Home Editoriale La fine del quarto potere?

La fine del quarto potere?

“I giornalisti oggi non cercano la verità, ma la conferma alle loro idee”. È il pensiero di Ric O’ Barry, ecologista che commenta il film documentario The Cove, Oscar 2010, presentato al Premio Ilaria Alpi di Riccione. Un crudele documento sulla mattanza dei delfini in Giappone, una grande inchiesta giornalistica realizzata da non giornalisti.
Una dura accusa che purtroppo ha riscontri quotidiani nell’uso, anche italiano, della stampa e della tv, intesi ormai solo come strumenti di lobby o di politica. Alla moda di Pilato che si lavava le mani davanti all’assassinio di Cristo, limitandosi a chiedersi: Che cos’è la verità?.
Un’abitudine sempre più consolidata di “gestire” l’informazione e non di favorire la ricerca di quegli elementi che possono aiutare nel capire ciò che accade. È forse la fine del quarto e del quinto potere, sempre più assoggettato alle logiche dell’economia e della politica?
È davvero sempre più difficile anche nell’ambito locale fare un’informazione che sia inchiesta e non conferma di teoremi prestabiliti, graditi a chi, da una parte e dall’altra è mosso da interessi particolari.
Un esempio di queste difficoltà sta nel rapporto con gli uffici stampa pubblici, che dovrebbero essere al servizio del cittadino. Non è sempre facile ricevere informazioni rapidamente, quasi mai quando aprono a considerazioni critiche sull’operato dell’ente. E non si parla di disponibilità personale dei portavoce, ma di indirizzo che scende dall’alto. Altro esempio i funzionari pubblici, anche dirigenti: interrogati su elementi di loro competenza non possono rispondere se non autorizzati dal responsabile politico dell’assessorato o dell’ente. Certi amministratori poi non permettono ai loro tecnici di essere presenti ai dibattiti televisivi: chiedono di essere loro gli unici referenti, anche su tematiche di livello tecnico e non politico.
Per questo ogni anno il Premio Ilaria Alpi è per tutta la categoria, e per me personalmente, un bagno salutare. Il sangue di testimoni come quello della giovane giornalista Rai, o di Water Tobagi, o di Anna Politkovskaja o dei 12 giornalisti già uccisi nel 2010, aiuta a rigenerarsi in una vocazione di servizio e non di potere, alla quale vorremmo essere fedeli. Fino in fondo.

Giovanni Tonelli