Poche “stelle”, brilla la qualità

    È come tornare indietro nel tempo. Banconi della reception anni Ottanta, il pesante portachiavi riposto nella casella di ogni numero di camera, souvenir – alcuni un po’ kitch – regalati dai clienti, la tabella esposta dell’orario dei pasti e quelle insegne del tempo che fu.
    Sono le pensioni, come usavano chiamarle i pionieri riminesi dell’industria turistica. Oggi trasformate in hotel a una o due stelle. Eh sì, perché secondo la legge 217 del 1983 le “pensioni” in Italia non esistono più. Molte di loro hanno aggiunto servizi, come aria condizionata o ascensore, conquistando così qualche stella in più, fino ad arrivare alle tre: “Rispetto a qualche decennio fa, ottenere 3 stelle non è più così facile, si cerca di tutelare il più possibile il mercato, controllando in maniera più scrupolosa e attenta i cambiamenti strutturali”, assicura Patrizia Rinaldis, presidente dell’Associazione Italiana Albergatori di Rimini. Infatti, se la pensione “Miramare” insieme a tante altre, ha dovuto trasformarsi in hotel, la scalata sociale delle più piccole è partita dai servizi offerti. Rimini, nel secondo dopo guerra, trasformò il suo litorale nella meta di massa più ambita dal ceto medio che al tempo non aveva mai visto il mare. Milioni di italiani affollavano la spiaggia. I riminesi riuscirono a offrire un pacchetto “all-inclusive” che tutt’ora regge alle scosse della crisi. Una “pensione completa”, con ombrellone e lettino in spiaggia, a 40 euro di media, 50 euro nei periodi di alta stagione.

    Numeri e qualità
    Su 2.134 alberghi, secondo l’Aia, 114 sono a una stella e 258 a due stelle, ovvero il 17% del totale. Un dato piuttosto basso rispetto a quello che si registrava solo dieci anni fa, oltre il 60% del totale. In realtà nessuno ha chiuso, ma in molti hanno scelto la strada della ristrutturazione chiedendo poi l’aggiunta delle stelle. Chi è rimasto “in piccolo” ha dimostrato che il modo migliore per creare un vantaggio competitivo è quello di scegliere una strategia che la concorrenza non può replicare.
    Quale? La risposta dei piccoli albergatori è univoca: “Ospitalità, buon cibo della tradizione, familiarità”.
    La signora Vanda dell’Hotel Janka, due stelle di Viserba, non ha dubbi: “Non possiamo pretendere di offrire il lusso dei grandi alberghi con 300 camere ma possiamo dare un servizio di accoglienza, pulizia, cortesia e familiarità che difficilmente si trova nelle grandi catene”.
    È proprio su questi principi che è nato il Consorzio dei piccoli alberghi di qualità a tutela dei più piccini, non per questo meno efficienti. Lo stesso presidente, Marta Agostini, dal 1960 assieme ai suoi genitori è entrata nell’hotel due stelle Edy; la palla, più in là negli anni, passò a lei che tutt’ora continua la tradizione di famiglia. Come lei tanti altri hanno consegnato il testimone fino alla terza generazione. È il caso del due stelle VillaGioiosa di Miramare: la famiglia Sanchini, di origini marchigiane, decise nel 1953 di trovare fortuna in Riviera. “Non abbiamo il lusso, la piscina e altre cose ma ci difendiamo. Siamo giunti alla terza generazione, oggi magari lo chef non è più la mamma come una volta ma posso garantire che il menù romagnolo è sempre lo stesso. I clienti nel tempo, sono cambiati, anche per una questione di età, altri non tornano ogni anno come succedeva vent’anni fa ma magari li rivediamo dopo due o tre. Questo è sinonimo di aver lavorato bene e con passione, questo è l’importante”.
    Proprio quando si parla di fidelizzazione e di un rapporto genuino e sincero con i clienti, per gli stessi albergatori si apre l’album dei ricordi.
    “Proprio in questi giorni è tornato il cliente numero uno… cliente, poi… ormai non si parla neanche più di cliente, sono veri e propri amici che vengono a trovarci”, racconta Carmen dell’hotel Neda che assieme a sua sorella ha raccolto l’eredità dei genitori.
    Lo stesso è successo a Vanda che il mestiere l’ha conosciuto tramite suo marito.
    “Ormai sono trent’anni che sono nel settore e i veri clienti ci hanno seguito anche nel cambio di gestione mentre altri si sono conosciuti nel nostro hotel e hanno messo su famiglia. Ci sono realtà giunte alla quarta generazione, di quelle che ti sembra sia passata una vita”.
    Non è facile, in un mondo che va di corsa e vuole sempre cambiare, far sì che i turisti tornino nel proprio hotel, anno dopo anno, soprattutto quando si tratta di piccole realtà.
    “Oggi le richieste sono cambiate, come sono cambiate le abitudini delle persone. Ormai nessuno accetta sistemazioni in un’unica camera o in una camera con il bagno nel corridoio. È impensabile. In questo senso anni fa ci siamo dovuti adeguare, aggiungendo bagni e aria condizionata”. Ovviamente per aggiungere servizi bisogna aggiungere soldi, tasto dolente di molti albergatori. Lidia, con 40 anni di attività alle spalle nel suo albergo di Viserba conferma: “Il Comune dovrebbe aiutarci di più, incentivare il nostro sviluppo e non metterci i bastoni tra le ruote come per la normativa antincendio uguale sia per le piccole strutture sia per le grandi. Ma le pare? Quest’anno ho speso 15mila euro per mettermi in regola e non ho messo l’aria condizionata. Non si può fare tutto. E poi diciamoci la verità, mancano i giovani, questo lavoro non lo vogliono fare. Io ho due figlie, entrambe laureate che lavorano altrove. Il punto è che non ci sono sbocchi, soprattutto in una struttura a conduzione familiare dove è più difficile far quadrare i conti. Se prima in cucina bastava una persona oggi siamo in tre. Come si fa? Si punta sulla qualità, l’ottima cucina da me non manca, dalle lasagne, ai cannelloni, passando per tagliatelle, squacquerone e piadina, il tutto in versione più leggera non di certo la cucina pesante con il lardo di una volta!”.
    Insomma, assodato che la pensione del secondo dopo guerra sia sparita, che vita avranno in futuro i due e una stella? Ferruccio Farina storico del turismo balneare non ha dubbi: “L’idea di pensione che noi collochiamo inconsciamente agli anni Cinquanta in quel momento storico e nel nostro ciclo evolutivo, ha senz’altro spazi e prospettive che se correttamente e adeguatamente attualizzati… potrebbero essere uno dei nostri tratti distintivi ed uno dei nostri fattori di successo. Attualizzare vuol dire un sacco di cose, tra quelle in primo piano, la qualità”.
    Il disco inceppato sulla parola “qualità” vorrà pur dire qualcosa. Ma cosa? Per la Rinaldis si traduce in salvaguardia della tradizione romagnola.
    “Le realtà a gestione familiare sono garanzia di qualità, sono chicche che dobbiamo proteggere soprattutto quelle di proprietà, che non vivono di cambi di gestione continui. Sono una risorsa importante perché unici riferimenti del fare turismo alla vecchia maniera”.

    Marzia Caserio

    (nella foto la pensione Bamby)