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Papa Giovanni Paolo II: una vita in diretta

La beatificazione di Papa Giovanni Paolo II coincide (volutamente?) con l’uscita nelle sale cinematografiche del film di Nanni Moretti “Habemus Papam”. Ma papa Woityla con papa Melville – Michel Piccoli – ha una cosa sola in comune: la passione per il teatro. Per il resto sono all’opposto.
In tanti hanno trovato uno stretto legame fra la giovanile esperienza teatrale e la grande capacità di Giovanni Paolo II di attrarre i media a sé e di essere un grande comunicatore. Non solo con le parole. Bacia la terra, passeggia in montagna, abbraccia e solleva bambini, tende le mani, mette copricapi folcloristici, canta insieme ai cori, giocherella col bastone. Il suo lungo pontificato coincide con lo sviluppo planetario dei media elettronici. È un papa globe-trotter. Fa 249 viaggi, tiene 2400 discorsi. Gli stessi suoi gesti si trasformano in encicliche. Sul tema della riconciliazione ha detto molto al mondo, incontrando Alì Agca o chiedendo perdono ai nativi d’America. È abile nello spostare l’attenzione degli osservatori dalla sua persona a ciò che lo circonda. Si sofferma sul tema della sofferenza, abbracciando un bambino malato di Aids oppure entrando in una casa di moribondi a Calcutta. Denuncia l’ingiustizia nel visitare una casa di fango in America Latina. Ricorda gli orrori dell’uomo che dimentica Dio, inginocchiandosi a Mauthausen e a Dachau. Il 263esimo successore di Pietro trasforma le strade, gli stadi, gli ippodromi, le piazze in nuove cattedrali. Nessun uomo, prima di lui, era stato tanto applaudito da masse popolari di tutto il mondo.
Il messaggio che porta è semplice e comprensibile a tutti: la difesa della dignità dell’uomo contro ‘i cavalli dell’Apocalisse’: la fame, la guerra nucleare, il rifiuto di Dio, la degradazione morale, il peccato contro la vita fin dai suoi albori. Sceglie di mostrare tutto in diretta, perfino il suo personale Calvario, la sua corporeità distrutta dalla malattia, senza finzioni, senza mascheramenti. L’ultimo annuncio di trasparenza e verità.
Le stesse esequie di Giovanni Paolo II forse passeranno alla storia come uno dei più grandi eventi mediatici. Quelle pagine svolazzanti del Vangelo, posate sulla bara di cipresso da piazza San Pietro, hanno fatto in diretta il giro del mondo. Oltre 90 le televisioni collegate. 1800 i cameraman e i fotografi accreditati dal Vaticano per realizzare servizi sulla cerimonia. In Italia quasi 14 milioni di persone seguono in diretta il funerale e nel mondo si calcola che, fra dirette e differite, abbiano assistito all’ultimo saluto a papa Wojtyla circa tre miliardi di persone. Il Papa che si era fiduciosamente consegnato ai media nei suoi quasi 27 anni di pontificato, riceveva in cambio l’aura elettronica. Qualcosa di simile all’aureola con la quale i pittori del Medioevo e del Rinascimento distinguevano i Santi dai comuni mortali. Le migliaia di foto scattate coi telefonini alla salma del Papa altro non sono che moderne reliquie digitali. Nell’hard disk, la prova di un lungo e faticoso pellegrinaggio durato ore e ore. Lo acclamano “Santo subito”, già nella grande Piazza del funerale che i media amplificano. La beatificazione del prossimo primo maggio di Giovanni Paolo II è dunque la certificazione di un sentimento condiviso da una parte importante di umanità che si è sentita segnata profondamente dal suo annuncio di speranza.

Giorgio Tonelli