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Perché il nuovo non diventi vecchio

Quando ancora la parte ”alta” di via Covignano era aperta campagna, la chiesa parrocchiale del Crocifisso si trovava (e si trova ancora) dove adesso sorge la rotatoria per i “Casetti”, sopra l’autostrada. Ma già dagli anni ’50 del secolo scorso (1957) la sede parrocchiale è stata trasferita nella sede attuale. Il suo nome ufficiale è Sant’Andrea dell’Ausa, ma tutti la conoscono come parrocchia del Crocifisso per via di un grande Crocifisso posto davanti alla prima chiesa sull’incrocio di due strade ai piedi del colle Covignano.

Ce lo spiega meglio don Paolo Donati, parroco al Crocifisso dal 2001.
“La parrocchia del Crocifisso ha conosciuto una grande trasformazione negli ultimi 35-40 anni, soprattutto grazie a due fattori: uno esterno, consistente nella notevole crescita della popolazione, causata dai nuovi insediamenti urbani (soprattutto Peep) tra gli anni ’70 e ’80; l’altro interno alla comunità, con la scelta di attuare l’immagine di comunità tracciata dal Concilio Vaticano II, seguendo il progetto NIP (Nuova Immagine di Parrocchia). Oggi la parrocchia comprende circa 2900 famiglie per un totale di oltre 7200 abitanti. Se negli anni ’70 il rapido sviluppo urbano ha segnato un forte incremento demografico, in questi ultimi anni assistiamo al fenomeno contrario. La popolazione giovanile da 0 a 18 anni è di 910 soggetti (erano 958 nel 2001 e 1450 nel 1991); la popolazione oltre i 65 anni conta circa 2000 persone, con una percentuale del 27,84% sul totale degli abitanti (era del 18,65% nel 2001 e dell’11% nel 1991). Questi dati bastano da soli a descrivere il lento invecchiamento della popolazione che vede mediamente ogni anno 55 funerali contro 35 battesimi”.

Hai accennato ad un secondo fattore di trasformazione operata in questi anni dalla scelta del progetto NIP, una trasformazione tutta interna alla vita della comunità. Puoi darci qualche altro ragguaglio?
“Da circa 30 anni si è suddivisa la parrocchia in zone, all’interno delle quali si è dato vita a piccole comunità di Via o Condominio, per favorire la conoscenza reciproca e la condivisione del cammino di fede tra le persone. Tale articolazione capillare ha permesso di raggiungere e coinvolgere nella vita parrocchiale tante persone e di creare rapporti familiari tra di essi.
Attualmente stiamo vivendo una fase di transizione, nella quale, insieme ai segni di maturità della vita cristiana presenti in numerose persone che hanno partecipato (pur in modi diversi) al cammino parrocchiale degli ultimi trent’anni, convivono elementi di stanchezza e di distacco dalla vita della parrocchia, dovuti al graduale invecchiamento degli operatori pastorali, alla difficoltà a realizzare un cambio generazionale degli stessi, anche per lo scarso apporto delle nuove persone che vengono ad abitare in parrocchia e a una certa rigidità dell’impianto pastorale, fortemente strutturato. Non mancano elementi positivi, nella prospettiva di un rinnovamento pastorale in senso missionario della parrocchia”.

Impianto pastorale fortemente strutturato e rinnovamento missionario: anche qui vorrei chiederti qualche altro elemento di conoscenza.
“La parrocchia segue una programmazione annuale articolata, che richiede circa un mese di lavoro ogni anno, caratterizzata da momenti di convocazione mensili, curati a turno dalle equipe delle diverse zone parrocchiali. Oltre a ciò c’è l’attività ordinaria dei diversi settori pastorali. Attualmente stiamo cercando di porre al centro della vita comunitaria parrocchiale l’Eucaristia domenicale, come sorgente e modello della comunione.
Nella vita ordinaria della parrocchia dedichiamo attenzione alla qualità delle relazioni, cercando di vivere l’accoglienza verso tutti, particolarmente verso coloro che sono arrivati da poco tempo in parrocchia. L’articolazione della parrocchia come una comunità di comunità ha permesso di creare un clima fraterno tra tutti, anche se in modo diseguale. In generale, la formazione delle persone passa attraverso la scelta pastorale che è stata fatta di coinvolgere il più possibile tutti, per arrivare ad evangelizzarli, attraverso un cammino lento, continuo e graduale.
Un altro strumento di crescita nella comunione fraterna sono le piccole comunità nelle zone, che pur con i limiti e le difficoltà di cui si è detto sopra, hanno permesso di creare una rete di relazioni stabili e fraterne, attorno al Vangelo letto e meditato insieme”.

Oggi si parla molto di nuova evangelizzazione. Su questo tema si è appena concluso il Sinodo dei vescovi. Per una parrocchia così ben strutturata cosa significa nuova evangelizzazione?
“Penso che la premessa essenziale per l’evangelizzazione sia la cura costante delle relazioni fra e con le persone.
Nell’avvicinare i “lontani” ci aiuta la strutturazione in zone della parrocchia, che permette una presenza capillare sul territorio, con attività di evangelizzazione a livello zonale (centri di ascolto del Vangelo, mese di maggio, messa annuale nelle case) e iniziative missionarie specifiche (consegna del giornalino parrocchiale attraverso i messaggeri, visita agli ammalati, accoglienza dei nuovi parrocchiani).
L’attività che ci permette di incontrare il maggior numero di non praticanti sono gli incontri con i genitori dei bambini che riceveranno il battesimo e di quelli che frequentano la catechesi dell’iniziazione cristiana. Con loro abbiamo messo in atto una proposta che intende farli partecipi della vita parrocchiale e al tempo stesso li aiuta a interrogarsi seriamente sulla fede. Ci rendiamo conto, tuttavia, che non è sufficiente una strutturazione missionaria della parrocchia perché essa diventi realmente tale, ma occorre formare una mentalità e uno spirito missionario in coloro che già partecipano alla vita parrocchiale”.

Genitori e catechesi: un binomio a cui hai accennato e che ci piacerebbe approfondire un poco.
“I genitori sono il vero obiettivo della nuova proposta di iniziazione cristiana; è la proposta di una catechesi catecumenale caldeggiata dalla Diocesi. I genitori vengono coinvolti tramite incontri organizzati ad hoc e che si prefiggono, oltre che creare relazioni e favorire l’incontro con la comunità, di risvegliare la domanda religiosa dei tanti che ancora oggi si riavvicinano alla parrocchia per il tramite dei figli. La nostra meta per l’anno pastorale in corso ambirebbe a rendere i genitori maggiormente partecipi del cammino dei figli, coinvolgendoli nelle diverse celebrazioni che scandiscono le tappe del percorso. L’intenzione che ci guida è che la comunità debba crescere e rinnovarsi e tutti siano chiamati a dare il loro contributo. I passi che siamo chiamati a compiere per dare alla catechesi l’orientamento di un vero annuncio della fede sono una maggiore sensibilizzazione dell’intera comunità e la preparazione dei catechisti”.

Una parrocchia grande come questa sicuramente è promotrice di iniziative e gruppi particolari di aggregazione e di servizio. Per esempio gli Scout.
“È vero! Ma non ci sono solo gli Scout. Loro formano un gruppo molto numeroso, ma sono seguiti dall’ACR (Azione Cattolica Ragazzi), dall’ACG (Azione Cattolica Giovani) e dal gruppo parrocchiale (Catechesi). Poi devo segnalare la presenza ed il lavoro che da dieci anni svolge in parrocchia il Circolo ANSPI: organizza diverse attività di aggregazione per bambini, ragazzi e adulti. Gestisce una sala con un piccolo bar interno, come luogo di ritrovo settimanale per i bambini e i ragazzi. Organizza il Centro estivo in collaborazione con un’associazione sportiva e altre iniziative di aggregazione per gli adulti (cene, vacanze invernali, gite, corsi di pittura, oggettistica, ballo, ecc.). Con i bambini organizza attività settimanali e alcune iniziative particolari durante l’anno”.

Ormai nelle parrocchie, anche quelle più grandi, non è più tempo di preti cappellani e anche tu sei rimasto senza l’aiuto di un collaboratore sacerdote. Anche per questo motivo, che però non è il principale, è stata fatta la scelta della pastorale integrata.
“Da qualche anno anche la parrocchia del Crocifisso ha perso il cappellano stabile, ma grazie a Dio ha ancora la collaborazione di un sacerdote, don Andrea Ripa, al sabato e alla domenica. Poi possiamo contare sul prezioso ministero di due diaconi permanenti, Luigi Bianchini e Roberto Marchetto.
Per quanto riguarda la pastorale integrata e la collaborazione fra le parrocchie di San Raffaele, San Gaudenzo e la nostra possiamo parlare di diversi livelli di integrazione. Prima di tutto fra noi preti che, condividendo la mensa, abbiamo modo di aiutarci a vicenda, soprattutto per le iniziative comuni. Un secondo livello è quello della formazione di una mentalità pastorale più aperta, per aiutare a passare alla realtà nuova dei prossimi anni. Infine un terzo livello tocca le relazioni tra le persone delle diverse parrocchie per alcune iniziative comuni già in atto. Per quanto riguarda le relazioni, abbiamo imparato a conoscerci tra le varie parrocchie, attraverso le attività comuni, la frequentazione del campo don Pippo, la comune partecipazione ad alcuni incontri, la Via crucis, il carnevale interparrocchiale, il corso fidanzati (con San Raffaele), il centro Caritas interparrocchiale, la costituzione della Cooperativa sociale Insieme, i campeggi interparrocchiali …”.
Tenendo conto che le tre parrocchie chiamate a “integrarsi” sul piano pastorale riuniscono una popolazione di 20 mila abitanti circa, i segni iniziali sono positivi. Auguri.

Egidio Brigliadori