Quel campanile sul primo colle

    Durante l’ultima guerra, al passaggio del fronte, il campanile di San Martino Monte l’Abate era punto di riferimento per gli alleati che dal mare bombardavano l’entroterra. Oggi quasi scompare fra le molte abitazioni nuove che lo circondano. È la prima collina, dolce e luminosa, che sorge quasi dal mare e fa da contrafforte a San Lorenzo in Correggiano.
    Parrocchia antica, ha avuto ultimamente diversi parroci, succedutisi nel volger di poco tempo per vari motivi e vicende, ed ha visto crescere smisuratamente la sua popolazione, anche se, rispetto a tante altre, rimane una parrocchia piccola coi suoi 1500 abitanti.
    Dal 6 agosto 2006 è parroco don Stefano Vendemini che, insieme alla parrocchia, cura la scuola e la formazione di tanti bambini e ragazzi.

    “Ricordo vivamente che la mia prima impressione è stata di essere capitato in un posto di una bellezza unica. Non tanto (o non solo) bellezza dei luoghi, ma bellezza della gente. Il mio compito era quello di valorizzare e confermare la fede, la vita cristiana, la storia che già era radicata in quella gente, perché il Signore operava già prima del mio arrivo e molto più di quanto io potessi immaginare”.

    Dal campanile possiamo fotografare tutta la parrocchia, girando lo sguardo a 360 gradi.
    “Come puoi vedere, circa la metà della popolazione vive sparsa in campagna, in belle e confortevoli case. È gente che vive qui da tanto tempo ed è ben radicata nelle tradizioni religiose del luogo. Poi c’è il nuovo insediamento che rappresenta l’altra metà dei parrocchiani: il Villaggio San Martino, lungo la via Coriano. Si tratta per lo più di nuove famiglie, provenienti dalle città vicine e non ancora inserite nella vita della nostra comunità. Di poco più in alto della chiesa c’è la casa delle Maestre Pie, una volta adibita ad asilo e ora usata come casa di formazione e spiritualità delle giovani e delle consorelle”.

    Siamo partiti dal campanile e restiamo sul campanile. In qualche modo esso è segno, simbolo e richiamo ad una realtà sempre grande di comunione e di fratellanza.
    “Sono certo che il Signore, presente in parrocchia nell’Eucaristia, vuole raggiungere tutti i parrocchiani … e non solo. Del resto cerco di fare in modo che la parrocchia sia aperta a tutti. Cerco di favorire l’incontro personale con Gesù, perché poi le persone possano a loro volta renderlo presente negli ambienti in cui si trovano: nella propria abitazione, sul lavoro, a scuola, nel gioco, nell’impegno sociale e politico… Del resto il Signore c’entra con tutti gli aspetti dell’esistenza, rendendola più vera e umana con la sua presenza”.

    Scendiamo metaforicamente dal campanile e andiamo in chiesa…
    “La chiesa è il luogo del nostro incontro col Signore e fra di noi… soprattutto nella messa domenicale. La messa è il ritrovarsi della comunità cristiana attorno a Gesù che si rende presente nel Sacramento: cibarsi del suo corpo, lasciarsi ammaestrare dalla sua parola, approfondire il cammino cristiano con l’omelia, crescere nell’unità con Cristo… È questo il senso più pieno della domenica. La messa delle 11 è molto frequentata, tanto che, scherzando, ci diciamo che bisognerebbe allargare la chiesa o costruirne una nuova, perché non ci stiamo più”.

    Accanto alla chiesa c’è un Circolo, come per unire il sacro ed il profano, o meglio ancora per rinsaldare nella distensione quella fraternità nata dalla comunione di fede.
    “Il Circolo è un’occasione molto grossa di incontro con tanta gente che viene anche da fuori parrocchia. In un anno calcoliamo dalle 5 alle 6 mila presenze. Per la comunità parrocchiale è occasione di incontri, di cene sociali, di giochi… È l’esercizio della fraternità cristiana tra noi e con gente nuova”.

    Entrando più direttamente nel lavoro pastorale, mi pare di capire che per te è molto importante il catechismo.
    “Per me è la cosa più bella del mondo. Il catechismo è un’0occasione irripetibile di far incontrare i bambini con Gesù stesso, di far loro percepire la bellezza e l’eccezionalità della vita cristiana. Poi attraverso i bambini arrivare anche alle famiglie.
    Il catechismo si regge, oltre che sulla grazia di Dio, sull’impegno di una dozzina di brave catechiste, e si rivolge ai bambini delle elementari (seconda – quinta) e ai ragazzi delle medie, prima e seconda.
    Per ogni anno seguiamo un itinerario adatto alle capacità del bambino, iniziando coi più piccoli con le preghiere e il racconto delle parabole di Gesù. Poi dalla terza elementare l’impegno si fa più stringente col sacramento della Confessione e in quarta la prima Comunione.
    Dopo la prima Comunione, con i bambini incominciamo la preparazione alla Cresima: in quinta con la storia della Chiesa, che porta fino a noi il Cristo ed il suo Vangelo; in prima media ci poniamo di fronte ai Santi: «Cercate ogni giorno il volto dei Santi, per trovare riposo nei loro discorsi» (Didachè); in seconda media il catechismo si specifica nella preparazione al sacramento.
    Dò molta importanza allo studio a memoria delle domande e delle risposte raccolte nel catechismo di san Pio X, che sono mirabile sintesi dei contenuti della fede”.

    E nel difficile mondo degli adulti cosa riesci a fare?
    “Per ora facciamo incontri saltuari. In passato abbiamo lavorato sul Convegno di Verona, sulle encicliche papali Deus Caritas est e Caritas in veritate. Quest’anno invito gli adulti ad un incontro quindicinale di approfondimento della fede, meditando sul Vangelo e leggendo i discorsi del Papa. C’è anche un gruppetto di persone che si ritrova ogni quindici giorni e che medita col libro Si può vivere così? di don Giussani”.

    E per terminare la nostra conversazione…
    “Vorrei dire che in parrocchia c’è un gruppo di persone (Consiglio Pastorale, Amministrativo e altri) che si dedicano alla chiesa e a tutte le attività in modo encomiabile. Con loro e con tutti i parrocchiani attendiamo col cuore pieno di speranza la visita del nostro Vescovo”.

    E il campanile, che ha retto all’infuriare della guerra, suonerà a festa per il suo arrivo.

    Egidio Brigliadori

    Nella foto, la piccola, bella chiesa di San Martino Monte l’Abate posta sul primo colle lasciata la città su via Coriano