Questa è la chiave della felicità: capire il senso di ogni più semplice gesto, apprezzarlo fino in fondo, utilizzarlo con gli altri, per gli altri. Non smettiamo di ricercare la bontà di ogni cosa, non lasciamoci persuadere da chi non vede null’altro che il concreto, da chi non ha fantasia, da chi non ha ispirazione. La bontà è anche ispirazione, non ammettiamo acriticamente il nostro mondo, facciamolo nostro. In una parola: viviamo”.
Anche quest’anno abbiamo voluto vivere. Sì, perché la vita pensiamo sia proprio questa. Con 54 studenti provenienti dalle scuole superiori riminesi, accompagnati da 9 educatori di AC e 2 assistenti abbiamo voluto donare 4 giorni agli altri, abbiamo per una volta dimenticato i balli e gli sballi della Riviera e ci siamo trasferiti a Loreto per vivere per l’ottavo anno l’esperienza del “Treno della Grazia”, un’iniziativa che dura da 24 anni, di servizio, volontariato, preghiera, gioco e condivisione rivolta a ragazzi e bambini disabili e non, e organizzata da Unitalsi, Centro regionale famiglie e Azione Cattolica ragazzi. Il MSAC (Movimento Studenti di Azione Cattolica) di Rimini è da diversi anni molto attento a proporre iniziative di volontariato agli studenti delle scuole superiori e il “Treno” è una di queste. Per capire cosa davvero sia e significhi, per chi vi partecipa, questa esperienza, lasciamo la parola ai protagonisti: gli studenti.

Valentina è una veterana del treno, quest’anno per la prima volta è venuta come animatrice, ecco le sue parole: «Dopo 5 anni di Treno della Grazia non si sa nemmeno più cosa scrivere. Cosa dire ormai di un evento che è diventato un appuntamento imperdibile, di giornate il cui programma è ormai conosciuto a memoria, di una piazza che si vede sempre più come un luogo familiare? 5 anni… “Ma non ti sei ancora stancata?” mi chiedo. No, del Treno della Grazia non ci si stanca. Come puoi stancarti dei canti urlati a squarciagola, delle gambe che fanno male per le animazioni serali, dei coriandoli gettati a piene mani durante la festa dell’ultima sera, di quelle liturgie partecipatissime, alla faccia di chi dice che la fede è una cosa “da grandi”? È vero, più o meno il programma è lo stesso, non c’è più la sorpresa e a volte lo sgomento del “e ora cosa si fa?”; ma per quanto tu possa essere un “veterano” del Treno, non potrai mai prevedere quei piccoli, grandi prodigi che il Signore ogni anno ti dona: un sorriso dalla bimba sempre imbronciata e un po’ schiva, il tifo sincero ed entusiasta dei ragazzini durante il gioco, una giornata di sole rovente quando il meteo prevedeva pioggia torrenziale. All’inizio tornavo a casa carica, elettrizzata, il cuore pieno di emozioni e la testa leggera come uno di quei palloncini che tutti insieme lanciamo poco prima di partire e di darci appuntamento per l’anno successivo; pian piano sento di aver acquistato una certa consapevolezza, di essere passata da una sfera solo emozionale a una più razionale. So che vi vorreste sentir dire quanto era bello, quanto mi è battuto forte il cuore, quanto siamo stati bravi noi animatori. E invece vi dico che quel che abbiamo fatto è stato un semplice atto di giustizia, e che saremmo veramente bravi solo quando – e penso che di tempo ce ne vorrà – riusciremo a far sì che l’apertura verso l’altro e l’abbattimento delle barriere sia un fatto quotidiano, e non relegato soltanto a 4 giorni l’anno. Penso a tutti coloro che non conoscono questa esperienza, penso a chi, per provare emozioni forti, si riempie di alcol e si stordisce di musica, penso a chi non ha mai provato la gioia di spendersi per gli altri. Com’è scritto nel Vangelo “Quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze” (Mt 10, 27). Vorrei anch’io gridare a tutti: “Vale la pena spendersi, Loreto vi aspetta, vi aspettano tanti incontri che possono cambiarvi la vita, venite!”».

Chiara invece è alla sua prima esperienza, alla domanda sul cosa ha imparato dai disabili ci risponde così: «Ho imparato a gioire di uno sguardo, di un sorriso, di un interessamento dato e ricevuto, ho imparato a basare la mia felicità e la mia serenità, non solo sul raggiungimento di grandi mete, ma sulla splendida e sempre nuova quotidianità che ogni giorno il Signore ci dona.».

Michele invece si rende conto che «troppo spesso guardiamo con gli occhi della mente, fermandoci alla superficialità, alle apparenze. Ma se guardiamo con gli occhi del cuore tutto cambia, ogni persona è importante, ha qualcosa di bello da donarci e perciò deve esistere ed essere valorizzata. Di questo ho fatto esperienza concreta in questi giorni. I bambini e i disabili sono entrambi caratterizzati dalla spontaneità. Penso a tutte le volte che portiamo delle maschere a scuola, in famiglia, con le persone che incontriamo. Loro no. Tutto quello che fanno è assolutamente vero, non mediato dalla mente. È così bello giocare a carte scoperte, ma non così facile. Ora inizio a comprendere quel tale che diceva che per entrare nel regno dei cieli bisogna essere come bambini.»
Ho l’impressione che non possa esserci spot migliore di questo per convincere, o perlomeno invogliare, tutti voi lettori a partecipare a questa grandiosa iniziativa. Al prossimo anno!
“Dammi Signore di vivere veramente con misericordia e lealtà, con fede e slancio; dammi ancora, anche oggi, la spinta di fare della mia vita un capolavoro!”.

Valentina Marchetto e Alberto Cavalli