Home Cultura Ori e stucchi luccicano ai “Servi”

Ori e stucchi luccicano ai “Servi”

Guida breve per la chiesa dei Servi. È la quinta, e ultima, guida dedicata agli edifici sacri del riminese, curata dal prof. Pier Giorgio Pasini che nella stessa collana, edita da il Ponte, ha già pubblicato, nell’ordine, volumi dedicati alle chiese di: Sant’Agostino, Suffraggio, Tempio Malatestiano, San Giuliano (vedi sotto).
Un po’ di storia, ma sufficiente a capire le vicende legate all’edificio religioso, fa da scheletro. Mentre, completano l’agile volumetto di poco più di 30 pagine le fotografie di Luciano Liuzzi che esplorano, dal più piccolo dettaglio all’interezza, gran parte dei capolavori della chiesa.
Scrive Pasini nel presentare l’opera: «A chi percorre l’antica via maestra, cioè il Corso d’Augusto, fra la piazza del Comune e il ponte di Tiberio, la chiesa dei Servi si presenta con un fianco costituito da una muraglia compatta e regolare, senza finestre, ritmata da semplici lesene che si innalzano da un basamento di gusto medievale. Né questo fianco, né la facciata classicheggiante, alta su una piazzetta esigua, lasciano prevedere il fastoso interno della chiesa. Un interno settecentesco chiaro, scintillante di ori, animato da stucchi e movimentato da coppie e da gruppi di grandi colonne rudentate. È ad unica navata, con sei altari laterali, un grande presbiterio sormontato da una cupola e concluso da un’abside curva che reca al centro un panneggio azzurro sorretto da angeli d’oro, disteso attorno ad una nicchia pure dorata con la statua della Madonna con il Bambino. L’immagine della Madonna compare anche al centro del soffitto, nell’iconografia tipica dell’Immacolata; e anche in quattro dei sei dipinti che ornano gli altari laterali; inoltre alle caratteristiche e alle virtù della Madonna alludono gli stucchi della cupola. Questa chiesa del resto è stata dedicata alla Madonna fin dalla sua fondazione, all’inizio del XIV secolo; verso o poco dopo il 1476, quando la festa dell’Immacolata venne introdotta nel calendario romano (e dunque molti secoli prima che il “dogma dell’Immacolata” fosse proclamato da Pio IX, nel 1854), tale dedicazione venne specificata come alla Madonna Immacolata. Accanto alla prima pietra dell’attuale edificio, benedetta il 9 novembre del 1766, era scritto appunto: Templum hoc antiquitius dicatum B.M. Virgini sine labe conceptae. Per la gente tuttavia è sempre stata semplicemente la chiesa dei “Servi” – intendendo dei Servi di Maria, uno degli ordini mendicanti che si erano stabiliti a Rimini nel Medio Evo – ed è stata chiamata così anche dopo la partenza dei suoi fondatori, cacciati da Napoleone nel 1797. Delle sue origini trecentesche rimane appena qualche pezzo di muro, soprattutto sotto al campanile e nei fianchi. L’edificio attuale è tutto del tardo Settecento, e di uno stile che unisce la fantasia e il pittoricismo barocchi a qualche lieve inflessione classica. Il suo progettista è stato l’architetto bolognese Gaetano Stegani, che ebbe la fortuna di potersi giovare di uno statuario-stuccatore di straordinaria abilità, riminese ma anch’egli di educazione bolognese: Antonio Trentanove.
La chiesa ha numerosi dipinti e opere d’arte, alcuni appositamente eseguiti per la fabbrica settecentesca, altri derivati dalla chiesa precedente e altri ancora giunti successivamente da chiese soppresse in seguito alle stravolgenti vicende napoleoniche. In quanto al convento dei Servi, che sorgeva sul lato destro della chiesa, attorno ad un bel chiostro quattrocentesco (dei tempi di Roberto Malatesta), era stato in gran parte rifatto nel 1758 su progetto dello stesso architetto Gaetano Stegani; nel 1797, dopo la soppressione degli ordini religiosi, passò alla Congregazione di Carità. Dapprima adibito a magazzino, e poi a Orfanotrofio femminile e a Scuola, convitto professionale infermiere, oggi è un Centro sociale».

Angela De Rubeis