Il mare Adriatico gode di buona salute. Anzi, verrebbe da dire ottima, se non fosse per qualche ‘acciacco’ di questi ultimi giorni. Ma cose davvero di poco conto. Che rientrano nei cicli naturali.
Quello che davvero merita di essere rimarcato è che da anni non si vedevano acque così limpide durante tutto l’arco dell’estate. Di solito la trasparenza era cosa di fine maggio, inizio giugno. Poi l’arrivo dei turisti, i fine settimana di massa sotto l’ombrellone, e addio fondale.
Quest’estate, invece, è stata diversa. A parte qualche raro giorno, nell’acqua ti potevi specchiare. Anche a luglio e agosto. Non solo, dalle rilevazioni fatte da Daphne, la struttura oceanografica, pure la qualità dell’acqua è stata superiore agli altri anni. La domanda, come diceva qualcuno, sorge spontanea: che il lungo lockdown abbia avuto un ruolo in questa piacevolissima novità? Sarebbe una delle poche cose positive di questa immane tragedia.
Lo chiediamo a Carla Rita Ferrari, dirigente responsabile della struttura oceanografica che ha sede a Cesenatico.
Dottoressa, è un’idea così peregrina quella di pensare che il lungo stop abbia potuto avere un ruolo importante nella bontà delle acqua dell’Adriatico?
“Assolutamente no. Anzi, possiamo affermare che ha avuto un ruolo fondamentale. Con tante aziende costrette a fermare il proprio ciclo produttivo, l’inquinamento è crollato e questo ha portato enormi benefici non solo all’aria che respiriamo, ma anche alle acque. Lo si è visto soprattutto nella zona nord, quella più strettamente influenzata dagli apporti fluviali padani. E questa è una cosa che ci dovrebbe far riflettere. Per carità, non dico che ci vorrebbe un altro lockdown, sia mai, ma qualcosa andrebbe fatta perché i risultati di questo stop forzato sono stati visibili a tutti”.
Quindi non è neppure un caso che, appena le aziende hanno riaperto, le acque siano tornate ad avere poco ossigeno sul fondo, con fenomeni di ipossianossia?
“In questo caso direi di no. Posso affermare con assoluta certezza che tale situazione non deriva da apporti di sostanze inquinanti nelle acque di mare, ma è conseguenza di eventi eutrofici che si verificano periodicamente lungo la costa emilianoromagnola, anche se questa condizione mostra un trend in miglioramento negli ultimi anni. In questo periodo, soprattutto nell’area settentrionale della costa, è probabile che si manifesti una situazione del genere”.
Allora da cosa dipende?
“Come osservabile dai bollettini emessi settimanalmente, l’area interessata da questo fenomeno è variata nel tempo e nello spazio a seguito delle prolungate condizioni meteo marine stabili. Vale a dire mare calmo, temperature significative (26°C) e acque con localizzate fioriture microalgali che facilitano la formazione del fenomeno”.
Che conseguenze può portare un fenomeno del genere?
“La carenza di ossigeno ha creato condizioni non idonee alla vita degli organismi, causando il loro allontanamento dalle zone critiche alla ricerca di condizioni migliori e in alcuni casi anche la morte e lo spiaggiamento di pesci, come poi è accaduto. Ricordo che le condizioni favorevoli all’innescarsi del fenomeno di morie di organismi marini bentonici (che vivono sul fondo) sono in generale riconducibili a condizioni eutrofiche prolungate delle acque (crescita di microalghe) dovute ad apporti di acqua dolce dai bacini costieri; persistenza di condizioni di mare calmo; scarso idrodinamismo che non facilita il miscelamento/diluizione delle acque; persistente carenza di ossigeno sul fondo e mare caldo”.
In queste condizioni, chi vuole farsi un bagno, rischia qualcosa?
“Assolutamente no. Il fenomeno non ha alcun impatto sulla qualità dell’acqua dal punto di vista della salute umana”.
C’è una soluzione?
“Certo. Basterebbe una bella mareggiata. Però, ripeto, sono problemi che conosciamo bene e che non vanno a scalfire la bontà delle acque del nostro mare”.
Allora si può dire che l’unico problema, se così lo vogliamo definire, di quest’estate, sono state le innumerevoli meduse che hanno lasciato i segni del loro passaggio su tanti bagnanti.
“Anche su questo ci sarebbe da discutere. Diciamo che per tutto l’arco estivo è stata presente l’Aurelia aurita che è facilmente riconoscibile dalla forma sferica del suo ombrello e, soprattutto, dalla presenza sulla sommità dello stesso, di quattro strutture circolari. Possiede tentacoli urticanti sottili e corti. Poi c’è stata la Rhizostoma pulmo che presenta un cappello di forma semisferica con i bordi sfrangiati blu-viola. Sono meduse che possono raggiungere anche i 50-60 centimetri di diametro. I suoi tentacoli di norma non risultano urticanti. Poi, a luglio, è comparsa anche la Cotylorhiza tuberculata. Ha un caratteristico ombrello a forma di disco bianco, con una gobba rotonda e gialla al centro. Diciamo che sembra un uovo all’occhio di bue. Immagino che non sono incontri piacevoli, ma anche questo è un segnale importante”.